Tra qualche anno, nella tipica e continuata sindrome del cornuto che investe ancestralmente e geneticamente la popolazione italica, accadrà anche a lei, ne siamo sicuri.
E’ solo questione di tempo. L’Italia è il posto ideale per rimorsi e rimpianti postumi alle lapidazioni di piazza. Ed è persino, l’Italia, la location ideale per riportare alla memoria ciò che si è continuativamente ignorato o trascurato.
Ma soprattutto il nostro è uno dei Paesi dove il tema delle “corna” assume valore simbolico religioso ed Istituzionale. Senza corna, l’Italia sarebbe semplicemente una opinione.
Uno degli hobby preferiti dagli italiani, tuttavia, è quello di cornificare tutto quel che abbiamo a portata di mano, con il desiderio innato di preferire sempre la cosa esotica a quella nostrana.
E in questo caso ovviamente parliamo della “Lancia Y”, l’esempio classico di come meno si trova riscontro popolare nell’attualità e più si costruiscono (o si costruiranno) epigrafi superlative per celebrare il passato.
Nella sua vita la “piccoletta” Lancia non ha ottenuto da casa sua neppure il diritto all’anniversario “pieno”: la ultima ed attuale Ypsil”O’ “n (con l’accento sulla “o” alla fransè, data la condivisione con piattaforme di casa PSA) che è nata lo scorso anno è certo la nuova generazione di Gamma; ma taglia di netto ogni collegamento seppur virtuale e marginale con la dinastia che inizia dal primo modello di Autobianchi “Y10” del 1985 fino alla penultima e reiteterata serie “Ypsilon 2003/2011” come monoprodotto Lancia messo in un cassetto alla fine del 2024.
E’ da quella prima Autobianchi Y10 (poi rimarchiata Lancia Autobianchi) che la prima piccola di taglio moderno fa ritorno nella sfera di Chivasso.
Perché in realtà la prima “Utilitaria” di classe che il Gruppo Fiat avrebbe potuto regalare alla Lancia era in realtà la più nota “Uno”: una storia poco diffusa che vede l’allora Manager di Chivasso Gian Mario Rossignolo (poi passato alle cronache per eventi molto meno lodevoli con De Tomaso) promuovere nel Gruppo Fiat un programma di inserimento di una nuova e rivoluzionaria Utilitaria “Premium ante Litteram” basata sulla “cellula” volumetrica della futura Fiat “Uno” di Giugiaro.
Lo stesso Designer in verità definisce per Rossignolo un layout con stemmi e linee di “family feeling” di confine con la nuova serie “Delta” in via di lancio sul mercato; tuttavia, un po’ per la contemporanea presenza in casa Fiat della “Autobianchi A112” (ricostruita sul mercato anni ’80 come una vera e propria auto da fighetti di classe) e un po’ perché a Corso Marconi sapevano che per combattere Renault 5, Ford Fiesta, Volkswagen Polo occorrevano i numeri di una linea di prodotto popolare, la ipotetica “Lancia Uno” diventa il boom di mercato Fiat “Uno”. Ma devono passare solo tre anni, per arrivare al 1985.
A Desio, l’antica Dexium, tranquillo paesino della Brianza poco noto per la sua tradizione industriale tessile e meccanica, la cittadinanza cresciuta insieme al suo Stabilimento Autobianchi perimetrato tra Viale Lombardia e Via Matteotti (dove la “Bianchi” si era insediata prima come “SAOM Officine Metallurgiche” nel 1920 – sostituendosi alla tedesca “Kronprinz” – e poi con la “Società Anonima fabbrica Automobili e Velocipedi di Edoardo Bianchi, Milano” dal 1937, quando la superficie operativa era passata dai 130.000 mq. ai 300.000 mq. del 1955) saluta non senza suggestione la fine della produzione della sua vetturetta più iconica, proprio la “A112”: ed in verità, caso raro in Italia, sentimenti e rimpianti scaturiti da questa scelta furono coerenti con la preferenza che tanti avevano accordato continuativamente alla piccola Autobianchi nata nel 1969 per diventare forse a sua insaputa la prima ed unica concorrente italiana della “R5” più che la corrispondente tricolore della “Mini” di Alec Issigonis.
