La risposta al logorio urbano si chiama BAW

Contro il logorio della vita moderna: questo slogan richiama universalmente il Cynar, che Angelo Dalle Molle aveva inventato nel 1952.

Ricordate, o ritrovate tra i video di Youtube, lo spot Tv in cui Ernesto Calindri era seduto accanto ad un tavolino e beveva il suo Cynar mentre intorno a lui, posto al centro di una via a doppio senso di marcia, scorreva un traffico già tentacolare e si sovrapponevano immagini di auto in sosta rimosse, di pendolari che rincorrevano treni, traffico, e ancora traffico. 

 Era, quella, solo una scelta creativa del pubblicitario? No, in realtà quando Ernesto Calindri gira quello spot, Cynar rende addirittura un tributo di onore al suo ex patron e fondatore. Si, perché le pubblicità anni ’70 del Cynar su Stampa e TV continuano il Jingle ed il messaggio simbolico che in verità Dalle Molle aveva pensato per ben altro tipo di Brand, molto meno pubblicizzato: si chiamava “Rent and Run”. 

Rent and Run: contro il “logorio dell’auto moderna”

Il Signor Cynar era proprio Angelo Dalle Molle, che da vero vulcano creativo aveva la dote di poter analizzare la realtà da un punto di vista irraggiungibile dalla media umanità. 

E fu così precursore di trends e ricerche che solo cinquant’anni dopo, con Jeff Bezos e Elon Musk ad esempio,diventeranno oggetto di dibattito: la potenzialità dell’intelligenza artificiale, oppure (pensate, dal 1973) la progettazione e costruzione di ben 8 prototipi diversi di auto e mezzi elettrici, di cui alcuni destinati all’embrione di un sistema di Car sharing misto al sistema di delivery e circolazione merci che oggi contraddistingue Amazon.
Mecenate e visionario, Dalle Molle rilevò l’azienda di liquori Pezziol di Padova, ed inventò il Cynar che, molti ricordano, non era un semplice amaro: sfruttava una vera innovazione in campo “food & Wine” perché nasceva come composto alcolico della lavorazione e fermentazione degli scarti industriali del carciofo che, opportunamente trattati dalla Cynar, diventavano l’ottimo liquore amaro che ha fatto epoca.

Nel 1971 Dalle Molle apre una nuova frontiera di ricerca e business e crea il Centro Studi della Barbariga e la Fondazione sull’intelligenza artificiale, la “Fondazione Dalle Molle per la Qualità della Vita”, nonché tre Istituti di ricerca nel campo della comunicazione uomo-macchina e il giornale di informazione specifica “Via aperta al benessere per tutti”.

Furono progetti spesso realizzati in collaborazione con l’Università di Padova, alla quale Delle Molle fece arrivare i primi computer Olivetti.

Dalle Molle, visionario e pragmatico, aveva visto giusto mezzo secolo prima

A scatenare la vena creativa ed imprenditoriale di Angelo Delle Molle la vocazione internazionalista, formata grazie anche ai diversi interessi nel mercato americano ed europeo; ma soprattutto a rendere Delle Molle più eclettico era la assenza di “gravami” dinastici e familiari, visto che negli anni Settanta la “nuova Impresa” era decisamente più sottotono rispetto al decennio successivo. 

Infatti il problema di Dalle Molle ricadeva non certo nella creatività ma nell’impatto che i termini “rinnovamento”, “innovazione”, e soprattutto” rivoluzione” sollevavano nella Società. 

Infatti di vere rivoluzioni si trattava, ma a parte che – come sempre – in Italia nessun autoctono era mai facile profeta, a frenare la vena imprenditoriale e creativa di Delle Donne fu il conservatorismo dei consumatori, oppure (forse è la ipotesi più realista) il problema del Commendator Angelo era che i Media di riferimento non traducevano per il giusto verso la serie di informazioni e divulgazioni che le scoperte di Dalle Molle meritavano: e dunque per contrasto a prevalere furono dinamiche conservatoriste.

Fatto sta che – decenni dopo – la letteratura di settore poteva recensire un tentativo molto ben congegnato fin dal 1973 di Car Sharing cittadino supportato da una infrastruttura davvero avveniristica, e non solo: la gamma di mezzi era completamente elettrica ed assortita con configurazioni che andavano dalla microcar due posti per uso personale, ai mezzi con piano di carico per Delivery urbano e persino una ambulanza di taglio minimo per il movimento di urgenza medica nei meandri dei centri urbani più ostici.

