Milano: fermata della Metro Sesto Rondò, in direzione Bresso (la ideale prosecuzione del quartiere Niguarda). Partire di mattina presto, talmente presto che le vie di quel Quartiere/città le attraversi come trovandoti in un gioco di corridoi urbani, dove la presenza umana è tra una serie di negozi di lavoratori stranieri, in un clima buonista dove già dire questo sostantivo ti fa subito sentire colpevole di chissà cosa.
Sesto Rondò (che in effetti ha l’uscita della metro proprio davanti ad un Rondò, cioè una rotatoria…..) è senza dubbio Milano. Se ci fossimo trovati a Roma forse non avremmo visto neppure la palina della fermata Autobus. Invece qui c’è tutto, dalla palina al piccolo Box di cortesia e persino, pensate, un autobus sempre puntualissimo.
Lo prendiamo guardando per un ultimo attimo il contesto verde ed un poco brutale della Piazza; e quel Bus ci lascia davanti ad uno dei supermercati Discount di Bresso a Via Vittorio Veneto , e non per nostra volontà.
Ma per colpa veniale dell’Autista (che è marchigiano e non conosce la storia industriale della Brianza) che ci lascia un poco lontano dal Parco”Renzo Rivolta”. E così ci toccano 5 minuti a piedi per raggiungere il Parco, ma è una mattina senza tempo e passeggiare fa solo piacere.
Mi sorprendono tre pensieri: il primo è che ogni famiglia italiana, che ami e voglia difendere il suo passato e la storia del mondo auto italiano, con circa 35 Euro a cranio (promozione Trenitalia Regionali permettendo su ragazzi ed “Over”) potrebbe regalarsi ancora tre giorni interi di “Autologia” alla ricerca dei paradisi perduti che ci hanno fatto grandi nel mondo.
Il secondo pensiero è che da Sesto Rondò a qui è stato – come detto – un continuo di negozi “etnici” (uso questo termine perchè è Correct; dire “cinesi”, “bangladesh” ed “africani” disturberebbe i manovratori………)
Non so se sia un buon segno. Il terzo pensiero è che a Lambrate Ferdinando Innocenti fece fortuna dopo una mega commessa di lavoro avuta dal nipote dell’unico Papa nativo di Desio; mentre l’Industriale simbolo di Desio, Edoardo Bianchi, proveniva come orfano dal Collegio Martinit che si trova ora a Lambrate.
E che alla fine il Cavalier Renzo Rivolta sembra il trait d’union di questa figura geometrica. Nasce a Desio, porta da Bolzaneto (Genova, città natale di Enrico Piaggio) un Marchio che inizialmente darà fastidio alla Piaggio Vespa, appunto, ed alla Lambretta Innocenti; per questo porta nel simbolo iconografico del Marchio la figura del Grifone.
E per fare la leggenda che ha creato nelle quattro ruote arriva qui a quello che oggi si chiama Parco Renzo Rivolta, che protegge tre caratteristici Hangar con la volta a semi circonferenza che sono là davanti, coccolati inconsapevolmente dai frequentatori dei giardini intorno.
Purtroppo i capannoni dei magazzini, gli alloggi e la mensa dei Dipendenti, la Pista Prova e (forse) la splendida Villa Rivolta non ci sono più, ma non ho tempo di girare il Parco. Tuttavia mi capita di pensare a cosa avrebbe potuto regalare di molto peggio il paesaggio se non vi fosse stata quasi un quarto di secolo fa la opposizione anche dura ed estrema degli appassionati del Marchio Iso alle ruspe che avrebbero dovuto abbattere e cancellare un pezzo di storia,
Ho invece la possibilità di entrare un attimo nell’Ufficio Postale che si trova dentro uno degli Hangar e vivere da dentro un pezzo di storia, quello si.
Mi fermo a guardare la bellezza dei murales dedicati a una storia unica, e penso che senza l’impegno e la resistenza persino fisica alle ruspe di questi Hangar sarebbe rimasto nulla come al Portello, a Desio, ed altrove. E se c’è un milanese “DOC” (nonostante sia nato a Desio, in Brianza) per me quest’uomo è il Cavalier Renzo Rivolta.
