Autodemolitori e Rigeneratori: la Supply Chain Automotive che nessuno rivaluta

Il segno concreto che nel mondo dell’Auto le cose non vanno più allo stesso modo lo possono vedere solo “gli addetti ai lavori” del comparto Aftersales: in particolare il cambiamento è radicale agli occhi di chi, “sfogliando” sullo schermo del loro PC l’assortimento di parti di Ricambio registrate e catalogate (tra parti Originali, primo Equipaggiamento ed analoghe, corrispondenti, etc..), si rendono subito conto che l’elenco variegato che cominciò di colpo ad allungarsi in calce ad ogni componente da inizio anni 2000 – anche e soprattutto per l’espansione degli “ERP” di gestione Magazzino a supporto dell’assortimento dei Distributori e del “Gross Market” – comincia a “sfoltirsi” in associazione con l’elenco di componenti delle auto di ultimissima uscita. Ed in molti casi Ricambisti ed Autoriparatori stanno verificando che parecchie vecchie diciture e codificazioni Ricambio sono ormai irreperibili perché esaurite o non più presenti: tanto è vero che si moltiplicano spontanee coalizioni di ricambisti che mettono in comune sempre più spesso assortimenti di magazzino nell’auspicio di reperire quelle referenze che ormai i Distributori non hanno più in catalogo.

Perché questa premessa? Perché la base dell’Industria dell’Auto, intesa come materia prima, nuove produzioni e giacenze, sta per raschiare il barile: dapprima il taglio delle catene di Supply internazionale (pensiamo alle disponibilità del mercato inglese compromesse dalla Brexit o la filiera del ricambio aftermarket asiatico cambiata per sempre dopo il Lockdown) e poi la deriva elettrica hanno tagliato via in modo drastico e prematuro una serie di disponibilità di componenti e di “kit” che erano in disponibilità nei magazzini. 

Complice anche, in chiave italiana, la rincorsa di diversi Ricambisti alla vendita Ricambio di “Marca” in affiliazione con la Rete colabrodo dei Dealers; e la ricerca fino al 2020 di paradigmi canonici ma poco gestibili (un magazzino “leggero”, un modello logistico “Just in Time” ed una Supply pesantemente indirizzata al Drop-Shipping con ricerca estenuante e continua sul Web di componenti mancanti in Magazzino) che hanno finito per aumentare i costi di approvvigionamento e circolazione dei ricambi.

Si è soliti ridurre tutto alla data di inizio del Lockdown del 2020: ma quella in verità  non fu la data di inizio della siccità occidentale in materia di Supply Chain, ma fu quantomeno la data di “fine” di un ciclo spropositato di subfornitura verso l’Export da parte del monopolista divenuto tale nella filiera automotive globale: il polo cinese.

Verso la Supply “a chilometro Zero”: ma quanto costa!

Quello che dal 2020 si è invece materializzato nell’intermediazione delle parti di ricambio è un lento recupero della parte “OEM” cioè originale, ma questa è solo la facciata “pubblica” del sistema. In verità è aumentata la quota fatturata di intermediazione di componenti originali legata ai Costruttori originali per tre motivi: 1) una riduzione sensibile dei prezzi medi operati sul Distributore e ricambista (oppure, vedetela anche così, un aumento della soglia di sconto operato) da parte della filiera OEM

2) il taglio di diverse figure intermedie di distribuzione verso il ricambista finale (con gli Agenti di vendita del Produttore OEM indirizzati direttamente alla conclusione di affari con i dettaglianti e le officine);

3)l’aumento di commercio ed attività di autoriparazione “allblack” che si è volutamente lasciato alla carità cristiana dei controllori sul territorio al fine di lasciar respirare la componente più precaria del mondo Aftersales da alcuni anni a questa parte: gli autodemolitori che non ricevono più la mole di rottamazioni che derivava da un mercato auto in salute ed in pieno rinnovamento, e le micro-officine che nel pieno di una crisi socioeconomica epocale del paese danno lavoro ad almeno cinquecentomila anime che in caso contrario sarebbero a libro paga Inps come disoccupati. 

E non solo: Vi siete semplicemente imbattuti in titoli di giornali che parlano dell’aumento di furti parziali su automobili oppure siete consapevoli che i furti su commessa di parti di ricambio sono davvero in ripresa?

