Il mondo dei motori racconta spesso sé stesso sulla base di un canovaccio e di una agenda che non rappresenta sempre fedelmente il valore e il sacrificio di alcune storie e di alcune imprese rispetto alle altre. Soprattutto in Italia, culla di tradizioni e di avventure motoristiche straordinarie, il rischio di omologazione e di “insabbiamento” di alcune pagine di Storia con la “S” maiuscola è proporzionale spesso alla scarsa attitudine di Marchi, Aziende, o personaggi di riferimento, di mettere continuamente in mostra i gagliardetti e l’argenteria testimone di obbiettivi centrati e di risultati compiuti.
Brutto mondo, quello della informazione Auto, soprattutto quando è in mano a cronisti e narratori un poco, come dire, “mercenari”….Eh già, do’ a Te un articolo o una posizione ambita sulla Rivista o sul settimanale di approfondimento TV, e Tu in cambio mi dai qualche auto in comodato gratuito, manciate di Biglietti Tribuna all’Autodromo, qualche Salone in trasferta pagato. E altro che, per carità e grazia, è meglio non dire. Se per i giornalisti che gridano al dramma di un mercato auto in crisi fosse applicabile l’adagio cristiano “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, avremmo decine di Giornali, Blog, Agenzie, semplicemente muti.
Conosco tanti giornalettari che così ci si sono arricchiti, il negozietto di Boutique per la moglie, la SPA per l’amante, e così via. Brutti tempi, favoriti dai cosiddetti Marchi premium europei che grazie ad una campagna mediatica favorevole ed amica hanno prosperato. Difficile e poco abituale per il comparto informativo del mondo Automotive mettersi alla ricerca di storie significative ma poco raccontate del passato. Maledetti motori di ricerca e maledetta superficialità di categoria (i giornalisti) che estendono la zona d’ombra su nomi e capitoli di narrativa che restano clandestini per anni, e per decenni.
Il mondo cambia ed i mercenari che non raggiungono un posto in Paradiso, nemmeno in piedi, vanno alla deriva e ci liberano della loro firma e della loro incombenza. E sui Sociale e sul Web i nomi preferiti dalle Redazioni cartacee e politicizzate finiscono la loro carriera in modo deprimente.
E così’ capita che ad esempio Autoprove.it venga discriminato dalle scelte un poco risibili e infantili del Centro Media di un ex Marchio Premium di rango, Mercedes Benz.
Ma ce ne facciamo una ragione, anche perché di storia con la “S” maiuscola Mercedes Benz non mi ha più dato da tempo occasione di raccontarla, eccezione fatta per la figura sacra di Bruno Sacco che qui, forse persino più che nei coccodrilli di Agenzia e Centro Media della Stella a tre punte, ha ricevuto omaggio e dedizione storica e filologica nei nostri resoconti.
Quanto è lontana questa Mercedes da quella scaltra, lungimirante e appassionata che a metà degli anni Settanta perdonò persino a Eberhard Schultz della Isdera l’uso abusivo dello Stellone sul frontale della sua creatura “Imperator”. Si era al Salone di Francoforte e all’epoca il giovane ed esuberante Schultz si ispirò un po’ troppo smaccatamente al concetto stilistico delle concept Mercedes da record e presentò ad uno stand proprio una berlinetta che tutti scambiarono per una nuova realizzazione di Stoccarda complimentandosi allo stand personale della Mercedes per la ottima vettura. Solo che, casualmente, i Manager Mercedes neppure sapevano di cosa si trattasse quella strana situazione e fatta irruzione allo stand Isdera decisero, dopo aver visto la fila chilometrica di ammiratori in adorazione della Imperator, di far rinunciare la Mercedes ad ogni legittima e devastante azione legale contro Isdera. Altri tempi, forse se non l’avessi raccontata adesso i Manager Mercedes Italia a Via Bona, nel lato più oscuro e periferico della Tiburtina romana, neppure saprebbero di cosa ho parlato.
Ma per una Stella spuntata che salta – senza pesare troppo nel palinsesto di Autoprove.it – la crescita e la qualificazione mediatica e culturale della piattaforma voluta e cresciuta da Antonio Migliozzi continua: il Giubileo della Capitale dei Motori, le Videointerviste, i resoconti speciali e le trasferte, gli approfondimenti e le storie più gloriose e meno ridondate del mondo del motore di eccellenza. Che poi come sempre è anche storia di alto artigianato e di passione vera che non si baratta con null’altro.
E chi come me ha la sua certa età di storie del genere ne ha conosciute a decine fino agli anni Settanta. Poi la crisi energetica, le contestazioni, la fragilità sociopolitica del Belpaese ed il malaffare hanno tagliato le gambe ad altrettante decine di realtà di impresa nobili e rappresentative del genio motoristico nazionale. Poi gli anni Ottanta della sbornia finanziaria, della Borsa, degli Yuppies e delle Imprese che diventavano Holding. E un lento precipitare che dall’avvio del Mercato Unico alla fine della svalutazione competitiva della Lira nell’Export ha ridotto il Giappone d’Europa a tornare Italietta. Sono bastati i ceffoni di Mani Pulite e la politica depressiva in coincidenza con la galoppata della Germania riunificata per portare il treno tricolore a diventare un tramvetto di periferia su binari traballanti.