DA AUTOBIANCHI A LANCIA
Lo Stabilimento Autobianchi era orgoglio e vessillo della popolazione, e di quelle “tute blu” che uscendo dallo Stabilimento, prima di risalire in treno facevano la fila per la pizza a Via Olmetto, o magari alla Trattoria “Federterra” di Via Matteotti per cassola e riso trevigiano; oppure si godevano paninone al salame ed annesso “bicerot di vin rus” alla vecchia drogheria Sala a Via Garibaldi; sempre se invece non li si trovava a chiacchierare o a leggere i comunicati sindacali al Bar “San Rocco” dopo la fine del turno. Il 31 Luglio del 1992 la Fiat metteva fine alla storia di Autobianchi a Desio, Brianza. Ma da quel giorno quando all’ombra dello scandalo di “Mani Pulite”, che copriva tutto il resto, la Fiat chiudeva gli impianti di Desio e trasferiva processi lavorativi e reparti all’Alfa di Arese, il volto della città è cambiato per sempre.
Oggi che non c’è più il viavai delle bisarche, e neppure il rito “sacro” dell’invio alla Pista di Prova Pirelli di Vizzola Ticino dei modelli nuovi da provare, o il giorno cadenzato dai turni di lavoro; oggi che non c’è più il tram su quel Corso Umberto, oggi Corso Italia, che gli operai Autobianchi percorrevano per entrare in fabbrica, e neppure gli scorci tra Viale della Stazione e via Tagliabue; oggi che nemmeno funziona più il vecchio deposito dei Tram della STEL, in Corso Italia 150, che collegava i pendolari tra Desio e Milano; e non c’è più la colonia estiva dei figli degli operai; ebbene, oggi che visiterete Desio come ho fatto io, per affetto quarantennale alla Autobianchi ed alla “A112”, troverete il…..nulla.
Tutto scomparso, proprio come la antica Pasticceria del Cavalier Edoardo Pastori di Corso Italia vicino al Ponte di San Pietro (con la antica roggia ormai coperta), da cui uscivano i dolci tipici di Desio come il “papuròtt” ed il panDesio”.
Della leggenda Autobianchi oggi rimane una unica reliquia, la Palazzina Cremonini di Viale Lombardia 55, sede storica in stile Liberty degli uffici amministrativi del Marchio: dopo essere diventata sede di Rave party abusivi, dimora di senzatetto e luogo di spaccio e prostituzione, pare che i nuovi acquirenti della Torre “Skyline” di Desio si occuperanno finalmente del restauro della Palazzina.
Via la “A112”, arriva la “Y10” Autobianchi, nonna di tutte le “ipsilon” di Chivasso.
In questo “nulla” si concludeva, nella ultima fase di storia dello Stabilimento Autobianchi, la vita della “Y10”: ultima vera prova di orgoglio, esattamente 40 anni fa, del Marchio. Stile come spesso accaduto fatto in casa, geniale (nonostante tutti si ingannino attribuendo il Design della “Y10” a firmecelebri).
Ad Autobianchi si deve tra l’altro l’invenzione di un vero nuovo segmento commerciale, quello delle Utilitarie “Sub B” caratterizzate non tanto e non solo dalle dimensioni più ridotte nella fascia di mercato delle cittadine, ma da rapporti volumetrici ingombro/abitabilità ottimi per un utilizzo a metà tra prima e seconda auto.
Nello stesso periodo del 1985, infatti, la “Austin Metro”davvero piccola fuori lo era un po’ troppo anche dentro, mentre “Panda” Fiat e “Marbella” Seat erano troppo spartane per passare come potenziali prime auto: “Y10” invece, a spese del vano di carico effettivamente minimale, offriva spazio abitabile in altezza e superficie di buon livello ma soprattutto una fruibilità ottima favorita da finiture di classe,altezza interna e vetratura da vettura di livello superiore.
La “Piace alla gente che piace” (come recitava lo slogan promo in TV) è anche la prima Autobianchi con “Turbo”, la prima con Cambio automatico, la prima con pianale comune alla Fiat (la Panda), la prima del Gruppo Fiat ad usare il “Fire”, tra l’altro.