Minicar BEV, colonnine, Centri di prenotazione digitale: ma siamo davvero nel ’73???

Lo schema era a tal punto avanzato da apparire visionario: grandi parcheggi di scambio periferici e radiali rispetto al centro città, dove l’automobilista utilizzatore del mezzo elettrico in Sharing poteva lasciare la sua autovettura di proprietà, digitare su un totem elettronico la selezione della minicar più adatta alla propria esigenza (due posti, tre posti, furgone ecc.) ed effettuare i pagamenti necessari per avviare il servizio; sul display sarebbe apparso subito, in prenotazione, il numero della vettura disponibile ed uno sportellino metallico rinforzato di una cassettiera avrebbe aperto la disponibilità al Cliente delle chiavi di avviamento del mezzo presente in una area di parcheggio di prossimità.

E, tema scottante, la disponibilità del mezzo da prelevare era sincronizzata ed allineata al livello di carica dei mezzi disponibili per il servizio al momento: un’altra “chicca” del sistema di Delle Molle: certo, le “batterie” erano fondamentalmente le multielemento bipolari da 12 Volt che alimentavano le auto di serie; alloggiate secondo schema seriale in appositi vani delle minicar, erano ricaricabili tramite embrionali “colonnine” collegate alla rete elettrica generale e cedenti energia di ricarica alle minicar a mezzo di cavi che poi, chiaramente, venivano riavvolti e sistemati in apposite nicchie delle colonnine. 

Ovviamente il sistema digitale di ricerca e selezione iniziale dei mezzi disponibili segnalava all’utilizzatore quelli con più carica e dunque l’automobilista apriva il mezzo con le chiavi,e si muoveva per il tempo necessario e disponibile con la minicar nelle vie cittadine dove la minore superficie di ingombro a terra rispetto alle auto convenzionali e la modalità elettrica delle minicar avrebbero consentito un decongestionamento del traffico ed una minore emissione di sostanze inquinanti. 

Fantascientifico persino oggi, pensate allora; eppure, rispetto ai tanti proclami odierni su nuovi prodotti BEV, il povero Angelo Delle Molle i prototipi li costruì davvero, al punto che per finanziare il progetto pare si trovò nella esigenza dicedere quote azionarie della Cynar per autofinanziarsi.

A Villa Barbariga, alla fine degli anni ’70, Angelo Dalle Molle avviò i primi progetti pratici per la costruzione di automobili elettriche creando la società PGE (Progetti Gestioni Ecologi che), che riuscì a costruire in modo artigianale oltre 200 unità delle sue minicar elettriche; ed erano stati programmati piani di inserimento dei sistemi di Sharing urbano nelle principali città italiane a fare da capofila dei test preliminari (Milano, Padova, Firenze e Palermo) che avrebbero dovuto vedere l’attività in crescendo di taxi, microveicoli per trasporto merci, minivan ed ambulanze con marchio “PGE – Progetto Gestioni Ecologiche” che fu a sua volta un Marchio costituito da Dalle Molle nel 1976 e chiuso nel 1982. 

PGE, gioia e dolore dei programmi di Mister Cynar

Perché “PGE”? Perché ovviamente il ramo di attività pensato da Mister Cynar aveva bisogno di essere configurato come una sorta di moderno consorzio partecipato da Costruttori OEM di auto, fornitori di accumulatori, Società municipalizzate per la perimetrazione e creazione delle aree di movimentazione e prenotazione mezzi, ed infine Società erogatrici di energia elettrica per completare le infrastrutture: dunque parteciparono all’esordio di “PGE” Imprese come Fiat, Magneti Marelli, FIAM, Enel, Italgas, AEM, etc. 

Ma cosa accadde dopo? Ecco che torna una “vulgata popolare” cioè “Vox Populi Coram Dei”: a quanto hanno riferito alcuni collaboratori di Dalle Molle, alla Fiat non andava proprio tanto a genio né il concetto di auto in Sharing(visto che l’affitto contrastava con il pieno boom della proprietà di auto in corso in Italia da metà anni Sessanta) né la piattaforma elettrica per mezzi cittadini, visto che la diffusione di questi avrebbe dato problemi alla vendita di ben cinque modelli di Gamma in casa Fiat: si va dalla Autobianchi A112 per passare alla fine serie della “Nuova 500” e la neonata “126” insieme alla “127” ma senza dimenticare la “Giardinetta 500” che era diventata il simbolo del trasporto merci e servizi nei Centi urbani.

