Ferrari Testarossa: storia della più veloce del mondo

Concedetemi due licenze poetiche ed una amara considerazione: prima licenza poetica, se devo datarla, la classifico nel 1985 pieno. 

Perché le realizzazioni del Cavallino non le puoi radunare in uno stesso anno, devi per forza parcellizzarle come nelle collezioni d’Arte; e dunque il 1984 va dedicato all’opera scultorea unica “288 GTO” mentre “Lei” va diretta nel 1985. 

Inoltre per come si è presentata, con le sue linee estreme, potevi datarla già nel futuro piuttosto che nella contemporaneità. Infine, diciamolo: all’atto del suo esordio fu talmente un boom di mercato da ricevere un fiume di prenotazioni, ed onestamente dubito che i primi fortunati possessori l’abbiano potuta materialmente ordinare e guidare prima del 1985.

 

Seconda licenza artistica e poetica: fatemela sempre chiamare con il suo nome anticipato dal suffisso “512”; vero che i puristi del Marchio di Maranello si scocciano, ma nel tributarle onore e ammirazione non posso dimenticare che la sua “cellula” generatrice deriva da un’altra scultura nata dalla matita magica di un nome al quale, insieme a quello di Gandini e Scaglione, io sono affezionato. 

 

Ed è il nome di Leonardo Fioravanti, il geniale Designer che presso Pininfarina ha disegnato la “BB 365” prima e la “512 BB” successivamente adeguando le linee strepitose della prima all’aumento di cubatura voluto da Ferrari per la 512.

La linea della “BB” è qualcosa che fa venire voglia di entrare dentro una foto e da là sedersi dentro all’abitacolo e correre; “BB” celebra davvero il paradigma stradale della sportività Made in Maranello. Ed anche su questo potrò elencare la serie di commenti sdegnati di tanti appassionati. 

Pazienza, il mondo – anche nell’auto – è bello perché vario, la cosa importante è saper motivare le proprie preferenze.

La recriminazione: per una svista od una palese superficialità, Ferrari ha perso fino ad oggi il diritto di ridenominare una sua creatura con questo nome leggendario, perché a metà anni ’90, uscita di proeduzione, una Agenzia operativa nel brevetto seriale di nomi e loghi ha registrato a proprio utilizzo e diritto il titolo di sfruttamento sul mercato automobilistico della parola.

TestaRossa: il mito rinasce

Operazione Heritage svolta in modo magistrale dalla Ferrari, tra il 1984 ed il 1985: riprendere i due nomi che, insieme a quello “Dino” hanno segnato la storia delle Gran Turismo e delle barchette prototipo del Cavallino.

E così come la “288 GTO” si riallacciava all’epopea della mitica berlinetta del 1962, così la chiusura del cerchio simbolico e storico avveniva con la “Testarossa” che recuperava il nome della famigerata “250” di fine anni Cinquanta.

L’operazione commerciale del 1985 tuttavia apre le porte in Ferrari ad una sorta di piccola rivoluzione copernicana.

Mentre la “288 GTO” proietta alla sua attualità lo spirito corsaiolo della “GTO” del 1962, la “512 Testarossa” non si sposa idealmente con la sinuosa ma feroce barchetta da corsa che ne è antenata. Anzi, la “512 Testarossa” pare strizzare l’occhio molto meno, dentro la Gamma Ferrari, al pilota Gentleman od allo sportivo puro orientato alle competizioni in veste privata.

Parliamo subito di questa caratteristica particolare dentro la natura ed il profilo della Testarossa, in evidente contrapposizione con il resto di Gamma a due posti e motore posteriore centrale. Ricordiamo che in quella metà degli anni ’80 la promozione mediatica della Ferrari non era più soltanto radicata nelle competizioni ma anche nel concetto di “status Symbol”, sebbene in questo forse la svolta di immagine appartenga più all’Ufficio Marketing di Corso Marconi nella triangolazione con Ferrari e Pininfarina concasa Fiat che non alla diretta ispirazione della cultura ancora piacevolmente ruspante del Cavallino “factory”.

