Non ci crederete, ma me lo sentivo: dopo tanto chiacchiericcio su “Carbon Zero”, “Carbon Footprint”, “Decarbonization”, il mio sentore mi aveva dato gli imput giusti.
Sarebbe arrivato il tempo in cui, come prevedevo, Bruxelles avrebbe ampliato il suo raggio di azione coercitiva anche su, nell’ordine:
-Carta Carbone;
-Bicarbonato;
-Carbone della Befana;
–Pasta alla Carbonara;
-Carboncini da disegno;
-Luca Carboni;
-Fibra di Carbonio.
Il mio dubbio era, in ultima analisi, dove avrebbe esercitato la propria mannaia l’Istituzione sovrana della UE per la prima mossa.
Ma soprattutto, tra Parlamento, Commissione e Consiglio mi domandavo chi sarebbe stato il prossimo protagonista di una ennesima esternazione di follia inquisitoria ed iconoclasta. Francamente, la fibra di carbonio è stata una sorpresa anche per le mie personali proiezioni, ed analogamente il comprendere che di decisioni allucinanti si rendeva protagonista anche il Parlamento è stata una sorpresa amara.
Tuttavia, per questa pervicace tensione iconoclasta delle istituzioni europee contro tutto quello che si richiama alle auto, devo per forza esplicitare una vera e propria sindrome di ribellione verso una strategia ed una mentalità che in un primo momento ho rubricato nella prerogativa della incompetenza, poi in quella della idiosincrasia istituzionale verso un intero comparto industriale; per poi convincermi negli ultimi tempi che questa tempesta perfetta, tutto questa pioggia di bibliche pietre contro il comparto auto europeo rasenta l’inquisizione ossessiva e in malafede tipica nella storia europea di chi nella ostentazione di valori positivi a causa dei quali si pone nella posizione di demolire uno status quo, in realtà intende demolire di quello stesso status quo solo i valori canonicamente positivi per immettere nel sistema gli enzimi idonei a distruggere un intero ecosistema, così da generare il caos.
Ed è quello per cui io vorrei esistesse nell’Unione Europea un procedimento di “enpeachment” di questa Commissione europea, ed un modello maneggiabile dagli elettori per spezzare anticipatamente una legislatura e mandare tutti a casa.
Ma temo che non sia previsto un provvedimento del genere. Questa classe istituzionale e politica sta portando l’Europa nel baratro del nichilismo, e non può essere un caso. Ci deve essere per forza un Grande Fratello che sta portando l’Unione al collasso ed alla frattura.
Non può essere un caso tutto questo, soprattutto contro un comparto industriale che comprende non solo il mero settore “Automotive” ma contemporaneamente un’intera industria manifatturiera, meccanica e motoristica continentale.
Perché quando Bruxelles mette i paletti su un settore industriale specifico, tutte le diramazioni commerciali e tecniche di quel settore finiscono per desertificarsi.
Colpisci gli endotermici sulle auto? Contemporaneamente dai un colpo di zappa sugli stinchi di una filiera che contemporaneamente aggiorna, sviluppa, ottimizza gli endotermici per le decine di utilizzi complementari al mondo auto; lasci che il comparto del Gas naturale esploda con escalation di prezzi inenarrabili? Bene, devi sapere che il taglio di approvigionamento alla pompa si declinerà nella scomparsa di intere filiere accessorie a questo tipo di alimentazione, e lo stesso dicasi del Gasolio.
Ma, davvero, la follia iconoclasta contro la fibra di carbonio no, questa non Ve la faremo passare. E spero che la pagherete cara, là a Bruxelles., se darete corpo a queste allucinazioni giuridiche vicine alla farneticazione ed alla bestemmia.
Materiali come piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente sono da tempo classificati come pericolosi dall’Unione Europea. Nonostante ciò, sono ancora ammessi nel settore automobilistico grazie a deroghe che non si applicano ad altri beni di consumo.
