Lettera aperta ad un automobilista occidentale di mezzo secolo

Ciao. Comincia sempre così una lettera, anche se “tu” che la leggerai potresti essere semplicemente un effetto ottico, una immaginazione. 

O magari semplicemente potresti non leggere. Se penso che puoi essere automobilista di mezza età come me, mi riesce più facile mettere insieme questi pensieri, perché una grande parte di quello che io ho vissuto Ti appartiene o perlomeno rappresenta qualcosa di noto.

Penso in primo luogo a tuo nonno. Si, senza timore di sfidare il nuovo “Manierismo” e la nuova moda paritaria non potrei mai parlare in questa lettera delle “nonne”. I nonni guidavano le prime auto, ed erano galanti con le rispettive amate aprendo la portiera e regolando premurosamente sedile e riscaldamento.

Chi ha raggiunto il mezzo secolo come me ha (o ha avuto) nonni patentati, al più presto, sessanta anni fa lo sa. La soglia di guidatori maschi rispetto alle donne era talmente sproporzionata da rendere vane le statistiche.

Tuo nonno? E’ stato di certo il tuo primo “Hooligan” del motore: lui che ti portava le macchine o le motorette a pedali, per poi passare ai modellini di auto che, potenza della MATTEL, erano anche quelle di Barbie e Ken. 

Tuo nonno ha vissuto gli anni della sua maturità, nel Dopoguerra, a sentirsi un poco come uno di quei migranti in nave dal Sud Italia all’America: con la segreta aspirazione – come quei naviganti che per primi gridavano “Terraaa” alla vista della Statua della Libertà – ad essere il primo del quartiere ad avvistare sulle strade o nei parcheggi ogni nuova carrozza a motore che lentamente animava le città. Ma forse oggi quelli sono i bisnonni.

E con il grande desiderio, prima o poi, di far parte di questa schiera di pochi fortunati motorizzati.

Tuo nonno era quello che il Sabato pomeriggio strusciava il naso da fuori le Vetrine dei Saloni illuminati a giorno anche a mezzanotte per mostrare le novità a quattro ruote; quello che collezionava con cura, per sfogliarle anche a distanza di anni, quelle prime Riviste periodiche costosissime (in confronto alle disponibilità del pubblico) ma che erano all’epoca il primo e spesso unico mezzo di informazione e scambio di passione motoristica. 

E forse, negli anni Settanta, Tuo nonno come il mio Ti ha messo su il cappottino ed il berretto, e per passare un poco di tempo Ti ha cominciato ad affascinare con le auto portando anche Te davanti alle vetrine, o dentro un Salone a toccare con mano. Ricompensa? Caffè corretto con Sambuca per lui, e Cremino per te.

AUTO DI FAMIGLIA

Tuo nonno non ha soltanto comprato la sua auto dal Concessionario, no. Per lui non si è trattato solo di questo: all’epoca dei nostri nonni il Concessionario era il quarto personaggio importante del circondario dopo il Maresciallo dei Carabinieri, il parroco e la Farmacia. Una volta scelto il Concessionario, il nostro nonno non lo abbandonava più. Oggi, per fortuna, sono le Concessionarie ad abbandonare noi, perché non sono più quelle di un tempo.

Nel frattempo crescevano e maturavano i figli di Tuo nonno, cioè Tuo padre o Tua madre; ma, Ti prego, non costringermi a chiamarli Genitori UNO e Genitore DUE. Non farmi essere Boldrin Line, Ti prego.

Mentre invece, al tempo in cui i miei coetanei diventavano adolescenti, scoppiava qui in Italia la moda della Automobile PRIMA (intesa come auto di tutti i giorni, quella per le occasioni buone e per gli impegni importanti) e SECONDA (cioè la spesso e preferibilmente piccola auto proveniente dall’eredità familiare) che si usava spesso come auto da soma……

Tuo padre o/o Tua madre hanno vissuto buona parte della loro maturità nel pieno boom della diffusione dell’auto in Europa ed Italia, databile in fondo dalla fine degli anni Sessanta.

Ti ricorderai già i primi dibattiti in casa sul Diesel anni Settanta, questo nuovo ospite della cronaca mondana arrivato non si sa da dove per aiutarci a combattere i rigori della crisi energetica. 

Ore e ore di dibattiti domenicali a tavola: che si fa? Si compra benzina, Gas o Diesel? E poi, compriamo italiano o tradiamo tutti per una qualche avventura con le straniere?