A parte le importanti sinergie industriali tra Ferrari, Fiat e Lancia nella realizzazione della “Lc2”, della “Thema Ferrari” e della ormai prossima “Delta S4”, se Maranello aveva destinato – anche obtorto collo – ad una visibilità televisiva mai vista prima la presenza della serie “GTB/GTS” in diverse occasioni; e se, caso davvero raro nella storia Ferrari, il Merchandising era diventato predominante anche a casa del Drake con quella memorabile linea “Ferrari Formula” quasi sintomatica della “ingerenza” di Mirafiori nelle strategie di comunicazione ortodosse di casa Ferrari; beh, tutto questo non poteva esentare anche un effetto sulla produzione di serie del Cavallino la cui Gamma di metà anni ’80 aveva un curioso equilibrio mai registrato prima: se la serie “GTB/GTS” di 208 Turbo e 308 Quattrovalvole rappresentava la simmetria targata di modelli serenamente omologabili per le Gare di Velocità su strada e per i Rallyes (tanto è vero che fino a pochi mesi prima della uscita pubblica della Testarossa la “308 GTB” si faceva ancora ammirare attraverso ottimi exploit nei Rallyes), arrivava in parallelo la “Mondial 8” 2+2; ed al Top di Gamma alla “288 GTO” si contrapponeva la “400 i” ed appunto la “Testarossa” che esprimevano prerogative meno “pistaiole “ e più di rappresentanza.

A quell’epoca “9 Settimane e ½” e le serie Tv americane esaltavano la capacità speculativa degli “Yuppies” e l’avvento tecnologico dell’Informatica e della copertura satellitare delle comunicazioni; gli indici di Borsa sovrintendevano ogni strategia industriale e la contrapposizione tra “Orso” e “Toro” teneva il mondo con il fiato sospeso; ma era anche quello il periodo degli Smoking e degli eventi mondani, dei gran Gala della Moda nelle Capitali europee. 

L’Italia in questo senso guidava come immagine e lustro tutto il mondo, ed era l’amabasciatrice del “bello” nell’industria, ma in tutto questo panorama “pecunia non olet” ed indubbiamente il Management di Corso Marconi aveva individuato una ricchissima nicchia di potenziali acquirenti che  – di sicuro – di fronte ad una realizzazione del Cavallino votata ad un mix ben ripartito di lusso, sportività, glamour ed aristocrazia come la “Testarossa” avrebbero facilmente rifiutato Chevrolet Corvette, Porsche 928/968 ed Aston Martin tanto per fare alcuni nomi.

Per spiegare dove e come Ferrari e Pininfarina si sono diretti per conferire alla “Testarossa” lusso, sportività, glamour ed aristocrazia dobbiamo partire dalla sua “cellula” originaria: quella della “BB 512” che proviamo didascalicamente a confrontare con la sua succedanea.

Nel 1973 la Gamma stradale della Ferrari porta una novità importante: a sostituire la Daytona 365 GTB/4 arriva la “BB 365 GT/4 che mette in posizione posteriore centrale il famoso V piatto a 180° che sulla Daytona era anteriore; e che, ricordiamo, da 4,4 litri arriverà a quasi 5000 cc. 

La linea mozzafiato è opera di Leonardo Fioravanti, e porta dentro casa Ferrari i concetti tipici di Pininfarina: linea moderna e sportiva, frontale lungo ed a cuneo, coda compatta e piatta alla parte posteriore. La particolarità è nei due maxi “gusci” longitudinali di carrozzeria davanti e dietro che completano e raccordano visivamente la cellula centrale e che coprono due parti di telaio tubolare a traliccio, con il guscio anteriore incernierato sul fronte del telaietto anteriore e quello posteriore che si apre secondo una linea di cerniera posta alla cornice della parte posteriore finale del tetto. Proprio la cellula abitacolo centrale, il tetto ed il taglio dei cristalli laterali (sia quello del finestrino abbassabile sia quello minore posto dietro il montante centrale della portiera) insieme al parabrezza sono praticamente invariati tra “512 BB” e “512 Testarossa”; questo salvo il diverso profilo dell’attaccatura del cristallo laterale posteriore con il guscio coprimotore. 

Ed ecco perché, preso da un entusiasmo e da un affetto originario per la “BB” non posso che esaltarla nell’accoppiarne la radice strutturale alla linea stravolgente della “Testarossa” che vede sempre e comunque la mano di Pininfarina.

E dove, se posso elencare le mie impressioni, hanno distribuito sapientemente i requisiti di:

lusso, sportività, glamour ed aristocrazia tecnologica i maghi di Maranello e di Pininfarina?

IL DESIGN UNICO

Proviamo a fare un “walk-around” della Testarossa avendo bene in mente l’originaria “BB”:

l’aristocrazia tecnologica è chiaramente nel cuore “Boxer” (anche se si tratta sempre di un V di 180°) da quasi 5000 cc. che  – grazie alle quattro valvole per cilindro e la sontuosa iniezione elettronica Bosch aggiornata ed evoluta rispetto alla ultima serie “BB” – sviluppa ben 390 Cv ed è il motore più potente al mondo montato su un’auto di serie a quel tempo; ma offre una coppia che risulta più corposa ed utilizzabile a regimi inferiori rispetto alla “BB”.