La prima utilitaria di serie con Cx di 0,31, cioè molto basso, e la prima piccola europea con apertura elettrica dei cristalli a compasso posteriori e con tergi monospazzola anteriore.
E, purtroppo, l’ultimo prodotto di Desio, Stabilimento che viene chiuso nel 1992.
Incontrarne una ancora su strade e parcheggi fa impressione: dimensioni da “microcar”, ma quattro posti comodi ed un rapporto superficie altezza imbarazzante, che trasmette subito la sua attualità mantenuta come cittadina al punto che, essendo quasi impossibile utilizzare il vano posteriore per la classica “ciambella” del GPL, alcuni proprietari affezionati si sono rivolti al mercato della “retrofittazione” con il Kit elettrico aftermarket.
Arriva la Serie “Y”, Lancia si…”lancia” contro le “Sub B”
La “Y10” svolge la seconda parte del suo ciclo di vita da “migrante”: tra il 1992 ed il 1996 passa da Arese a Pomigliano, e chiude la sua onorata carriera in chiave “Lancia” sostituita dalla “Lancia Y” del 1995: ancora una volta orgoglioso esempio di lavoro fatto in casa, la “Y” vive il periodo – forse l’ultimo – di vanto stilistico del Gruppo Fiat al cui Centro Stile dimoravano veri e propri nomi sacri tra i quali Enrico Fumia.
Come prassi voleva, anche la nuova “Y” Lancia nasce nel suo stile da un contest di confronto. In particolare il Management Fiat mette a singolar tenzone il lavoro del Centro Stile interno Lancia con le proposte dello Studio I.D.E.A., ma alla fine prevale il concept interno.
Parliamo di una vettura prevista sempre nel nascente gruppo delle “subB” a confronto diretto prima con Renault “Twingo”, Honda “Logo”, Peugeot “106”/Citroen “AX”; gruppo che nel proseguo si arricchirà con Ford Ka, Volkswagen “Lupo” e con le novità asiatiche e coreane.
Market Target impegnativo, capite bene, in cui la scelta aziendale di non proporre una versione Diesel nonostante il rally di vendite in tutta europa dei motori a Gasolio sembra non aiutare.
Eppure quasi 900.000 unità prodotte in otto anni dimostrano che il prodotto ha centrato i suoi obbiettivi: ma soprattutto quella “Y” tiene in corsa sul mercato un Marchio Lancia dove purtroppo la gloria del decennio precedente di Delta/Prisma/Thema non viene certo replicato dall’affanno commerciale della “Kappa”, gli inceppi della nuova serie “Delta” e le attese deluse da parte di “Lybra”. Ed a guardarla ancora oggi si resta davvero colpiti dalla semplicità dinamica con cui fasci di semplici linee in intersezione o in movimento disegnano tutto l’insieme dei particolari, con parti vetrate e accessori che sembrano “nascere” dalla lamiera anziché interromperla.
Dunque, la Lancia “Y” viene congedata nel 2003, forse un po’ troppo frettolosamente, più per motivi ennesimi di sinergia industriale nel Gruppo Fiat che non per scarsa risposta di mercato; ed arriva la nuova generazione Lancia nel settore delle “piccole”: la “Y”.
Lancia “Ypsilon”: multi-utility e monoprodotto di Chivasso
La vita e la storia di “Ypsilon” va percorsa, molto più delle antenate, alla luce del destino del Marchio “Lancia” in uno dei periodi forse più grigi della sua storia, superiore persino a quello patito sotto la dirigenza Pesenti. Quando Gianni Agnelli rileva da questi la Lancia al prezzo simbolico di una Lira e con un fardello di debiti da sistemare, Chivasso e Borgo San Paolo producevano almeno sei modelli di auto (Fulvia, Fulvia Coupè, Flavia, Flavia Coupè, Flaminia e la nascitura “2000”) ed una serie di Veicoli da lavoro (Camion, Furgonati) più una gamma di Pullman da trasporto; ed in più la Fiat ha pronto per il rilancio del Marchio una nuova strategia commerciale che porterà solo sei anni dopo l’ingresso nel Gruppo la nascita di nuovissimi modelli.
