Con le BEV nel 2035 l’Automotive europeo diventaBorder…Layern?

Scommetto un caffè con il primo di Voi, cari due lettori di Autoprove.it (le statistiche non le detto io ma Mercedes Italia, che per motivi di scarso – nostro – traffico e con tutti – i propri – operatori momentaneamente occupati ci ha pregato di attendere in linea, e ci ha tolto le sue auto dai nostri Test Drive) che saprà trovare solo un mio accenno lungo due anni in cui solo per un attimo il sottoscritto dica di aver mai creduto alla gigantesca bufala mediatico-istituzionale delle Istituzioni di Bruxelles sul blocco totale alla produzione e vendita di auto endotermiche in Europa a causa della data perentoria dettata da “Fit for 55”. 

Che plausibilmente la UE voglia celebrare nel 2035 il suo proprio “Fight for 55” (ovvero che Bruxelles come ultima spiaggia del senso istituzionale alla sua esistenza giuridica stia facendo gli scongiuri affinchè nel 2035 parta effettivamente l’area unita di libero scambio per 55 Stati Africani e per oltre un miliardo di persone delle quali almeno il 40% in piena età lavorativa) questo è noto a pochi ma nel silenzio generale si stanno già modificando pianificazioni politiche, industriali, energetiche ed infine socioeconomiche tra il Vecchio Continente ed il nuovo Eldorado africano che, nelle previsioni, ci si augura possa diventare partner di una Unione ormai congelata tra l’Ovest americano che si chiude a riccio e l’Oriente asiatico che potrebbe inondarci con uno tsunami commerciale e produttivo.

Ma che non lo fa, dal punto di vista Automotive, più perché lo sterminio avvenuto in tre anni dopo il Lockdown di marchi interni (oltre 500 Marchi Auto cinesi nel 2019, solo 130 lo scorso anno, e la morìa potrebbe lentamente proseguire) ha ridotto il volume di offerta disponibile per il mercato nazionale previsto in crescita lenta ma costante; ma anche perché la domanda occidentale ed europea annuale di auto nuove si prefigura essere ridicola in confronto al potenziale di crescita di vendite potenziali in Asia più Cina, India e Africa. 

Insomma, so che Vi dispiace ammetterlo, ma l’amante automobilistica cinese non metterà le corna al suo amato mercato interno tradendolo con il Dongiovanni europeo, semplicemente perché quest’ultimo ormai ce l’ha troppo piccolo, a livelli imbarazzanti. Intendo dire il mercato auto, sia chiaro. 

Molto meglio anche per la Cina puntare a fare dell’Europa un ponte logistico – anche qui – verso l’Africa dove il mercato piano piano è pronto a comprare Usati ed autoimmatricolazioniprovenienti da Gibilterra, ma non è ancora pronta a produrre auto secondo i parametri di qualità ammissibili dal mercato moderno. 

La Cina dal 1989 ci ha messo una quindicina di anni, e allora arriviamoci piano piano a questo 2035 africano, che ci consegnera’ una Nazione matura, acculturata e persino autosufficiente dal lato finanziario, industriale ed energetico.

E’ ben altra l’invasione che l’Europa può temere, e dall’Export cinese, ed è questione pesante di macropolitica internazionale: se l’Europa non riparte con l’Export, prima o poi la forza finanziaria dell’Euro sarà un ricordo; ma con Trump che chiude gli Stati Uniti e pensa ai Dazi, e con la Cina che pensa a ritorsioni commerciali contro Bruxelles in risposta ai SuperDazi, qui per l’Europa si prefigurano Dazi Amari. Si, proprio Dazi amari.

Come ripeto da mesi, ancora una volta la Banda “BB” (Berlino Bruxelles) ha colpito: inizia il corteggiamento di quello che tra dieci anni sarà il nuovo mercato unico africano. Speriamo che queste eventuali nozze non costino troppo ai contribuenti europei, visto che la Germania sta elegantemente coglionando l’Unione chiudendo e licenziando a casa sua e ripopolando industrialmente il SudAfrica. E siccome nel frattempo l’Italia pare più interessata a diventare il 51° staterello della Federazione americana che non a seguire il vento che soffia verso il Sud del mondo la Francia torna a guardare alle sue ex colonie ed al NordAfrica, dove tuttavia la Stellantis che investe sembra essere la metà della mela francofona, in un preludio che continua a comfermare al sottoscritto quello che dice da tempo: l’alleanza tra FCA e PSA è destinata a scoppiare, ed ognuno per la sua strada. E come al solito noi italiani arriviamo tardi e in Africa rischiamo di ripetere la figura da gonzi con la Libia “scatolone di sabbia” prima della scoperta dei giacimenti petroliferi. 