Ovviamente, se la vendita ai privati era una opzione, l’altra consisteva nella configurazione operativa di “PGE” che ovviamente avrebbe dovuto fare affidamento su Centri di acquisto municipalizzati affinche’ proprietà e gestione dei mezzi elettrici andassero in capo a chi territorialmente presidiava i Centri Urbani di riferimento; e a quanto dicono le “malelingue” era stata proprio la Fiat ad incaricarsi non solo della produzione potenziale ma di una attività esplorativa per svolgere promozione, ricerca e vendita del pacchetto auto+Stazione ai diversi riferimenti urbani; solo che alla fine di ogni ricognizione territoriale da Corso Marconi – si dice – sarebbero arrivati rapporti deprimenti sulla inconsistenza di domanda ed interesse ai programmi della “PGE”.

Idem, come risultato della sinergia commerciale, per le relazioni che i Concessionari nazionali selezionati da Fiat per la vendita delle microcar 2/3 posti avrebbero restituito al management sul disinteresse dei potenziali acquirenti; ma come detto, appunto, collaboratori ben informati di Mister Cynar avrebbero parlato di un vero e proprio boicottaggio esercitato nei saloni.

Soltanto Enel, secondo il resoconto operativo periodico di “PGE” avrebbe accettato di acquisire un lotto di cinquanta mezzi dei duecento prodotti da usare come mezzo aziendale nelle diverse sedi regionali, e circa venti erano state spedite a Bruxelles per il servizio di collegamento tra diversi dipartimenti dell’Università.

“Rent and Run”, quello slogan diventato attuale solo adesso

Tornando al sistema “Rent and Run”, la cosa impressionante del progetto di Dalle Molle era però il concetto insito anche nel nome, allora estremamente innovativo, di parcheggi scambiatori automatizzati e computerizzati e del veicolo in condivisione in un periodo in cui l’auto era uno status ed una “proprietà” per antonomasia.

Pensare nel 1973 di arrivare in un grande parcheggio dove l’automobilista potesse lasciare la propria vettura, digitare su un sistema computerizzato la richiesta del tipo di veicolo elettrico adeguato alla propria esigenza del momento (due posti, tre posti, furgone ecc.) ed inserire una “CARD” con il display sul quale appariva il numero della vettura disponibile; ed un cassettino che usciva offrendo le chiavi del mezzo richiesto tenendo conto del maggiore livello di carica delle batterie, era fantascienza. 

L’innovativo e futuristico sistema “Rent and Run” concepito da Angelo Dalle Molle era più di un miraggio, però, e un giorno l’opinione pubblica se ne sarebbe dovuta accorgere.E, particolare non indifferente, nonostante la chiusura di “PGE” nel 1982, la “Fondazione Dalle Molle” ha proseguito la produzione a ritmo ridottissimo di ulteriori esemplari del progetto originario “BEV Microcar” fino al 2003, ed un lotto di sette esemplari è tuttora presente presso il Museo BonfantiVimar, con un “focus” su uno di questi (presente nella sezione “Galleria del Motorismo Giannino Marzotto” che ci ha davvero incuriosito: si tratta di una vetturetta denominata “Green ” due posti, molto alta e larga, di circa 400 Kg senza batterie caratterizzata da una linea squadrata, che può ricordare un po’ la Panda, un po’ la Mini 90/120. Appare di produzione Fiat anche molta componentistica. Due persone stanno comode, ed il bagagliaio, limitato dal contenitore delle batterie, è comunque abbastanza capiente.

Oggi di tutto questo è rimasto solo un ricordo, e persino la Cynar è passata sotto il controllo del Gruppo Campari. Eppure, un colpo d’occhio ha riaperto in noi di Autoprove.it i ricordi: è quando abbiamo osservato da vicino il layout e le forme davvero evocative della nuova gamma di Microcarelettriche di “BAW”1, con la Gamma di minivetture elettriche per muoversi con intelligenza in città e che viene importata in Italia da “TC8”, Distributore associato UNRAE.

