Chi è BYD? Storia del marchio dei Record

Build Your Dreams” contro “Yes, We Can”: potrebbe cominciare così il racconto parallelo di due storie che tutti i Media tentano di appaiare anche se tutto le rende distanti una dall’altra. 

Ma partiamo da parecchi anni fa: che America era quella del 1997, anno in cui Martin Eberhard e Marc Tarpenning si conoscono per la prima volta dentro “NuvoMedia”, Startup creata per produrre e lanciare uno dei primi E-Reader al mondo?

Era l’America che solo quattro anni prima aveva visto il lancio e il cestinamento della “Vip BEV” GM EV1, la tuttoelettrica dei Divi di Hollywood rivelatasi un vero fiasco; su tutto dominava ancora, soprattutto per l’apertura ad Oriente dei mercati commerciali, il mito dei big Block V8 e delle due nuove icòne yankee, la Dodge Viper da un lato ed il meno conciliante “Hummer” Civil derivato dalla campagna militare in Kuwait. 

Com’era la Cina del 1995? Era quella che sei anni dopo Piazza Tien An Men aveva dato vita a sinergie industriali e nuovi insediamenti esteri dall’Occidente producendo di tutto. Ed in questo tutto nasce “BYD” fondata da Wang Chuanfu come iniziale costruttore di sorgenti di alimentazione e batterie per il settore Consumer dell’elettronica (Motorola ed altre Compagnie occidentali) ma anche per il comparto industriale.

COM’ERA L’AMERICA NEL 2003: L’ANNO DI NASCITA DI TESLA? 

Eberhard e Tarpenning hanno venduto NuvoMedia e, di già affermati professionisti (tutt’altro dagli scavezzacolli nerds di cui le leggende metropolitane narrano) si rivolgono su un nuovo sistema di mobilità basato sulla visione embrionale dello Sharingdi piccoli mezzi BEV, piuttosto che sulla proposizione di un modello specifico (che diventerà per il debutto del Marchio la Lotus Elise elettrificata). Insomma, volendo fare una semplificazione, il modello strategico commerciale della “prima prima” Tesla si approssima un po’ alla mission della nostra storica “Micro-Vett” di Imola.

Nasce dunque il nuovo Marchio “Tesla” dove Elon Musk entra come azionista a fine 2004, in una America traumatizzata dal crollo delle Torri Gemelle, dalla guerra in Afghanistan, e “suggestionata” dalla criticità – ancora una volta – delle risorse petrolifere in caso di crisi internazionali: Detroit è ancora la Capitale simbolica dell’auto, General Motors il Gruppo più comprensivo di Marchi, Ford continua a crescere e persino Chrysler è ancora un Gruppo “quasi” indipendente, dopo la fine della unione con Daimler.

Com’è la Cina del 2003? Dal punto di vista automobilistico le produzioni su licenza attraverso accordi con costruttori giapponesi, europei e statunitensi cominciano a costituire, in volume di produzione annua, una percentuale e non più l’assoluto circolante. 

Ma soprattutto sta sopravvenendo un fenomeno da molti sottovalutato, se non addirittura irriso, e che però è alla base della affermazione della Cina nel settore della mobilità elettrica. La forte presenza di J.V. e di produzioni su licenza di apparati elettronici ed elettromagnetici di origine europea (Carrelli elevatori, macchinari industriali, etc.) unita alla grande disponibilità di materia prima nobile per la produzione di supporti di alimentazione e ricarica porta ad una prima considerevole esplosione di “assemblatori” di piattaforme elettriche su chassis originariamente endotermici, un esercito di piccoli Costruttori che serve ad alimentare la prima vera scossa di mercato auto, con un +35% di volumi venduti rispetto al 2002 (ed un aumento di prenotazioni di auto per trasporto privato del 90% rispetto all’anno precedente) ed un saldo finale tra auto e LCV di quasi 4 milioni e mezzo di pezzi.

Insomma, si potrebbe dire che la Cina “BEV” del 2003 ricalchi in un modo esteso il protocollo industriale della nostra cara e vecchia “Micro-Vett”. Ma in realtà non vogliamo parlare di Micro-Vett. Ma di BYD.

Perché in quel 2003 anche BYD fa il suo debutto sul mercato auto “Consumer” con la sua prima vettura, ma è un debutto abbastanza travagliato, perché il modello di lancio di BYD in realtà è una produzione su licenza di uno Stabilimento della città di Xi’an nella provincia dello Shaanxi dalla cura costruttiva molto aleatoria e il risultato fu da subito una maxi campagna di richiamo per la risoluzione di una infinità di problemi.