Si dice che chi pronunziò quella frase davvero idiota abbia oggi diversi nostalgici ammiratori, dalle parti di Piazza Colonna a Roma. Giambattista Vico aveva ragione, in parte: la storia si ripete, ma solo sulle cantonate.

Ma torniamo a noi, all’auto endotermica ed al blocco mortale del 2035, con la figura schizofrenica che Bruxelles rischia di fare tornando apparentemente sui suoi passi e riaprendo le porte alle auto ibride. Insomma, la Commissione Vi pare affetta da sindrome “Border…Layern”? La nostra poco amata Presidentessa sembra preda di una crisi di coscienza o di orientamento, e fa sempre più cenno ad ipotesi di revisione di un percorso modello “Caterpillar” che ha portato negli ultimi 10 anni l’auto elettrica a diventare una opzione, poi una conditio sine qua non, ed infine un culto religioso sostenuto dalla nuova ecclesia dei “Testimoni di GeoWATT”. Fino a quando, dopo la famosa presa di posizione dei Costruttori al Salone di Parigi 2022  non si è arrivati ad una agenda decisamente meno perentoria: Oh, si, l’Euro VII: ma probabilmente se ne parlerà al 2027; eh già, Fit for 55: ma prima viene la verifica richiesta dalla Germania sugli E-fuel; e poi, beh, la BER 2028, che finalmente (presumibilmente) ci dovrà pur sillabare le  nuove e determinanti regole per inquadrare e regolamentare gli accordi verticali in tema di aftersales elettrico. Ed oggi, l’ipotesi di dietro front preventivo con la concessione della sopravvivenza delle auto Ibride dopo il 2035. Bella pantomima, complimenti.

TRA MERCATO E POLITICA

Come detto, mai nessuno è stato così limitato mentalmente da occupare le poltrone di Parlamento, Consiglio e Commissione Europea con le chiappe anziché con il cervello: mai, neppure nelle farneticazioni dell’ecologismo più spinto, qualcuno sarebbe stato così idiota nelle istituzioni europee da ritenere davvero che il Vecchio Continente tra solo dieci anni avrebbe tagliato via da sé ogni manifestazione endotermica.

Dunque se nessuno a Bruxelles pensava davvero di voler abolire dall’Europa la prima risorsa rimasta tale dell’industria europea (l’architettura endotermica) perché ad Ottobre 2022 il Salone di Parigi era diventata la sede di un vero e proprio picchetto antipolitico capeggiato da Tavares e De Meo contro le improvvide decisioni in materia di Euro VII e di Fit for 55? La Von DerLayern aveva dato i numeri? 

No, chiaramente.

Machiavelli si è per fortuna, o per puro caso, rifatto vivo tra le poltrone dei palazzi UE e deve aver corrisposto alla Istituzione principe dell’Unione quel poco di sano buon senso che da un lustro precedente i rispettivi governi nazionali (di quella che è tutto tranne che una Unione europea organizzata su base federale, come gli Stati Uniti, e con buona pace del povero Altiero Spinelli il cui Manifesto è stato letteralmente sputtanato a Bruxelles) avevano perso alla ricerca di facile consenso elettorale post DieselGate. 

Sarebbe stato sufficiente prendere a sonori ceffoni i Premier dei Governi europei che tra il 2016 ed il 2018 avevano segnato il proprio personale CountDown alla libera circolazione di Diesel ed endotermiche nei rispettivi Paesi (2030, 2040, 2042 e un pezzettino….) per bloccare sul nascere una pantomima che più dignitosamente e fortunosamente ha pensato il Lockdown con tutti i suoi annessi e connessi ( e poi venitemi a dire che una pandemia non ha risvolti benedetti per alcuni….) ed in particolare con il “taglio cesareo” della supply chain infinita tra Occidente e Cina. 