Meno nuove, più “OEM”, più vecchie, rischio “all black”. Nuovi paradigmi Aftersales

Europa ed Italia in specifico, hanno ormai volumi di produzione del “nuovo” dove il parco Auto invecchia sempre più con il problema che la sua maggioranza è composta da auto ultradecennali con una conseguente quota di sempre maggiore “fuori magazzino” per quel che riguarda il vincolo di disponibilità di ricambi che il Costruttore deve poter garantire dopo la fine del ciclo industriale del mezzo. A poco servono ormai i supporti degli Owners Group che sul Web si confrontano di continuo su Forum e Chat per favorire la disponibilità di Marchi specifici, ma dico “a poco servono” perché il polso della ricerca personale fatta mi porta a segnalare alcune aberrazioni poco salutari sul mercato, con aumento indiscriminato di prezzi di offerta per molti che nel ricambio intermediato non vedono più solo un atto di passione identitaria ma un supporto ad economie familiari sempre più in crisi.

Il quadro rischia di diventare sempre più esplosivo perché alla base, appunto, si sta riducendo al lumicino il ruolo chiave di “disaster recovery” degli Autodemolitori: le materie prime, le risorse energetiche e i costi logistici sono in aumento esponenziale, e questo rende molto più caro non solo reperire e selezionare ma anche immagazzinare un Ricambio. Il vecchio quadro normativo per il ricambio usato da demolizione (D.P.R. 915/82, per la regolamentazione dei rifiuti, dove all’Art.15) le attività di vendita degli autodemolitori sono sempre in violazione rispetto alla norma che prevede un massimo di 6 mesi tra recupero e vendita per non subire: “l’eccessivo deterioramento dei materiali stessi e di agevolarne una sollecita riutilizzazione”) fa sorridere nella dicitura secondo cui ‘Il Rottamatore’ dovrebbe inoltre “corrispondere al proprietario del veicolo conferito il prezzo ragguagliato al suo valore commerciale; non aiuta di piu’ il D.Lgs. 209/2003, in attuazione della Direttiva CE/53/2000, quando, all’articolo 7, gli autodemolitori si impegnano a re-impiegare (cioè favorendone il loro riutilizzo secondo l’uso previsto dalla fabbrica) almeno il 95 per cento delle parti in proporzione al peso medio delle auto in giacenza; ed inalternativa il recupero dei componenti non riutilizzabili ed il loro riciclaggio.

Se poi a sovrintendere tutto questo rimane una semplice autodichiarazione come quella del MUD Ecocerved nella specifica Sezione Veicoli che inquadra la “Decisione 2003/138/Ce”.

 

Autodemolitori alla prova “Carbon Zero”

In sostanza il ricorso al ricambio usato da demolizione oggi salta a più pari almeno tre requisiti oggettivi integrati ed imprescindibili rispetto alla norma di legge: l’obbligo di tracciatura e di vendita conforme del Rottamatore, la sussidiarietà obbligatoria dell’Autoriparatore nella scelta e prelievo di componenti ritenute “vitali” per il funzionamento in sicurezza del veicolo ed infine l’obbligo dello stesso autoriparatore a porre sua personale garanzia su vizi e difetti della componente usata sull’auto in riparazione. La assenza continuativa e standardizzata di queste regole porta sempre più spesso all’accendersi di controversie di natura peritale ed assicurativa per la presenza sull’auto di parti di ricambio non conformi o non tracciate.

Sono circa 1.450 gli autodemolitori in Italia: l’obiettivo fissato dalla Direttiva europea su riuso e riciclo dei veicoli demoliti è dell’85%, a cui va aggiunto un 10% da avviare a recupero energetico. In Italia, il target dell’85% è stato raggiunto nel 2019, mentre manca la quota di recupero energetico. 