Negli anni Duemila in Italia erano ormai tutti Trader, ne so qualcosa io personalmente che ho visto la scempiaggine dei figli dei vecchi Imprenditori del tessile di Prato vendere per un tozzo di pane interi capannoni ai cinesi per fare la bella vita dalle cinque del pomeriggio ai Bar di Piazza Mercatale. Idem a Biella, a Varese, nel NordEst. Un patrimonio di artigianato, impresa e passione buttata nel cesso dai nuovi “Trader”.
Mentre questo avveniva, verso la fine degli anni Ottanta, un gruppo di appassionati imprenditori di un distretto di eccellenza industriale quasi mai ricordato e celebrato (l’Abruzzo ed in particolare Teramo) si riuniva intorno ad un vero e proprio Guru dell’arte motoristica, Giotto Bizzarrini.
E già questo primo passo segna un evento ed una condizione da narrativa leggendaria: alcuni tecnici, Ingegneri ed appassionati si ritrovano nella fine degli anni Ottanta ad immaginare una impresa artigianale dedicata alla realizzazione e commercializzazione della – pensate – replica della famosa “Morgan a Tre ruote”…Si, esatto, quella resa famosa anche dal film “Holliwood Party” con Peter Sellers.
All’atto della definizione particolareggiata delle diverse componenti, la difficoltà e scarsa esperienza dinamica sul comportamento di una “tre ruote” in condizioni di velocità e guida sportiva, alcuni di questi soci decidono di contattare, conoscere e sollecitare di una consulenza tecnica proprio Giotto Bizzarrini che all’epoca fruiva di un laboratorio ed ufficio nell’area del circuito del Mugello. La risposta di Giotto fu di rifiuto assoluto, tuttavia, verso quella geometria costruttiva tanto singolare, al punto da convincere i soci a rivoluzionare la propria visione e missione di impresa e concepire la realizzazione di una quattro ruote sportiva.
Da questo nasce una collaborazione che porta Giotto a pensare, realizzare e persino testare al Mugello una iconica berlinetta nero opaco sportiva, con grande ala posteriore e motore centrale alle spalle del pilota. Dopo questa Giotto lavora anche ad una realizzazione Roadster, e da questi modelli e dalla filosofia operativa del genio livornese deriva il DNA della nascente “Picchio”.
IL SOGNO DI BIZZARRINI
Giotto, uno dei più grandi progettisti di tutti i tempi, è dunque davvero l’ingegnere protagonista della nascita della Picchio. Progetta, costruisce, sviluppa un primo prototipo e pone le basi di una barchetta racing e di una GT stradale, destinate a fare scuola ed ispirare tutta la futura produzione.E come lui stesso a suo tempo dichiarò alla stampa:
“Si può dire che la Picchio sia una vera Bizzarrini; l’ho seguita dall’inizio fino al collaudo in Pista” così possiamo dire simbolicamente che Picchio rispecchia fedelmente l’ispirazione ed il protocollo creativo che Giotto ha esercitato dalla “Macchinetta” passando per la “Papera” Ferrari e tutte le altre sue realizzazioni: idea, concetto, protocollo tecnico di progetto, prototipazione e collaudo su strada. Questo ha fatto di Bizzarrini un genio creativo assoluto.
Da oltre 30 anni, Picchio, costruisce auto da corsa e prototipi di auto stradali. Vetture che allo stesso tempo sono vincenti, perché esaltate dalla competizione agonistica, ma allo stesso tempo belle ed emozionanti.
Per questo, progettisti, aerodinamici e designer lavorano in totale sinergia e condivisione e tutti accumunati da passione e senso dell’impegno verso le promesse fatte al Cliente od al Pilota che si affida alla Picchio.
Ogni sforzo è destinato all’ innovazione: soluzioni tecniche efficaci e originali sono il marchio di fabbrica di una Picchio. Rigore scientifico e creatività si incontrano per dar vita ad auto sempre più veloci, sicure e accattivanti; e le sperimentazioni tecniche testate sulle vetture da competizione vengono trasferite nelle auto della linea stradale.
In questa cornice il prossimo centenario dalla nascita di Giotto che abbiamo ben presentato su Autoprove.it, con la videointervista a Riccardo Della Ragione ed al Comitato che ha preso forma per le celebrazioni, deve assolutamente comprendere e mettere in risalto la storia della Picchio ed il rapporto straordinario di professionalità, visione ed amicizia che ha legato Picchio alla figura carismatica di Giotto. Non lo chiediamo noi, lo esige la storia e lo esige il tempo che è sempre doverosamente galantuomo con i galantuomini. E di certo Giotto Bizzarrini e l’Ingegner Francesco Di Pietrantonio sono certamente dei galantuomini.
Per questo Vi rimandiamo a breve alla visita ed al racconto – più dettagliato e partecipato dalla stessa Picchio ad Ancarano – di una pagina di storia di eccellenza del motorsport.
Riccardo Bellumori