Ed ora che la filiera Automotive (basata più su recupero e rigenerazione che non sull’Aftermarket IAM riprodotto) sta per completarsi in Africa a marchio tedesco, e che un po’ tutti i mercati “capoluogo” dell’Automotive globale stanno iniziando a chiudere i boccaporti del commercio internazionale e dello scambio esteso per iniziare l’immersione nel “deep Market” del prossimo futuro (quello delle macroaree circoscritte di libero scambio: USA/Sudamerica, UE/Africa, Cina/Asia/Russia, India con sé medesima) basato grandemente sulle transazioni di tipo Blockchain in Criptovalute, anche a Bruxelles hanno fiutato l’aria ed hanno – spero finalmente – gettato la maschera. 

Ma quale rivoluzione green? L’auto chimera elettrica aveva puramente tre ragioni per diventare il tam tam mediatico degli ultimi 15 anni. Motivi di sopravvivenza, pura e semplice. 

Era accaduto che l’espansione automobilistica nei diversi Stati ex comunisti annessi progressivamente alla UE era stata finanziata dal credito a pioggia garantito dalla moneta unica e dalla ricircolazione dell’usato da ciclo programmato di sostituzione; era accaduto anche però che questa montagna di credito aveva in sospeso il rischio Subprime pronto a cadere come una valanga. 

Problema europeo come americano, con l’aggravante europea che gli NPL nel Vecchio Continente erano esplosi in nemmeno due lustri mentre negli Usa la crescita pur preoccupante non aveva avuto i picchi raggiunti in Europa. 

Ma si era a cavallo tra anni Novanta e Duemila: l’Europa dell’auto aveva puntato tutto da quindici anni sul totem germanico di Diesel e Premium Brand, la Cina era il grande sogno per le imprese occidentali che là delocalizzavano dovunque e come possibile, mentre l’industria locale BEV cresceva grazie soprattutto agli allestitori fotocopia della nostra povera MicroVett. Poi le tigri di carta, la prima bolla delle Internet companies e ci si rende conto che usare la leva finanziaria e del credito facile per espandersi in Oriente è una chimera.

Ma non era stato il solo rischio Subprime a fare spavento, quanto la coesistenza di quattro fattori diretta conseguenza della stupidità sopravvenuta di dealer e Costruttori europei :

1) La guerra dei listini costantemente al ribasso per la illusionedei Costruttori e dei Dealer a riassorbire la perdita secca sulla scocca, con il margine sui volumi finanziati derivanti non solo dal giocattolo di Wolfington ma anche da Noleggio e Leasing: effetto deleterio, la corsa al ribasso, che l’espansione del mercato Diesel in Europa unito al crollo dei volumi finanziati dal 2008 ha rischiato di far implodere in una crisi sistemica che – per fortuna – il Dieselgateamericano ha frenato prima che i Costruttori iniziassero a vendere Diesel in “self Dumping”; 

2) Il valore di Remarketing predefinito contrattualmente, in un contesto normativo ambientale dove ogni nuovo stepantiemissione progressivo rendeva vecchie ed insostenibili le auto ogni cinque anni dalla loro nascita, stava cominciando a dimostrare l’impossibilità che il sistema di EustaceWolfington potesse diventare monopolista nei contratti finanziati; e nel frattempo milioni di usati permutati in Europa a caro prezzo venivano astati alle piattaforme di Remarketing che compravano ad un tozzo di pane per rivendere nelle aree in via di sviluppo;

3) La costante perdita di valore e di quote di mercato da parte degli OEM nella guerra dell’Aftermarket avviata dalla sempre più agguerrita dimensione del mondo IAM accentuava la perdita di margini e di redditività causata dalla concatenazione dei punti 1) e 2) spiegati sopra;

4) L’effetto del punto 3) era conseguenza diretta della spinta delocalizzatrice che tutti i Costruttori europei, che solo ora capiscono la minchiata che hanno combinato, hanno operato spostando quote importanti di produzione fuori dai confini UE, alimentando il PIL di continenti ed aree che inesorabilmente sono diventate aree concorrenti.

E dunque, la soluzione alla implosione del sistema dal 2005 in poi si è rivelata quasi fortuitamente nel Crack Lehman prima (raffreddamento della bolla creditizia), con il Dieselgate poi (censura cautelativa al sistema tecnologico che stava generando un fattore di perdita operativa sempre maggiore); per poi arrivare alla “Supply Chain a Chilometro Zero” ipotizzata dopo il Lockdowned infine alla moderazione produttiva ed all’aumento dei listini causa della crisi di materia prima e di semilavorati. 