Tante norme ma la prassi dal Rottamatore è ancora la Giungla

Questo sta portando gli autodemolitori da recettori di un servizio di recupero ad un ruolo di intermediari dei Costruttori OEM che sono obbligati per obbiettivo di Carbon Zero al recupero totale del loro lavorato, mentre è ancora in corso la revisione della Direttiva 2000/53/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sui veicoli a fine vita  mentre in tema di RENTRI – registro digitale delle radiazioni e radiazioni online – tracciabilità delle vendite online di ricambi usati), vedrà un impatto sempre più discriminante legato al recupero certosino dei cosidetti Metalli rari. E’ per questo che le istitutuzioni di controllo sul territorio hanno aguzzato gli occhi, troppo spesso bendati nel passato, sul workflow in entrata ed uscita dagli Autodemolitori, perché oggi il rifiuto è diventato un bene. Dunque nel prossimo futuro meno ricambi disponibili, più cari, e forse meno Jungla. Ed allora come approcciare nei panni di un potenziale Cliente e come professionista di settore? Siamo sinceri, la prima prerogativa che deve raggiungere l’Automobilista è quella di “saper leggere” il ricambio ed i suoi codici fondamentali, per capire origine e tracciabilità; per poi capire quali sono i diritti che gli competono in tema di ricambio usato, e quali servizi pretendere dall’Autoriparatore per la garanzia della sicurezza necessaria nel post riparazione.

Da “AutoriparaPTOR” ad Autoriparatore: la categoria non denuncia le mele marce?

Una premessa, fondamentale: tutti teniamo famiglia ma sono in netto aumento le controversie in tema di autoriparazione per informazioni errate o fallaci, preventivi incomprensibili e soprattutto certificazione finale dei lavori svolti. Soprattutto la ruggine tra clienti e autoriparaPTOR si acuisce dato l’aumento costante dei costi a carico del cliente finale. Eppure nessun Costruttore ha mai finora definito la formula più semplice di supporto e di fidelizzazione con gli automobilisti: non esiste un numero verde, una mail o un supporto Whatsapp di tutela e assistenza degli Automobilisti per poter segnalare eventuali abusi o condotte scorrette degli autoriparatori sia nelle reti ufficiali che in quelle Indipendenti dove, ex BER 2010, è legittimo poter svolgere interventi autorizzati anche da Casamadre. Chiaro che finchè il rapporto tra OEM ed autoriparazione si svolgerà solo presso le Reti ufficiali, senza monitorare le reti indipendenti lasciando dunque a mo’ di punizione per i clienti il rapporto commerciale e di servizio.

Ricambio Usato Vs. Rigenerato: quando  non vanno mai confusi

Detto questo, apriamo un focus di osservazione rapido sulla categoria dei ricambi usati rispetto a quelli Rigenerati, visto che ancora corrono degli equivoci sulla questione: i ricambi usati sono quelli che derivano dalla rimozione di auto in fine ciclo di vita, dunque fondamentalmente quelli derivanti da processi di rottamazione oppure, meno usualmente, dallo smontaggio di componenti presso le Officine

Il ricambio rigenerato invece ha tutt’altra genesi, che nasce dalla interazione tra parti in rapporto: in particolare il rigenerato deriva dalla scelta di un fornitore di Componente usurata da rigenerare (Autoriparatore, Ricambista, o Cliente finale) ad un professionista della rigenerazione. Costui è un soggetto abilitato, certificato ed inquadrato sia a livello di Know How che di categoria artigiana, adatto a compiere tutti i passaggi tracciati e garantiti per ripristinare nella componente meccanica, elettrica, elettronica, elettropneumatica od idraulica la parte soggetta ad usura ovvero a rottura funzionale. 

Dunque la rigenerazione è prassi ormai consueta nelle componenti soggette ad usura da attrito (Freni, frizioni, ferodi diversi e componenti in gomma); nelle componenti soggetti ad usura volvente (Alberi, avvolgimenti, rotori, pompe, etc..) oppure a consumo da flusso elettromagnetico; ed infine nella rigenerazione rientrano le procedure di rettifica fatte su parti meccaniche nelle quali il continuo funzionamento genera difformità superficiali anomale tra unità componenti meccaniche seriali (ad esempio la rialesatura delle canne cilindri, il ripristino di sedi di battuta delle componenti meccaniche, il rifacimento di filettature, etc.) 

Dunque, in un rapporto di rigenerazione/rettifica componenti il protocollo di servizio prevede il ripristino di funzionalità pari all’originale delle componenti rigenerate, il collaudo e la applicazione della garanzia biennale sulle lavorazioni. In un contesto ed in un protocollo del genere non solo la rigenerazione è una attività di postvendita assolutamente valida e certificata ma è anche rispettosa del concetto di circolarità e di recupero intelligente. Anche per questo la rigenerazione è una prassi ed una cultura da rivalutare.

Riccardo Bellumori

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