Proprio lui e la sua linea di leggendarie e prestigiose GT sono stati il tema centrale di una Rassegna al Mauto nel 2023, frutto della disponibilità della mai troppo rimpianta Direttrice dell’epoca e dell’impegno generoso degli appassionati del Marchio Iso che hanno articolato la struttura e la cornice della Mostra, hanno reperito le auto e le moto regalando al mondo una esposizione straordinaria.
Con l’evento “The Iso Adventure” basata sulle straordinarie leggende a quattro ruote che da Bresso, presso l’attuale “Parco Renzo Rivolta” hanno reso celebre il Marchio del Grifone in tutto il mondo, si è diapanata la mostra al Mauto. Perchè appunto c’eraanche il cuore di Bresso dentro al cuore di Torino, in questi giorni. E c’era un pezzo di mare, quello di Genova dove Renzo Rivolta a soli 31 anni andò a rilevare la Isothermos di Bolzaneto.
E c’è persino un incrocio di destini speciali dentro questo semplice passaggio, poiché Renzo Rivolta nasce in quella Desio (Brianza) che fu la meta scelta dal Cavalier Edoardo Bianchi, il “Re delle Biciclette” che diventa guarda caso il Fornitore della Reale Casa Sabauda, insegnando alla Regina Margherita di Savoia a pedalare con nobiltà i suoi capolavori a due ruote.
Renzo Rivolta rileva dunque la Società genovese “Isothermos” per iniziare un percorso industriale da quella città che, purtroppo oggetto di bombardamenti, viene molto presto lasciata per trasferire tutto alla Villa Patellari di Bresso, intorno e vicino alla quale l’Ingegnere crea un impianto industriale che i tedeschi ed americani all’epoca neppure si sarebbero sognati, perchè mette a fianco di una ambientazione cinquecentesca il meglio della tecnologia possibile a quei tempi: Stabilimento produttivo, Capannoni per Logistica ed approvvigionamenti; Strutture di ricovero e di ospitalità per Operai, tecnici ed impiegati. 10.000 Metri quadri di sito produttivo, presse industriali per scocche e carrozzerie capaci, a pieno regime, di stampare 300 unità in una giornata lavorativa, roba da 10.000 pezzi all’anno.
E nella sua visione di Imprenditore modello Renzo Rivolta fa realizzare nel Settembre del 1954 persino una Pista di prova dentro quella tenuta di Bresso: quasi un chilometro con tre curve sopraelevate ed un tratto sconnesso per testare le sospensioni, con una forma a “Boomerang” in grado di presentare quattro curve di diametro differente di cui tre persino sopraelevate.
A Bresso un gioiello di Impresa
La mitica “Isetta” aveva appena soppiantato dal 1952 la gamma di due ruote “Isomoto” ed aveva svelato un aspetto del pubblico di consumatori italiani che si appaleserà più compiutamente in ambito di produzione auto: nemo profeta in patriae a meno di non chiamarsi Fiat.
Fiat che anche proprio per arginare la proliferazione di concorrenza nazionale intorno a Torino nel settore delle utilitarie (Alfa Dauphine, appunto Isetta e nel breve la Innocenti di Lambrate) favorisce la nascita di “Autobianchi” a Desio; e la “Bianchina” in fondo ha molto più in comune con i concetti della Isetta che non con la di poco successiva “Nuova 500” del 1957.
Fiat che tributò indirettamente un titolo ufficiale di concorrente temibile alla Iso dell’Ingegner Renzo: quando nel 1961 il prototipo di una “multipurpose” che avrebbe fatto di sicuro en plein nel mercato partì da Bresso verso Torino-Fiat (perché nella sua innata voglia di perfezione anche quella “Centomila” – nome tecnico e convenzionale rimasto alla storia – Renzo Rivolta ipotizzò di adottare un motore più idoneo del bicilindrico Iso da 400/500 cc. e la scelta andò sul motore Fiat 500 ovvero SteyrPuch affine come filosofia e cilindrata), da Corso Marconi arrivò la proposta indecente di costruire in Joint Venture la “Centomila” a patto di cedere alla Fiat la maggioranza di controllo della Iso. Se solo si fosse capita fin da subito la natura e la profonda natura umana di Rivolta, quella proposta non sarebbe mai stata neppure concepita. Ed infatti la “Centomila” saltò…….. Ma torniamo a Bresso, lo Stabilimento e la Pista Prova: immaginate la sorpresa e la curiosità dei residenti nei palazzi circostanti che, affacciandosi alla finestra che dava su quel parco dentro ad un Centro abitato, si trovavano periodicamente quei sogni a quattro ruote che provavano lungo la Pista…Ma Renzo Rivolta era davvero un perfezionista e in poco tempo regalò a Bresso uno Stabilmentodegno del maggior Gruppo auto nazionale, europeo o persino americano.