Era dunque arrivato il momento per la UE di smetterla di approfittare delle circostanze fortuite e di avviare da sola un percorso virtuoso di ristoro, recupero e ripartenza. Dopo il Crack Lehman serviva la classica tazza di canarino (acqua, limone e una foglia di alloro) per combattere la dissenteria finanziaria operata in Europa per un decennio e bloccare contemporaneamente guerra al ribasso dei listini e frenesia consumeristica del ciclo di sostituzione ormai tossico. Il problema era rimasto quello di vaccinarsi da altre due forme virali gravi nel vecchio continente: la guerra senza vincitori sul Diesel e l’invasione degli IAM sul mondo OEM. Il DieselGate del 2015 ha dato la soluzione al primo caso, lo sviluppo di nuove forme di diritto proprietario sull’Aftersales con piattaforme Ibride e BEV ha avviato la seconda campagna di salvaguardia.

Dunque, Vi chiederete, chi scrive è così farlocco da voler convincere che la leva elettrofila europea non era altro che un sistema temporaneo per sgonfiare le due o tre bolle che il sistema commerciale auto aveva innescato nel Vecchio Continente dagli anni Novanta? Beh, chi non lo ha capito è davvero un idiota. Il paradigma commerciale avviato trenta anni fa non era sostenibile ed avrebbe portato al default sistemico di tutta l’industria auto europea.

L’EUROPA DELL’AUTO

Dunque, la Von Der Layern che mezza produzione giornalistica prende ormai a sassate è in realtà una benefattrice? Diciamo che senza l’evangelizzazione assolutamente temporanea di Bruxelles sulla ecomobilità e sulla decarbonizzazione la montagna di Green Bond emessa dal mondo finanziario europeo non ci sarebbe stata; e che grazie ai Carbon Credits una fetta importante di credito finanziario classico è stata tenuta a riposo con la conseguente riduzione dei NPL dentro le Banche. Tutto questo è servito? A vedere le periodiche fiammate di Automotive ABS e di scarsa emancipazione dal credito bancario della maggior parte delle Imprese europee, la strada verso la costruzione di modelli di autofinanziamento è ancora lunga, ma oggi la parola d’ordine mondiale è crescita sostenibile ed autosufficienza. L’epoca della globalizzazione è finita, il nuovo e prossimo sistema commerciale e finanziario si baserà su modelli di Blockchain continentale e di Rete, dove persino la valuta cartacea lascerà il posto a quella Cripto. In questo gli Stati Uniti non sono lo Stato canaglia che chiude il proprio confine al mondo ma è, come nel caso della esplosione globalizzatrice oltre mezzo secolo fa, la primadonna eletta dal sistema mondiale per fare il primo passo, come al solito.

Chi pensa che il traguardo europeo della mobilità sia nella diffusione di massa delle auto elettriche è in forte confusione. Chi pensa che questa parentesi grigia di evangelizzazione elettrica di Bruxelles sia stata solo pregiudizievole per il mercato auto, non ha mai capito e continua a non capire che diamine di mercato auto l’Europa dei bocconiani è stata in grado di partorire. E purtroppo, continuo a dire, il grosso dell’informazione motoristica è in mano a questi dementi ed analfabeti funzionali che continuano a scorreggiare con la tastiera paradigmi e teoremi del tutto fuori luogo. I Testimoni di GeoWATT a Bruxelles, da dieci anni a questa parte, hanno salvato le chiappe del sistema auto europeo che i grandi padri (e figli di….) delle regole di Maastricht avevano regalato ai tedeschi. Ora che la pandemia sistemica è stata parzialmente scongiurata, si può tornare gradatamente ad un nuovo mondo antico del settore Automotive: motori endotermici, rigenerazione e conservazione usato, ciclo di vita e proprietà medio lungo (Bye Bye Eustace Wolfington ed a mai più rivederci in Europa?), e soprattutto riduzione forte del parco circolante. L’automobile torna, purtroppo, a diventare un privilegio in Europa. Il motivo? Non ci sono abbastanza risorse per motorizzare la domanda in crescita di Cina, India ed Africa. Nonostante in quest’ultimo mercato arriveranno a pioggia le autoimmatricolazioni BEV che i Costruttori europei dovranno fare per evitare le multe sulle emissioni di Carbonio. Ecco, si: questo è uno degli ultimi punti in agenda sui quali l’Europa dell’auto rimane ancora un po’…Border Layern.

Riccardo Bellumori

 

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