Fulcro del problema, e delle origini automobilistiche di BYD in questa vicenda è la Quinchuan Automobile Company, fondata nel 1988, partecipata da Norinco (North Industries) e produttrice su licenza all’epoca della gamma Suzuki, da cui deriva la Flyer, fondamentalmente una “Suzuki Alto” già ampiamente rimaneggiata dalla Quinchuan. 

Quando Norinco nel Gennaio 2003 cede la divisione auto a BYD, questo produceva sostanzialmente ancora batterie e WangChuanfu aveva deciso di intraprendere la strada dell’ “assemblatore” implementando gli chassis presenti in catena di montaggio – ed originari endotermici – con powertrain elettrici; per ottenere la necessaria licenza governativa Chuanfu doveva per forza acquistare una Casa automobilistica; ovviamente, con mentalità pragmatica BYD si avvicinò gradatamente alle nuove architetture, partendo ovviamente dalla continuazione ed elaborazione della Gamma ereditata da Quinchuan. La emancipazione iniziò per BYD con la media a tre volumi F3.

Da allora la crescita e la definizione di protocolli di qualità e immagine vincente ha accompagnato questo Marchio (BYD) verso il successo e verso il superamento del grande “tappo” cui non si sono potuti sottrarre diversi competitor: il Lockdown. Se nel 2019 Bloomberg aveva censito i Marchi automobilistici in un numero di 500, due anni dopo il numero era sceso a “solo” 100.

Nel 2008, quando la politica del credito a pioggia porta la Lehman Brothers a zompare, il nuovo Presidente degli Stati Uniti BarakObama esclama il suo piuttosto vuoto “Yes, We can” e nel frattempo strizza l’occhio alla nuova mobilità elettrica “battezzando” un panel di vetturette – non casualmente cinesi – completamente elettriche. Due anni prima “Tesla” aveva già presentato il concept della “Roadster” che comincerà ad essere prodotta alla fine del 2008. 

In quello stesso anno in cui General Motors rischia di fallire (senza aiuto finanziario governativo) e Chrysler passa al Gruppo Fiat di Marchionne (con la sola Ford che rinuncia alla linea di credito federale ma deve smembrare tutto il Gruppo cedendo o chiudendo quattro degli otto marchi detenuti fino ad allora) la BYD fa debuttare, pensate, il suo primo modello Ibrido Plug-In, con la F3 DM: si tratta del primo veicolo Ibrido plug-in prodotto di serie in Cina. 

E nello stesso anno Warren Buffett acquisisce un pacchetto azionario del 10% pari a 230 milioni di Dollari

Non è tanto il valore della liquidità immessa nel capitale di BYD, quanto il prestigio ed il rilievo di un Investitore di rango che testimonia la sua fiducia nel Marchio, a prendere il risalto delle prime pagine dei quotidiani economici. 

 

E mentre nel 2010 Tesla inizia a diventare più che un piccolo Costruttore di qualità un punto di riferimento della nuova filosofia eco-protestante (incentrata sulla proiezione decadente del motore endotermico e dei Marchi in crisi che lo rappresentano, contro il futurismo ariano della presunta bellezza e perfezione del motore elettrico), l’Europa comincia a declinare il verbo della ecomobilitàcon una sventagliata di progetti e programmi che tutti i Marchi, nessuno escluso, strombazzano dalle Riviste: conservo ancora un mensile nazionale di Dicembre 2010, e dentro vi si legge ancora un esercito di nuove elettriche ed Ibride nell’arco di due o tre anni successivi al servizio della Rivista in questione.

 

Da parte di BYD la “e6” presentata nel 2010, è stata progettata pensando ai servizi di ride-hailing. I suoi interni spaziosi e il propulsore elettrico l’hanno resa la scelta preferita dagli operatori di taxi in Cina e all’estero. Questa mossa ha dimostrato l’adattabilità e la prontezza di BYD ad affrontare le sfide del trasporto urbano. I sogni cominciano a diventare realtà. Ed a proposito di sogni, quale Imprenditore non sogna di ricevere aiuti preziosi e soprattutto istituzionali per il suo lavoro? 

Ed ecco, snocciolata da alcune fonti sul Web, una lista forse approssimata ma perlomeno didascalica di quanto la creatura guidata da Elon Musk è costata al Governo Federale in prestiti: dal famoso finanziamento di 2,8 miliardi di USD ottenuti nel 2008 a seguito dell’azione governativa che ha interessato anche GM e Chrysler. A Giugno del 2010 Tesla ha ottenuto anche prestiti per 365 milioni di Dollari per costruire veicoli nello Stabilimento di San Josè in California. Queste le cifre degli aiuti “pubblici” governativi ricevuti dalla Tesla in America, limitatamente al governo di Washington.

