Non è vero che nel settore europeo l’Automotive “LowCost” è scomparso.
L’informazione, o cosiddetta informazione di settore, è perfettamente rimasta a basso valore e basso costo. Ed anche la Politica, purtroppo. A Bruxelles regna sovrana la stupidità di classi dirigenti promosse come “galoppini” d’elite delle vecchie generazioni ormai impresentabili. Solito problema, in Europa.
Perché non ci si degna minimamente di capire e spiegare il “divenire” di un intero comparto commerciale (quello automobilistico) che vola a modalità “random” tipo pipistrello cercando di spalmarsi in faccia, al posto dei moscerini, quel po’ di straccio di informazione quotidiana che ancora viene “velinata” dai cosiddetti Centri Media, ormai diventati in gran parte Medi Centri, verso Stampa, cronisti ed opinionisti.
Due dei problemi più ricorrenti del settore Auto sono da un lato la tendenza “Carbon Copy” e dall’altra quella che io chiamo sindrome da “Piramid Bathroom”.
Di cosa si tratta?
La prima è la tendenza del settore cosiddetto manageriale all’atteggiamento tipico dei primati: nessuno fa o dice nulla se prima non lo ha fatto o detto qualcuno prima nel campo dello stesso argomento.
Una volta che questo “spin off” tuttavia avviene, l’onda di piena degli emulatori seriali crea uno “tsunami” di entità gigantesca, ridondando e ripetendo praticamente identici gli stessi concetti o le stesse “best practices”.
A quanto pare non esiste palliativo per questa patologia, anche perché da che mondo è mondo il settore auto è autoreferenziale: se sei mediocre ma abiti da tempo, anche per tradizioni di famiglia, il settore allora puoi entrare ed uscire dai diversi Marchi Costruttori come fossi dentro un circolo; ma se anche sei un ottimo venditore di frigoriferi al Polo Nord non sarai mai selezionato da nessun player di settore. Perché rimani un forestiero.
Ed allo stesso modo, in campo giornalistico, il primo bamba che si inventa uno slogan o un nesso di causa-effetto magari farlocco ma assolutamente strategico per salvare “capra e cavoli” (del tipo “l’elettrico è il male”) diventa un guru da emulare in ogni occasione mediatica. Anche se è evidente che certi slogan sono come il refrain del cornuto: è lei che lo ha lasciato perché fedifraganell’intimo, non perché è lui – proprio nell’intimo – ad avere problemini che non sa ammettere.
L’elettrico è la causa della crisi dell’Auto? No, ne è la “quarantena”
L’elettrico non crea la crisi del mondo Auto, ma la mette in quanrantena. La crisi del mondo Auto viene interrotta dall’elettrico prima che diventi una ecatombe di Assetper l’esplosione di ABS e derivati finanziari creati apposta per supportare un monte di credito sempre più farlocco e non più sostenuto dal sottostante di un parco usato circolante prossimo a valore da rottamazione per il combinato disposto della sostituzione e della obsolescenza programmata.
Detto in parole povere, a fronte di 1000 Dollari di valore auto acquistato, finanziariamente questo importo si moltiplica a 2.500 di circuito di credito acceso intorno all’acquisto di questi 1000 Dollari; ma a fronte di questi monte di debito in piedi, il controvalore a garanzia, cioè l’auto usata, sta crollando a valori che rappresentano percentuali decimali del debito acceso. E all’orizzonte si proietta il rischio “frana” se questo sistema dovesse – mai – prendere piede in economie in pieno avvio di motorizzazione di massa.
“VFG” e “Piramid Bathroom”, alla base del crack di sistema
Chi ha copiato e moltiplicato a macchinetta il controverso modello di acquisto a “VFG” andrebbe preso e messo su uno scooter da Delivery per la consegna delle Pizze, non certo messo a dirigere qualcosa: alla moltiplicazione esponenziale del modello di contratto di Eustace Wolfington si associa nel mondo dirigenziale Auto la sindrome “Piramid Bathrom” è invece il retaggio di un sistema organizzativo e decisionale che in campo Automotive è stato per decenni basato sulla gerarchia piramidale, che ha potenziato lo sfacelo del settore auto poco prima e poco dopo“Lehman Brothers”. “Piramid Water” si rappresenta più o meno così: nelle organizzazioni di sottopancia scalari nel mondo Automotive, fino al 2008 il sottoposto (subordinatamente ligio e totalmente passivo rispetto al suo diretto superiore) doveva sempre attendere che il suo capo uscisse dal gabinetto la mattina, con la mente sgombra, al fine di apprendere quali erano le decisioni, i comandi e gli obbiettivi che il “superiore” avrebbe poco dopo svelato ai sottoposti; il questo il problema era il fuso orario, visto che non è mai stato possibile sincronizzare i Gabinetti dell’una e l’altra parte del globo, il che ha comportato nel tempo “buchi” temporanei decisionali che in certi casi sono stati letali. Su questo, il “protocollo Elon” ha finito per convincere i Costruttori più veteropiramidali che i sottopancia sono perfetti per portare a fare i bisogni al cagnolino del capo; nulla più, mentre per sopravvivere al mondo globale i Marchi Auto hanno bisogno di organizzazioni “orizzontali”.