Il nonno? In quel contesto era quello patriottico: tedesche, francesi, inglesi? Ma non scherziamo: l’auto italiana poteva insegnare a tutto il mondo cos’erano bellezza, potenza, emozione, benessere a bordo. E pazienza se in effetti la propaganda mediatica ed i blocchi doganali erano ostacoli pesanti, in effetti, all’import dall’estero. Erano i figli di quel nonno, cioè i tuoi genitori, ad essere gli eversivi che preferivano Fiesta, Polo, Golf, “errecinque” e Ascona alle care vecchie torinesi e milanesi.

Doveva però scoppiare il boom delle utilitarie “snob” e all’opposto delle Diesel per iniziare, dalla fine degli anni Ottanta, una lenta e progressiva invasione di Marchi stranieri supportata dal soggetto che più di ogni altro rappresentava l’anello di congiunzione tra Costruttore e Cliente: il Concessionario.

Capace di accettare di tutto, dalle Cambiali alla scrivania Luigi XV in pegno, era fino alla seconda metà degli anni Ottanta il regnante incontrastato del suo territorio nel quale mai il Costruttore si sarebbe avventurato da solo o direttamente. 

A Roma li chiamavamo” i palazzinari ripuliti”: i Concessionari, i nomi forti della imprenditoria commerciale, altro che “i Dealer di oggi. Nomi che evocavano ettari di terreni riempiti a cemento e infrastrutture, persone con due metri di pelo ritorto sullo stomaco in grado di gestire più o meno secondo legge ogni evento commerciale e finanziario. Ma anche, in buona sostanza, l’unico alter ego del Cliente verso la dimensione dei Costruttori. Era il Concessionario che avvertiva, prima delle Riviste e della TV, l’arrivo dei nuovi modelli; era il Concessionario che già, a tua insaputa, metteva il cartellino del prezzo al tuo usato per rivenderlo.

Ma dopo un periodo folle di investimenti e di evangelizzazione finanziaria spinta dalle Case Madri ed i fallimenti a catena di decine e decine di mandati, il periodo storico iniziato nel 1993 con la crisi dello SME e chiuso nel 2008 con la crisi dei Mutui Sobprime aveva terminato il suo ciclo virtuoso. Dal 2009 in poi il mondo Automotive non è stato più lo stesso.

E da quella data, 2008/2009 appunto, sono passati ormai 15 anni. 

Tuo nonno forse non c’è più. Magari c’è ancora sul comodino la foto di lui che aspetta dentro al 128 l’arrivo di tutta la famiglia per andare al mare.

I Tuoi genitori, spero, forse ci sono ancora. Ma nel frattempo non ci sono più le loro “Fiesta”, “Polo”, “Corsa” ed altre famiglie storiche di auto che li hanno accompagnati da quando avevano 20 anni fino al quarto di secolo successivo. 

Ma tanto non ci sono più Desio, Lambrate, Arese, Termini Imerese, e forse tra breve neppure Torino e Modena saranno più quelle che sarebbero dovute essere per sempre.

Ed ora ci sei tu. Di mezzo secolo, come me, o quasi.

Che non ti ritrovi più a tua volta non solo decine di modelli che hai cominciato a guidare ormai almeno trenta anni fa; ma che non sei più nemmeno nel diritto di pronunciare parole o concetti con i quali la tua passione e la tua esperienza di guida sono iniziate. Oggi che senso hanno le parole “motore”, “manutenzione”, “Concessionario”, “personalizzazione”, “sport”?????

Nel frattempo hai figli. Ti salutano portando sotto braccio un monopattino elettrico. Hanno vent’anni e se tu alla loro età della tua epoca uscivi con un monopattino sottobraccio, rimanevicelibe. 

O nubile, non sia mai che il mio testo possa apparire sessista…Oggi invece sei ambientalista, e se sei “Green” rimorchi pure. Hai visto il progresso? Non saprai cosa opporre ai tuoi figli che saranno ormai invasati da concetti come noleggio, fine della proprietà, uso razionale, commodity, sharing, payperuse. 

E capirai solo allora che alla fine l’unico che tutti noi avremmo dovuto sempre ascoltare era il nonno. Quello della 128, che di inverno magari saliva anche sui cavalletti ricoperta dal telo anti intemperie. Oggi quel 128, vedi l’assurdo della vita, vale almeno “10 KAPPA”, per dirla con lo smart language odierno.

Ieri era un catorcio da buttare, oggi un pezzo da collezione. 

Vaglielo a spiegare ai tuoi figli che quel 128 vecchio di mezzo secolo vale oggi più della quotazione media di una milf elettrica di dieci anni fa…

Riccardo Bellumori.

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