Ma tra quella meraviglia tipicamente meneghina i simboli della “Lanterna” (come il Grifone, appunto) rimangono.
La Iso di Renzo Rivolta è stata ufficialmente la prima Casa produttrice tricolore a dotarsi di un motore americano per la produzione stradale, aprendo la strada alle successive avventure imprenditoriali nostrane della De Tomaso, o della Intermeccanica ad esempio, ma persino della Bizzarrini di Giotto: la sempre più diffusa proliferazione di motori americani 8 cilindri a V nelle Gran Turismo anglosassoni sembrava un sacrilegio solo in Italia, dove ovviamente la tradizione motoristica sportiva (con la sola Lamborghini ancora ai nastri di partenza) era tale da rendere quasi oltraggioso il ricorso ai grandi motori Made in Usa. Eppure la leggenda della Chevrolet Corvette cominciava a superare le coste dell’Atlantico; eppure la fama di Carroll Shelby, il famoso Pilota Collaudatore Usa e della sua AC Cobra era ormai arrivata persino in Europa.
Ecco allora che, tornando alla rassegna dedicata alla Isopresso il Mauto del 2023, fa capolino un’altra caratteristica “cosmopolita” dell’avventura delle Supercar di Bresso: la Gordon Keeble GK-1 pubblicizzata dal suo Costruttore artigianale inglese con il claim “Quattro passeggeri della nazionalità che desideri” che evidenzia di già, nel 1960, un concetto internazionale rinforzato dalle linee di Bertone.
Insomma, l’avventura industriale di Renzo Rivolta non è assolutamente paragonabile alle esperienze molto più rudimentali, caserecce ed artigianali che hanno segnato alcune pagine di storia tuttavia ormai perdute nel tempo.
A partire proprio dalle origini: Renzo Rivolta è un perfezionista, e mentre la Gordon Keeble (ottimo livello tecnico, lusso quanto basta e carrozzeria in vetroresina) già da sola potrebbe essere un punto di arrivo per tanti altri imprenditori all’inizio, per il Commendatore brianzolo non è neppure il punto di partenza.
Giotto, Raggi, lo Chevy: si parte alla grande
Con il supporto del genio di Pierluigi Raggi arriva quella che provvisoriamente viene denominata “Iso Gordon GT” : una berlina equipaggiata da un ottimo ma non superlativo Chevrolet Small Block 283 (4,6 litri e “solo” 283 Cv appunto, mentre invece quello che sarà montata sotto il chilometrico cofano delle Iso sarà il famigerato “327” del 1962) ed un telaio tubolare di rinforzo suppletivo allo chassis Gordon. Insomma qualcosa che pur essendo di buon livello per i compassati canoni inglesi non è certo al livello delle “battistrada” Ferrari e Maserati, a cui Rivolta vuole gettare il guanto di sfida.
Ecco il perché anche del telaio “stampato” anziche’ tubolare a traliccio benchè questa strada fosse ancora poco diffusa per le GT estreme: con il tubolare Rivolta avrebbe finito per subappaltare lavorazioni che invece voleva controllare in casa, oltre al fatto che lo chassis monoscocca offriva migliore qualità di bordo. Dunque una prerogativa che associa Renzo Rivolta ai più illuminati Imprenditori auto del tempo è anche quella di cercare il meglio del Know How esterno e assoldarlo:
di Maserati peraltro il Cavalier Renzo è da tempo ottimo Cliente (e di certo conosce personalmente il Maestro Giulio Alfieri, il nume tutelare del Tridente all’epoca) ed essendo un buon pilota stradale intuisce che qualcosa nel prototipo non va, che si può migliorare sebbene la GT inglese monti un motore GM, piazzato sotto le Chevrolet, di ottima potenza a soli 5.000 giri/min, ed una coppia da escavatrice in grado di esaltare, su corpi vettura all’europea (buon assetto, dimensioni compatte e peso limitato) anche prestazioni da GT sportiva; e forse Rivolta non cerca solo una nuova architettura per la sua prima sportiva, ma anche un interlocutore adatto al tema delle supercar, forse addirittura una immagine iconica in grado di superare, nell’immaginario collettivo, quella che la “Isetta”- opera prima della Iso Autoveicoli S.p.A. – aveva creato nell’opinione pubblica relegando la Casa di Bresso ad una autorevole ed innovativa produttrice di utilitarie.