Ora, però, un altro materiale potrebbe essere vietato nelle auto europee: la fibra di carbonio.
Secondo un nuovo rapporto, il Parlamento europeo, responsabile delle leggi dell’Unione, ha recentemente concluso una bozza di revisione della direttiva sui veicoli fuori uso (ELV), che regolamenta la demolizione e il riciclaggio dei veicoli e mira a renderli più ecologici.
In essa, per la prima volta al mondo, la fibra di carbonio viene classificata come materiale nocivo.
Fermiamoci un momento qui: rendere più ecologici i veicoli è una prerogativa proprio della fibra di carbonio: non corrode e non arruginisce come l’acciaio, ha un rapporto peso/rigidità che permette un utilizzo ponderale di materiale frazionario rispetto a quello di metalli e plastiche tradizionali, ha una base decisamente biocompatibile come il carbonio; è per sua natura antimagnetica e decisamente termoisolante più del metallo.
Dal lato della “demolizione e riciclaggio” della fibra di carbonio, vale la considerazione che la fibra di carbonio è purtroppo una fibra elitaria dato il suo costo (finchè almeno non sarà sviluppato un protocollo produttivo da tempo allo studio di fibra di carbonio a basso costo di produzione) e dunque non è una riflessione sciocca ritenere che le auto che la adottano sono auto che più che a processi di alienazione, demolizione e distruzione sono soggette alla procrastinazione di vita nel mondo del collezionismo e dell’amatorietà.
Dal lato del riciclaggio, infine, è pur vero che si è sottoposta un poco tardi la fibra di carbonio a studi e sperimentazioni su prassi e benchmark di riciclo e riutilizzo industriale dei manufatti obsoleti o dismessi, ma teniamo anche conto che nella agenda temporale dei materiali per il comparto Automotive il carbonio è un elemento strutturale che l’industria ha cominciato a diffondere da non più di trenta anni e per volumi davvero ancora contenuti.
Va detto però che su questo tema Bruxelles più che applicare tagliole dovrebbe aprire i cordoni di borsa e favorire la ricerca: è noto a pochi ma importante il lavoro svolto da Università di Bologna, Hera Ambiente e Curti Spa sul recupero e riciclo di scarti derivanti dalla lavorazione della fibra, con l’obbiettivo di recupero e rigenerazione di gran parte della fibra rigenerata.
Oltre tutto questo l’anzianità industriale della fibra di carbonio (che nel settore Automotive sportivo tocca appena i quaranta anni ma nel settore stradale si è affermata non più di un quarto di secolo fa) delegittima ogni azione avversa nel breve termine, quando cioè ancora non si saranno raggiunti cicli di vita ed obsolescenza idonei a valutare con obbiettività il degrado strutturale e biologico della fibra.
Secondo le stime della società di ricerca statunitense RootsAnalysis, il mercato mondiale della fibra di carbonio, che nel 2024 valeva 5,48 miliardi di dollari, dovrebbe crescere annualmente a un tasso medio dell’11% fino a raggiungere 17,08 miliardi di dollari entro il 2035. Attualmente, le automobili rappresentano dal 10% al 20% di tutte le applicazioni, secondo il rapporto di NikkeiAsia; ma in una ottica di risparmio energetico e di miglioramento qualitativo del prodotto auto europeo, il maggior costo di realizzazione della fibra di carbonio in termini di approvigionamento, lavorazione e trasformazione in manufatto rispetto ad altra materia prima è ampiamente remunerato da:
– facilità e molteplicità di modellazione tridimensionale, prerogativa che permette di dominare i vettori di forza e spinta dosando e orientando i diversi strati di fibra sulla struttura dell’auto; oltre a questo permettendo una perfetta integrazione di esigenze strutturali con quelle aerodinamiche e stilistiche volute;
– Modularità estrema che permette l’integrazione tra componenti strutturali in carbonio tra più modelli e Gamme mediante sovrapposizione, estensione, sovrapposizione di superfici e volumi complessi al fine di ottenere da un numero di “stampi” ridotto all’estremo una serie di composizioni che possono dare vita a manufatti diversi;
– Leggerezza e razionalità manifatturiera del composito che consente risparmio di materiale, peso e dispendio energetico del mezzo costruito; questo benchè come detto la costruzione di manufatti in fibra di carbonio sia molto più difficile e costosa dei metalli classici. I vantaggi sono anche prospettici: il peso aggiuntivo dei veicoli elettrici rispetto a quelli a motore ICE è dovuto al fatto che devono trasportare un grosso pacco batterie, solitamente sul pavimento.