BAW: Microcar, elettriche e trendy; e quel “feeling” con le vetturette di Mister Cynar

La BAW –Beijing Automotive Works ha una lunga storia che risale ai primi anni ’50. 

Fondata nel 1951, BAW è nata come impresa statale con l’obiettivo di produrre proprie vetture, e nel 1973 viene trasferita al controllo della comunità amministrativa locale di Beijing, dentro il controllo della holding di riferimento, la BAIC Group. 

Negli anni Ottanta e Novanta inizia, si sviluppa e si rinforza sempre più la cooperazione con Gruppi e Marchi Costruttori esteri; nel 1994 la Holding viene ridenominata BejingAutomotive Industry Group Corporation e nel 2000 diventa Beijing Automotive Holding Co. e poi Beijing Automotive Group Co. Ltd. nel 2010.

Arriva il Marchio Foton, dal 2000 si producono SUV e dal 2010 inizia il programma di costruzione di autoveicoli 100% elettrici. Oggi questa gamma di veicoli elettrici comprende la serie “BAW1” che, a nostro avviso, rappresenta simpaticamente nelle linee e nello sviluppo volumetrico la proiezione moderna delle caratteristiche peculiari della famiglia di vetturette pensate da Angelo Dalle Molle.

Particolare e simmetrica anche l’estensione e pluralità di Gamma: la “BAW1” (Categoria “L7”) propone sul nostro mercato con la versione Work (trasporto merci 2 posti, batteria da 17,2 kW), Fun (trasporto persone 2 posti), Young (trasporto persone 4 posti) e City (trasporto persone 4 posti, batteria da 17,2 kW); certo, manca l’autoambulanza di Dalle Molle ma sono anche cambiati i tempi e le norme. Per quanto riguarda il livello di offerta della famiglia “BAW1”, sono presenti batteria con una capacità di 17,2 kWh ed una autonomia di ben 220 km  Il pacchetto Air Bag e ABS ora è di serie su tutte le versioni. Il climatizzatore ora è di serie su tutte le versioni. Una caratteristica molto interessante della BAW1 è la versatilità delle configurazioni, soprattutto nella versione a 4 posti che va a riempire il vuoto di prodotto lasciato da molti altri marchi, che hanno abbandonato il segmento A.

BAW1 è un veicolo elettrico lungo poco più di tre metri, per uno e mezzo di larghezza e altezza.  Ha tre porte e un’abitabilità incredibile che arriva appunto a quattro posti reali, con la possibilità di ribaltare lo schienale posteriore per ampliare il bagagliaio se si viaggia in due.

La trazione è posteriore per una velocità massima di 90 km/h; la meccanica è molto curata, come denota l’utilizzo della sospensione anteriore MacPherson, oltre ad una scocca di tipo portante ed una soluzione mista dischi/tamburo per l’impianto frenante.

In poche parole, un quadriciclo tecnologicamente progettato e realizzato come un’automobile.

Gli interni si caratterizzano per la spaziosità, da vettura di categoria superiore, con un facile accesso dalle due portiere laterali. Il portellone posteriore rende molto pratico l’utilizzo del vano bagagli.

L’equipaggiamento di serie comprende: doppio display da 12,25 pollici ad alta definizione con funzioni di connessione, telecamera a 360°, monitoraggio pressione pneumatici.

Il climatizzatore ora è di serie su tutte le versioni.

BAW1 è disponibile in cinque combinazioni di colori per la carrozzeria, di cui quattro bicolor: rosso, verde acqua marina e grigio scuro con il tetto bianco; bianco con il tetto nero; “total black”.

Il colore di base, senza sovrapprezzo, è il rosso con tetto bianco.

Per gli interni, i tessuti e i rivestimenti sono di colore nero.

BAW1 ha una garanzia di 3 anni o 100.000 km sul veicolo, e 8 anni o 120.000 sul pacco batterie.

Insomma, “BAW1” è un profilo perfettamente degno di rappresentare l’eredità filosofica ed innovativa del pensiero di “Mister Cynar” per la mobilità cittadina, ed anche se presumibilmente sarà accompagnato da strutture logistiche e da supporti tecnici diversi da quelli pensati dalla famosa “PGE” crediamo saprà trovare l’interesse ed il favore degli automobilisti.

Riccardo Bellumori

 

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