E forse anche per questo, per garantirsi da subito un livello paritario con le enormi risorse tecniche ed intellettuali di Ferrari, il Cavaliere entra in contatto con il Genio di Giotto Bizzarrini.
Siamo ai primi mesi del 1962, Bizzarrini appena uscito da Maranello è in procinto di coordinare e condurre in un fazzoletto di tempo non solo la fondazione della ATS (insieme ai “ribelli” usciti dalla Ferrari) ma anche la realizzazione della “250 Breadvan Drogo” su base Ferrari GTO; l’incarico di progetto per la Lamborghini del 12 Cilindri da 357 Cv. ed in tutto questo troverà il tempo anche di arrivare a Bresso, alla pista di Prova ISO, invitato dal Cavaliere per saggiare le qualità sportive e dinamiche della “Iso Gordon GT”.
Il suo responso, rivolto direttamente ad un trepidante Patron Renzo, sarà lapidario e romanzesco come tutto quello che corrisponde alla vita di Giotto: “Cavaliere” – esclama – “questa macchina ha davvero un gran bel motore! Butti via tutto e si tenga solo quello”.
Beh…..Certo che come esordio di rapporti tecnico professionali, c’è davvero da pensare che erano altri tempi.
Rivolta è chiaramente convinto delle qualità del tecnico livorneseper dare il via alla nuova avventura delle Gran Turismo di Bresso.
Conclude un contratto di fornitura con General Motors ed a Giugno del 1962, nel cortile della sua Villa presenta al mondo la “ISO 300 GT” (motore Chevy giusto e telaio monoscocca creato dal team di eccezione con Pierluigi Raggi e appunto Giulio Alfieri), ripetendo la prima mondiale ufficiale al 44° Salone di Torino dal 31 Ottobre all’11 Novembre 1962.
Il lavoro svolto da Giotto Bizzarrini già fin dalla “IR 300 GT” è decisamente rivoluzionario: l’unità Chevrolet 327 che di “base” fornisce già 290 Hp alla uscita del Cambio, viene cesellato sia al Banco Prova Iso che all’Istituto Macchine della Facoltà di Ingegneria di Pisa, e con le modifiche di Giotto restituisce senza il benchè minimo problema di affidabilità quasi 350 Cv. Più 20% di potenza supplementare: se non è maestria questa, è capacità fuori del comune!!
Però va detto che il primo mercato di interesse di Renzo Rivolta si indirizza agli Stati Uniti ed all’importatore ufficiale con cui ci si accorda per lotti di spedizione che dovevano arrivare a 2000 unità all’anno. Poiché tuttavia le cose, alla fine, non andarono come si sperava le strade per smaltire una giacenza davvero pesante di IR GT diventa quella di trasformare le scocche motorizzate in nuove vetture: per questo accorciando il pianale nascono Iso A3/C ed IsoA3/L – Grifo.
Iso “IR 300/340 GT”, opera prima
Fondamentalmente Bizzarrini con la “340 GT” riuscirà un attimo prima di General Motors a conquistare picchi di potenza di questa portata, in grado anche di portare Iso Rivolta a vincere nella sua Categoria a Le Mans solo due anni dopo, con la “A3/C”.
Ed anche l’impresa sportiva e l’impegno diretto di Giotto nelle Competizioni sportive con Iso Rivolta sono una dimensione senza la quale le Supercar di Bresso non sarebbero state quelle che possiamo sognare e ricordare nella storia.