Perché l’UE considera questo materiale pericoloso? Perché quando la fibra di carbonio, legata alla resina, viene smaltita, i filamenti possono diffondersi nell’aria, causando cortocircuiti nei macchinari e, soprattutto, dolore negli esseri umani se entrano in contatto con la pelle e le mucose. Insomma, un enorme caso Eternit che si aggira per l’Europa? Ma che fesseria. E’ stato dichiarato che le fibre di carbonio a base di “PAN” non sono nocive per la salute. Si tratta solo di prevenire la distruzione o lo smaltimento che provochi la dispersione nell’ambiente di particelle di carbonio che se inalate possono essere irritanti. Dov’è la eccezionalità? Le particelle di materiale di attrito di freni e frizioni, il particolato degli pneumatici, persino la polvere di cemento di lavorazioni edili o lo sfrido di lavori di giardinaggio per le persone allergiche: tutto questo e molto altro se inalato provoca irritazione; il segreto sta nella informazione, nella dotazione di sicurezza e nei protocolli rigorosi di operatività.
Come sottolinea Nikkei Asia, il 50% del volume di consumo e produzione di manufatti e semilavorati in fibra di carbonio per uso Automotive si trova in Europa: serve dire altro?
Il fatto che se questo divieto dovesse essere confermato in Europa non entrerà in vigore prima del 2029 non consola: fino ad allora assisteremo ad una dismissione delle tecniche di utilizzo del Carbonio e ad una disperata ricerca di nuove lavorazioni che – ulteriore beffa – erano patrimonio dell’Europa prima del consolidamento di lavorazioni con fibra.
Vero è che il consumo energetico e le emissioni di gas serra (GHG) per la produzione di fibra di carbonio sono elevati rispetto all’acciaio e alla fibra di vetro.
L’impronta di carbonio di ogni chilogrammo di fibra di carbonio può variare da 24,4 a 31,0 kg di CO2/kg.
L’intensità energetica della produzione di fibra di carbonio può variare da 2,1 a 132,8 kWh per kg.
Ma va ricordato che nell’automotive le uniche alternative industriali alla fibra di carbonio sono solo tre concrete ed una solo al momento onirica, una più costosa dell’altra:
-a) Il ritorno ad acciaio, alluminio, magnesio, titanio per surrogare rigidità e leggerezza del carbonio, con i relativi costi di approvvigionamento e modellazione/trasformazione;
-b) La conversione produttiva e la convergenza in sostituzione del Carbonio con Kevlar, Nomex ed altri compositi persino più costosi del carbonio stesso;
-c) La applicazione diffusa di materiali plastici in via di definizione e sintesi chimica ed industriale, con tuttavia problemi analoghi come per il punto b di maggior dispendio energetico e finanziario per la produzione, maggior impatto ambientale delle lavorazioni ed identiche incognite di riciclo a fine vita. E poi, per ridurre l’impronta di carbonio della produzione di fibra di carbonio, i ricercatori stanno esplorando metodi per:
Utilizzare la CO2 atmosferica come fonte di carbonio
Recuperare e ricircolare il calore
Utilizzare bruciatori elettrici
Ridurre il flusso d’aria
Bella idea, bel colpo di genio, illustri europarlamentari della Domenica.
Riccardo Bellumori