La Lancia “Y” che nasce nel 2003 trova la scomparsa del Patrono del Gruppo Fiat, una crisi del Gruppo che si sposa alla crisi sistemica del Paese, un mercato pieno zeppo di concorrenza; alla quale Lancia risponde con “Thesis” e ultime avvisaglie di “Lybra”: provate a chiamarla “Gamma”, davvero un parolone a quei tempi.
In breve la piccolina si trova a dover garantire a Lancia il Cashflow minimo necessario a sopravvivere, prima che Marchionne decida – dopo la fusione con Chrysler – di corroborare il Marchio con un semplice “rebranding” di modelli della Casa americana.
Dunque il compito della nuova “Ypsilon” è pesante, anche se la vetturetta ha i suoi numeri per fare un buon lavoro di mercato: anzi, per miracolo sembra avverarsi alla soglia del 2008 un barlume di rinascita del Marchio Lancia. A far sperare è finalmente un ritorno ad un “family feeling” che a Chivasso si era perso da tempo, una specie di divisa “Corporate” fatta non solo di stile ma di coerenza nella presenza sul mercato. La nuova “Y” che modula in piccolo le linee bellissime e senza tempo della “Thesis” viene seguita nel 2008 dalla terza serie della “Delta”, sovrastata al Target Ammiraglie proprio dalla “Thesis”.
E se solo per un attimo ci distraiamo dalla consapevolezza storica della criticità qualitativa della “Thesis” e dall’azzardo di mercato della “Delta” in un contesto dove al Gruppo Fiat fregava fino ad un certo punto che questo modello vendesse, potremmo ragionevolmente pensare che senza la crisi dei mutui Subprime e con un poco più di interessamento promozionale e mediatico del Gruppo Fiat quella Gamma Lancia – la prima “vera” dopo anni – avrebbe meritato maggior successo.
Invece, con i soli sei anni di vita della “Delta” e i soli 16.000 pezzi venduti con la “Thesis” lungo otto anni, la piccola “Y” è stata il Bancomat di Chivasso ed ha compiuto forse a sua insaputa un ribaltamento di filosofia ed ispirazione commerciale: la piccola di Chivasso è passata lungo venti anni da Utilitaria di rango alto – sorta di embrione di mercato Premium – per la “Y10” a vera piccola “Premium Low Cost” con un pricing progressivamente accattivante che si è davvero esaltato nella seconda serie “Ypsilon” del 2011.
Sempre disegnata da Marco Tencone del Centro Stile interno al Gruppo, rimane un bellissimo esempio di Design “liberty” rispetto alle geometrie delle utilitarie tedesche ed alla linearità orientale delle giapponesi, ma presenta quarti di nobiltà ed aristocrazia superiori alle rivali francesi di settore: si distingue per i gruppi ottici quasi “racing” e quel profilo dei cristalli laterali posteriori che pare disegnare uno spoiler; si fissa nella memoria per quelle superfici da mini musclecar, e per un grado di finitura che seppure nata in Polonia può in qualche modo rappresentare un “Project in Italy” degno di questa tradizione.
La ultima “Y”….Highlander si difende bene sul mercato, e incredibile a dirsi da almeno otto anni fino al 2024 rappresenta l’unico prodotto che giustifica la presenza di un listino a marchio Lancia. Se qualcuno me lo avesse detto, all’alba del crack Lehman, lo avrei preso per pazzo.
Tra sconti, sconticini ed autoimmatricolazioni la piccola ultima “Ypsilon” dei sentimenti raggiunge comunque il suo target annuale di stagione in stagione e si prende il lusso anche di qualche lusso tecnologico, come la versione “Hybrid” o il dual fuel.
E quando, dalla fine del 2024, viene sostituita dalla attuale serie “Ypsilon” molti sentono di aver dovuto salutare una delle ultime auto “Cappa e Spada” di un periodo sentimentalmente ormai irripetibile.
E come tutti i soldati che si sono distinti nel corso degli anni per lealtà alla divisa e per impegno in battaglia, Autoprove – in questo, come sempre, unica – rende alla serie “Y10”/ “Y” / “Ypsilon” l’onore delle Armi, e si permette di recitare un mantra ormai desueto:
“I Love Lancia”.
Riccardo Bellumori