Senza dimenticare, infine, che il protocollo strutturale di Giotto (al quale persino Enzo Ferrari dovette lasciare riverente spazio nel prototipo preliminare della superlativa “GTO” con la “papera”) era diventato la base tecnica di tutte le Iso a motore anteriore. Giotto fu a tal punto significativo a Bresso che persino dopo il suo “divorzio” nel 1965 fu Piero Rivolta (il figlio di Renzo) a richiamarlo per la ultima “Varedo” (concept rimasto tale del 1972) unica GT a motore posteriore centrale del Marchio del Grifone.
Giotto Bizzarrini fu anche il protagonista della esperienza agonistica di Iso Rivolta nelle corse di Durata e nelle Sport Prototipi come in modo del tutto differente lo fu Frank Williams con il Team Iso Marlboro: tutto parte per Bizzarrini da una ex Autorimessa di Via Ippolito Nievo a Livorno; c’è ancora, se Vi affacciate all’altezza del civico 112, e se chiudete gli occhi sentirete ancora la eco di motori che urlano e gomme che stridono.
Qui è nato un mito rosso fuoco nella tarda estate del 1963. Nessun macchinario speciale dentro quella prima sede marchiata “AUTOSTAR”: il genio, il talento e la creatività di Giotto e dei giovani avventurosi che iniziano con lui sono invece il vero segreto di quella impresa.
La sua prima squadra porta i nomi di Prampolini, Paolo Niccolai, Sancasciani, Corradini e persino di uno sconosciuto Pietro Vanni, che con Giotto compone su una lavagna la linea avveniristica e coinvolgente della “Iso A3/C” (sulla quale Giugiaro approfondirà solo alcuni particolari pur significativi e di rilievo ma avvalorando, a quanto sembra, il lavoro di Pietro Vanni).
Si parte allora nel 1963 dall’accorciamento di un telaio della “300 GT”, (originariamente una “2+2 posti”) per passare ad una “due posti secchi”; il rimaneggiamento del telaio comprende il riposizionamento del gruppo motore/cambio, indietreggiato più al centro dell’auto seppur sempre in proiezione sull’asse anteriore.
Da questo prende il via in Factory “Iso” un progetto alquanto alternativo ed impegnativo : lo sviluppo in parallelo di due personalità ben distinte sulla base di uno stesso progetto. Stessi padri, genetiche diverse: “Iso A3/C” ed “Iso A3/L”
Un concetto – quello della “A3/C” – di una carrozzeria le cui forme erano decisamente più da auto da corsa che non da Gran Turismo secondo i dettami di Renzo Rivolta.
E parallelamente una seconda via, quella alla quale la “IsoRivolta” destinò alla fine tutta la sua attenzione e le risorse industriali, denominata “A3/L” dalla quale uscì la definitiva e conosciuta “Grifo”.
Il progetto sportivo, denominato “Iso A3/ C” (dove “C” sta per “Competizione”) con cui lo stesso Commendatore era interessato a promuovere il suo Marchio prevedeva come detto un percorso “a termine”.
E tuttavia Bizzarrini, da “Deus ex Machina” di tutto questo progetto, ben presto entrò in conflitto con Rivolta, poiché nell’animo del mago livornese c’era il proposito, forse, di mantenere nelle competizioni la sua creatura per dare il classico “schiaffo morale” ad Enzo Ferrari con cui aveva incrociato le spade anni prima.
E nello stesso anno 1965, “Iso Rivolta Grifo” stradale cominciò ad essere consegnata ai Clienti. Quei Clienti facoltosi, sportivi ed eleganti, che erano soliti entrare in auto “con il cappello in testa” così come disposto da Renzo che con questo slogan intendeva proporre Gran Turismo performanti ma non sacrificate.
Ovviamente fino alla “Lele” solo la 300 GT” e la “Fidia/S4” saranno in grado di fornire il requisito essenziale richiesto da Rivolta. Perché Iso A3/C ed A3/L saranno decisamente “bassine” rispetto ai desiderata del Commendatore.
La “Grifo” è ovviamente la patrona delle Iso supercar, prodotta dal 1965 alla fine del 1974 con i motori 327 Chevy e persino con il poderoso V8 da sette litri (L71 con 435 cavalli, riconoscibile dal volume rialzato al centro del cofano).