A fronte di questo, “The New York Times” ha scritto riportando un dato ufficiale di BYD che riporta la cifra di 2,6 miliardi di Dollari in aiuto governativo ricevuto dalle Istituzioni di Pechino dal 2008 al 2022.

Ci sarebbero tante considerazioni “a latere” su queste cifre, ma chi è più accorto e in linea con quel che scriviamo ha già ben compreso dove si rivolge la nostra osservazione maestra…

E dove erano gli Stati Uniti e la Tesla nel 2015, quando scoppia il DieselGate? Tesla aveva inaugurato il suo Stabilimento a Tilburg (Olanda) nel 2013 e alla vigilia del Dieselgate aveva iniziato a produrre dagli originari 200 veicoli al giorno ben 450, per una domanda europea più che raddoppiata grazie a Model S ed alla preannunciata Model X. Tra USA e Germania scoppiava il gelo, ed ovviamente il nuovo candidato alla Casa Bianca Trump cavalcava l’onda del prodotto nazionale per eccellenza, cioè l’auto a stelle e strisce.

Mentre il mercato dei veicoli elettrici continuava a evolversi, BYD ha introdotto la sua nuova Tang nel 2015, un SUV di medie dimensioni che vanta un potente sistema ibrido plug-in. La Tangha unito prestazioni ed eco-compatibilità, dimostrando l’impegno di BYD nel fondere tecnologia all’avanguardia e stile.

 

Dove era Tesla nel 2020, alla vigilia del Lockdown? Il Marchio di Elon Musk fa notizia per diverse notizie, ma la più forte è il saldo netto dei guadagni del Marchio attraverso la intermediazione dei carbon credits tra il 2018 ed il biennio successivo.

LA SFIDA GLOBALE DI BYD

BYD nel 2020 ha presentato la Han, posizionandola come una berlina elettrica di punta per il mercato globale. La Han ha offerto un’autonomia impressionante, tecnologia all’avanguardia e un design elegante, consolidando la presenza di BYD sulla scena internazionale dei veicoli elettrici. Inoltre ha introdotto la BladeBattery, una rivoluzionaria tecnologia di batterie al litio ferro fosfato (LiFePO4). La maggiore sicurezza e densità energetica della Blade Battery l’hanno resa un punto di svolta nel settore dei veicoli elettrici, stabilendo nuovi standard per la sicurezza e le prestazioni dei veicoli elettrici.

Dove era Tesla, dove era BYD, nel 2023? Erano in una fase di sorpasso che lasciò di stucco Media ed opinionisti: nel primo semestre la casa Cinese realizza forse il suo sogno e supera di quasi cinquantamila unità i risultati commerciali di Tesla. 

Il resto non è più il passato ma è un futuro costruito sin da oggi attraverso una “Umanizzazione” e personalizzazione del Brand, della mission e del prodotto di BYD che trova la sua interfaccia nei Manager di rango che stanno accompagnando quasi quali Ambassador strategici la crescita progressiva e costante del Marchio anche in Europa. E l’interfaccia di Alfredo Altavilla, special Advisor per il mercato europeo, e la interlocuzione mediatica di Alessandro Grosso, Country Manager per l’Italia, sono parte di questo profilo di “umanizzazione” strategica che compie benissimo anche l’abbattimento di quel piccolo “muro” di suggestione che ancora i Marchi cosiddetti “cinesi” portano con se’, offrendo il fianco alla – appunto – definizione fin troppo ripetitiva ed ormai desueta nel presentare quella che è attualmente la Nazione leader nel mondo dell’auto per volumi, assortimento, esportazione, e valore complessivo di R&D.

Ovviamente la nostra descrizione delle diverse milestones di confronto tra Tesla e BYD non volevano creare una contrapposizione tra i due Marchi ma, al contrario, irridere chi tra i Media intende creare un conflitto che non si pone. Tesla e BYD non devono duellare di cappa e spada, devono reciprocamente percorrere il proprio specifico sentiero nel mercato della mobilità avanzata senza che una delle due debba per forza soccombere all’altra. Chi ragiona e presenta mediaticamente in questo modo la questione o è in malafede o è un commentatore ed osservatore sprovveduto.

“Humani…Z.E.” the Automotive Technologies da parte di BYD. Una definizione, uno Slogan che Autoprove ha coniato di sua spontanea iniziativa. Ma che speriamo colga la simpatia e l’approvazione simbolica da parte di un colosso che ha davvero compiuto passi da gigante per diventare un interlocutore globale e di qualità per ogni tipo di automobilista.

Riccardo Bellumori

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