Allo stesso modo direi che il taglio della fanaleria posteriore ed anteriore (“Big Sized” quella dietro e di forma rettangolare come nelle Ammiraglie invece che tradizionale con i doppi fari circolari; ugualmente regale la disposizione dei doppi fari tondi in ciascuno dei due moduli anteriori a scomparsa, che una volta alzati fanno il paio con la bellissima disposizione della fanaleria ai lati della griglia frontale) è disegnato apposta per regalare alla “Testarossa” un “Upgrade” del carattere di lusso che raramente si era mai visto prima in una Berlinetta Granturismo a motore posteriore centrale.

 

Il Lusso è evidentemente incastonato nella selleria in pelle e nelle tappezzerie dell’abitacolo, nel “dashboard” più opulento e meno “agonistico” ed essenziale della “BB” (sebbene la secolare contestazione di alcuni appassionati che criticarono la presenza di strumentazione e pulsantiere derivate dalla produzione di serie “popolare” di Fiat e Lancia.

Il “Glamour” si rispecchia ovviamente nel marchio del Cavallino, nella sigla evocativa “Testarossa” ma soprattutto nella intersezione stilistica operata dalla Pininfarina che invece che optare per un frontale a cuneo fendente sceglie un fascione perimetrale che incornicia l’anteriore fino alle ruote sterzanti costituendo quasi il “copriradiatore” lavorato ed imponente che avvicina nel suo sviluppo la “Testarossa” al profilo contemporaneamente “Executive” e di rappresentanza delle più prestigiose Ammiraglie, Cruiser, Coupè e Limousine tedesche e britanniche,

Inutile che io Vi ricordi dove si condensava l’anima sportiva della “Testarossa”: ovviamente nella altezza da terra minimale, nella impronta trasversale della generosa larghezza e nel profilo delle superfici dei battistrada; nei Cerchi a stella e gallettone di serraggio centrale; ma soprattutto nelle fiancate innervate e convesse posteriormente e nella griglia posteriore coprifanali. 

Soprattutto l’intuizione delle fiancate della “Testarossa” simboleggiava con il profilo dinamico e soprattutto con le prese d’aria davanti alle ruote posteriori il richiamo evocativo della Formula Uno, attirando sulla nuova Gran Turismo allo stesso tempo l’ammirazione di una gran parte dei suoi cultori ma anche qualche critica per essere un po’ troppo vistosa ed eccessiva. Inevitabile, come per ogni prodotto rivoluzionario, la contrapposizione.

Ma se c’è una cosa che rende davvero onore alla genialità della “Testarossa” ed al lavoro di Pininfarina è di sicuro un “benchmark” di confronto delle misure fondamentali di questa con la “BB 512”, per dimostrare come sono stati straordinari i responsabili di progetto e di prodotto nel rendere praticamente stravolto ed irriconoscibile apparentemente il risultato finale della “Testarossa” rispetto alla sua progenitrice.

“BB 512” e “Testarossa” coincidono nel passo (2,50 mt. Ciascuna), e “quasi” nelle carreggiate rispettive; mentre le altezze differiscono di un solo centimetro in più sulla “Testarossa” rispetto alla “BB”. 

La differenza vera è in due peculiarità: il posizionamento in altezza del motore sulla Testarossa risulta maggiore, insomma più alto, rispetto alla “BB”; motivo questo che unito ad una maggiore “morbidezza” delle sospensioni rispetto alla precedente, porta la nuova Ammiraglia berlinetta ad essere meno a suo agio in pista; e la differenza è anche nel rapporto tra misure fondamentali longitudinali e trasversali e dunque nel maggiore effetto “avvolgente” della carenatura della “Testarossa”. 

Vediamo perché:

rispetto alla larghezza massima la “Testarossa” prima serie del 1984/1986 (dunque con un solo specchietto retrovisore laterale) offre ben quindici centimetri in più di misura laterale rispetto alla “BB” dovuti certo alla sporgenza del singolo specchietto ma anche alla maggiore “rotondità” dei volumi di coda e delle fiancate; sotto l’aspetto della lunghezza massima rispetto al medesimo interasse la “Testarossa” misura solo nove centimetri in più della “BB”; ma solo se si mettono a confronto le immagini di vista laterale delle due berlinette si può capire che al di là della suggestione visiva il frontale ed il posteriore della prima non sono più cubati, estesi o volumetrici rispetto alla “BB”; ma se al contrario ci si dispone ad osservare le due vetture senza confrontarle, davvero la prima sensazione che ispirano entrambe è di essere due creature che non hanno nulla in comune. 

Anche questa, se vogliamo, è una prerogativa magica che contraddistingue il vero miracolo ordinario che si era in grado di fare sempre e comunque in casa Ferrari o al tavolo da disegno della Pininfarina. 

Riccardo Bellumori

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