Il BEV è il male? Mai come il “VFG”
Se le fregnacce le spara Bruxelles (produrre solo auto EV dal 2035 come da Regulation EU 2023/851) e poi però la Commissione torna un passo indietro, i Media di settore ovviamente accusano le istituzioni europee di essere Border Layern.
Se le fregnacce le spara l’America (con l’ex Presidente Biden pronto a convertire – sue dichiarazioni dello scorso 2023 – l’industria auto Yankee a produrre almeno due terzi del nuovo con tecnologia BEV) il bipolarismo a stelle e strisce (in tutti i sensi) salva sempre la situazione consentendo sempre, allo stupido presidente di dopo, di argomentare quanto fosse persino più stupido il Presidente a lui precedente.
Anche se poi, a prescindere dal Partito politico di appartenenza, lo stupido di turno seduto in quel momento in sala ovale adotta come propri tutti i più stupidi provvedimenti dello stupido di prima (e perdonate se ritengo Ronald Reagan l’ultimo Presidente degli Stati Uniti degno di avere la “P” maiuscola dentro gli u.s.a. tutti in minuscolo):
un esempio didascalico è il veto dell’attuale Tycoon verso produzioni Automotive che “contengano” poco “Made in Usa” in confronto al “Made in Extra-Usa”.
L’“Inflation Reduction Act ” strombazzato da SuperTrump come provvedimento “pro-America” (circa 7.500 dollari per veicolo cumulabili con eventuali incentivi dei singoli stati) nasce infatti come strumento incentivante del comprare americano già alla fine del 2022 con Biden: infatti- in base alle nuove regole varate dal dipartimento del Tesoro il 1° dicembre 2023- a partire dal 1° gennaio 2024 i veicoli elettrici che contengono componenti della batteria fabbricati o assemblati da una Foreign Entity of Concern, FEOC (entità di proprietà o controllate dai governi di Cina, Russia, Iran, Corea del Nord) e, a partire dal 1° gennaio 2025, quelli nelle cui batterie sono presenti minerali critici utilizzati per fabbricarle provenienti da FEOC non possono beneficiare del credito d’imposta.
Protezionismo, o voglia di cancellare il mercato globale? Il caso “Dazi”
Le nuove regole sono state studiate per provare a separare la Supply chain delle batterie Usa dalla Cina, ed in questo senso gli USA stanno semplicemente svolgendo in Occidente il “lavoro sporco” che a breve rinnegherà il concetto di “Mercato globale” portando in campo il nuovo concetto di “blockchain” come nuova dimensione globale di interscambio sostitutiva di quella tradizionale definita dai “mercati” (territoriale, merceologico, finanziario, etc.).
Il motivo? Il motivo è che il modello espansivo dei consumi di stampo occidentale basato sul credito è esploso dal 2007, o meglio sarebbe imploso su se stesso se la trazione anteriore del credito a pioggia che aveva gonfiato una bolla di NPL in Occidente avesse attecchito anche nei mercati orientali. E dunque, ecco servito il Lockdown finanziario del 2008, cui ha fatto seguito quello logistico e commerciale globale di un semestre intero del 2020. Ma tutto questo oggi è stato sublimato dai Dazi.
Dopo decenni di continua espansione, nel 2009 la Repubblica popolare cinese ha superato gli Stati Uniti, diventando il primo mercato globale dell’automotive. Un primato che da allora è stato tenuto opportunamente a bada dalle politiche governative che tenendo a bada le attese di crescita dei consumi interni “a credito” ha sempre puntato sul potenziamento dell’Export.
Ed oggi, come previsto dal NEV Industry Development Plan 2021-2035 del Governo di Pechino, la corsa BEV dentro la Grande Muraglia procede spedita ma per la prima volta nella storia la Cina si guarda dietro le spalle, a casa: l’interesse a far crescere i consumi interni per il Governo di Pechino ha tre risvolti strategici: la volontà di aumentare il benessere e ridurre gli squilibri sociali, economici e culturali all’interno della nazione cinese dove (al di là della propaganda ora surrealmente di parte favorevole ora al contrario critica in modo becero) lo sviluppo di benessere e Welfare deve essere finanziato con l’aumento della ricchezza disponibile e la piena occupazione della popolazione anche in Cina; la prospettiva di un mercato “nazionale” (fatto da confini nazionali cinesi più il corredo dei partner commerciali e politici storici) che proietta un potenziale di quasi un miliardo di consumatori, la cui quota di persone in età lavorativa basterebbe per il prossimo quarto di secolo a coprire le esigenze occupazionali di tutto il tessuto industriale, agricolo e terziario interno; ed infine la esigenza di stimolare strategie e dinamiche “autarchiche” da parte del mondo imprenditoriale cinese che, in effetti, ha per il suo 70% lavorato da decenni con una prospettiva di solo export senza mai aver dialogato con i consumatori nazionali.
Il mercato interno cinese va oggi difeso e sviluppato, per evitare di dipendere dall’Export in un mondo che ha ripristinato i dazi solo perché non crede più nelle barriere doganali fisiche e nei contingentamenti, ma cammina spedito verso la costruzione di muri crypto(questi si, piramidali o forse più facilmente a matrice) in cui le varie Blockchain aziendali distinte saranno inserite in un contesto di “Distretto” o di “Oggetto” per poi confluire ed essere affini a modelli Blockchain nazionali o continentali. E ciascuna dimensione nazionale o continentale, in tema di auto, adotterà o sviluppera’ le piattaforme culturali o tecniche più affini, congeniali o convenienti in rapporto a vocazione, assetto socio-industriale e preferenza del bacino di consumatori e stakeholder interessati e coinvolti.
Per questo la Cina andrà spedita verso elettrificazione di massa come avverrà per India, Africa, Asia, e forse Giappone, sebbene per questa ultima dimensione si prospetta un boom dei sistemi di Range Extender ibridi cioè motorizzati.
La vocazione europea e americana resterà invece ancorata fedelmente alla diffusione maggioritaria dell’endotermico per diverso tempo a venire. Le motivazioni sono talmente ovvie, razionali e conseguenti che mi imbarazza elencarle di nuovo a ci eventualmente non avesse compreso ancora di cosa parliamo.
Il fatto che una fetta di usato sempre meno fruibile e fungibile verrà convertito attraverso, ancora, RangeExtender ibridi oppure con Kit Retrofit 100% elettrici aftermarket non cambia la sostanza.
E allo stesso modo la diffusione delle BEV popolari provenienti da produzioni prevedibilmente su licenza su territorio europeo sarà un fenomeno che, a regime non prima di dieci anni a partire da oggi, dovrà coprire prima la domanda crescente in Africa.

L’elettrico europeo? Come diciamo da mesi, è quello ottimo per l’Africa
Ovviamente, questa a venire è la terza fase della transizione cinese verso la motorizzazione di massa: la prima fase fu da mezzo secolo a trenta anni fa con le licenze di Costruttori europei e giapponesi; la seconda è dal 2001 con la scelta governativa di puntare sull’elettrico. La terza attuale è continuare con la seconda fase ma riducendo il peso delle Joint Ventures con i Costruttori stranieri per non condividere più i vantaggi dopo – oggettivamente – aver ampiamente spremuto il limone soprattutto di tedeschi e giapponesi all’inizio della rivoluzione elettrica globale.
La rapida chiusura da parte cinese di una parentesi storica ed imprenditoriale legata alle J.V. (argomento che nessuno ha la forza di mettere in chiaro per evitare pregiudizi mediatici e finanziari avversi ai Brand europei) pesa parecchio.
E c’è da chiedersi, volendo essere occidentali eruditi, quanto l’allarme dazi sollevato da Trump non sia in realtà un duro e pesante ritorno alla ragione di un mondo dove alternativamente ai diversi blocchi continentali oggi mancano totalmente – a causa dell’abitudine all’import più conveniente da altre aree – intere fette di Know How industriale necessarie alla vita moderna. Tanto per fare un esempio in Europa manca la traccia di una industria elettronica concorrente a quella asiatica e giapponese. Obbligare i diversi continenti commerciali a tornare ad un po’ di autarchia è forse un passo obbligato per evitare il corto circuito che inesorabilmente arriverà se, e quando, il rischio di conflitto e di chiusura degli spazi commerciali sarà reale e non più ipotesi.
Se parliamo di BEV, per i cinesi l’acquisto di una fullelectric ormai parla autoctono: BYD, GAC, Xiaomi, Baidu, Huawei, Dongfeng sono ormai il “Prime time” nell’acquisto, e così gli europei per restare ancorati nel territorio cinese hanno ripiegato sulla attivazione di J.V. con operatori definibili “minori” (vedi la sempre più rintronata Volkswagen con Xpeng) che tuttavia costano un occhio della testa in termini di acquisto di pacchetti azionari.
Sempre Volkswagen dimostra l’inversione di polarità commerciale e storica in Cina con la prospettiva di acquisto a pagamento delle licenze di servizi tecnologici di Xpeng, mentre in passato avveniva il contrario con i Player cinesi che pagavano per usare service e Know How europeo.
Ma se pensate che alla fine del 2023 in Cina erano immatricolati complessivamente quasi 19 milioni di EV “puri” (separando questa categoria dalla massa oceanica di Hybrid che coprono il resto della categoria “NEV” nelle statistiche cinesi), capite bene come ormai la fase della espansione europea ed occidentale in Cina sia finita, e come si sia prossimi al cambio copernicano dell’arrivo in Europa di catene di montaggio cinesi. Non per gli europei, si badi bene: ma per l’Africa cui far arrivare auto sul territorio senza più movimentare i giganteschi e costosi Cargo navali ma esportando dal continente europeo dirimpettaio del Nord Africa.
C’è ancora una massa di domanda potenziale interna da soddisfare, da parte di solo 94 Marchi che producono complessivamente circa 300 modelli Full electric diversi per il mercato interno: ma la fotografia appena fatta può cambiare tra un minuto, a partire dai sempre nuovi Marchi e sottomarchi che ogni Gruppo cinese sta partorendo e che prima o poi supermoltiplicherà la produzione di “small Vehicles” (più che di auto LowCost, concetto che il Cina ha poco senso) destinati ovviamente a fare le valigie con tutta la loro catena di montaggio per diventare le nuove produzioni su licenza in Europa.
Grazie, Bruxelles: che ci obblighi alle BEV ma ci tagli i modelli continentali
Tra l’altro la produzione su licenza in Europa risolverà un altro problema taciuto a livello globale: i Costruttori cinesi stanno facendo i conti con una esplosione dei costi logistici di imbarco, trasporto e movimentazione di un volume di auto esportate che è decuplicato in meno di un decennio: da 400.000 auto esportate nel 2015 siamo arrivati a 4 milioni nel 2023 e le proiezioni parlano di 5 milioni a brevissimo e di richieste potenziali per circa otto milioni entro un lustro. Per non morire di dazi e shipping (dato che la Cina non fa uso di compagnie estere ma si basa sul suo solo prodotto navale cargo) la unica via percorribile è cedere su licenza ad Europei e poi in futuro ad altri le produzioni secondarie nei paesi di origine.
E se questo è possibile è per il combinato disposto dalla idiozia della Commissione UE a guida Border Layern: somma insieme lo stop all’endotermico nel 2035 (potenziale), l’effetto multe CO2 in tre anni (reale), i vincoli di Euro 7 e New BER (2026/2028), e adesso dividi per lo “ZERO” di flotte e Gamma BEV native europee. La soluzione è l’Import e l’impianto di catene di montaggio direttamente dalla Cina. Semplice.
Ma per ammortizzare le catene di montaggio impiantate in Europa attraverso licenze e Joint Ventures cinesi basteranno i consumi omeopatici di elettriche nel mercato del Vecchio Continente? No, ovvio. Ecco perché si aprono le porte del più grande mercato unito a livello mondiale dal 2035 in poi. L’Africa. Cosa c’è di buono? Che con le licenze cinesi l’Europa coprirà l’emorragia occupazionale conclamata e peggiorata della Signora Border Layern, visto che l’ipotesi di trasformazione delle Industrie auto in industrie belliche auspicata dalla Signora WAR Der Layern è finita in barzelletta: un tentativo ridicolo per parlare alla Comunità finanziaria da parte della Signora BOND DerLayern dopo le statistiche che danno l’interesse degli investitori per le Obbligazioni “Green “europee in caduta libera. E niente, siamo vittime consapevoli del pensiero “Low Cost” dell’Europa che conta.
Riccardo Bellumori