Chevrolet ribalta il tavolo, arriva Ford
Tra l’altro dal 1972 Iso passa alla adozione del monoblocco Ford Boss 351, il famigerato “Cleveland” da 5700 cc. che nelle fantasie e nel gradimento degli intenditori sportivi surroga abbastanza “ma non troppo” il prestigio e la leggenda del motore Corvette, in assoluto il più iconico motore americano per piede pesante dell’epoca.
Il passaggio non indolore alla fornitura di Ford deriva dalla serie di “grattacapi” costruiti da Chevrolet che aveva ritirato non solo a Iso (andate a vedere cosa ha combinato a Intermeccanica) la collaborazione attraverso pretese capestro come il pagamento anticipato delle forniture.
Chissà che dietro queste dinamiche non si nascondesse la giustificabile paura di GM e Chevrolet di alimentare una concorrenza contro la Corvette….
Fatto sta che il passaggio ai Ford, dopo la scomparsa di Renzo Rivolta, e nel pieno di una crisi energetica che porta tutto quello che corrisponde al sinonimo di sportività ad essere archiviato rapidamente.
Nel 1973 la famiglia Rivolta deve lasciare dunque il passo al cambio proprietario, arriva Ivo Pera e Iso cambia ragione sociale (nasce “Iso Motor” ) e arriva ai listini di Borsa di New York.
Parte anche l’esperienza in F1 con il Team Iso Marlboro gestito da Frank Williams, ed arriva la “vittoria per venti minuti” di HowdenGanley.
Ma nel 1974 si chiude il sipario, unico ed irripetibile, della IsoRivolta con le sue cinque realizzazioni “Factory” (IR 300/340 GT, A3/C, Grifo, S4/Fidia, Lele) ed una “spuria” – la famigerata Daytona del 1966 – di cui si potrebbe scrivere un intero libro per tutte le interpretazioni e le ricostruzioni storiche che si porta dietro da anni; dire quali tra queste creature in elenco siano le più iconiche non è mai un compito facile, ma certamente una cosa è concretamente misurabile: così come la “Grifo” ha tracciato da sempre la continuità simbolica della leggenda di Iso Rivolta diventandone ambasciatrice del tempo, da un altro punto di vista è stata la “Lele” la supercar di gamma ad aver recuperato tutto il pregiudizio, il disappunto e il cono d’ombra patito durante i primi anni e fino ad un certo punto, diventando da diversi anni una delle predilette e ricercate figlie della leggenda di Bresso.
Scompare Renzo, uomo perbene: arriva il più giovane Manager alla guida di un Marchio auto
Certo: Iso “Grifo” ha segnato un’epoca e soprattutto è nella Top Class delle supercar di rango di tutta la storia dell’auto. Renzo Rivolta fa appena in tempo a vederla, prima della scomparsa improvvisa del Commendatore stesso, che lascia il posto al più giovane – tuttora nella storia – Dirigente e Presidente di un Marchio automobilistico industriale al mondo. Arriva Piero Rivolta, solo 25 anni nel 1966 e l’orgoglio di voler proseguire sulle orme paterne: quelle di un uomo di principio, signorile ma autorevole e soprattutto onesto e di sani principi. Nulla nel tempo ha svelato di Renzo Rivolta alcunchè in grado di adombrare una storia di rigore e di principi integerrimi che si chiude il 20 Agosto del 1966.
Sotto la gestione di Piero arriva la “S4/Fidia” – cioè la ammiraglia a quattro porte di assoluta rappresentanza in chiave sportiva ed unica all’epoca di produzione italiana a poter ambire a erede delle “Flaminia” e “Quattroporte I°” visto che la De Tomaso “Deauville” prima e la “Quattroporte III” arriveranno molto dopo e visto che il Gruppo Fiat aveva nella “130” una ammiraglia di rango decisamente inferiore.
E tuttavia il mercato non aspetta e non fa sconti : la “IR GT” segna il passo nelle prenotazioni dei Clienti e nel confronto con le concorrenti di settore e segmento.
Occorre una sostituzione che, a ben vedere la Gamma, non disturbi la presenza della “S4/Fidia” nel segmento Ammiraglie e completi tuttavia una presenza a fianco della “Grifo”. Siamo nel 1967/1968 e Piero Rivolta si affida al Centro Stile Bertone, dove la stella polare è ormai Marcello Gandini, che nel frattempo crea per Lamborghini delle opere d’arte, ma che probabilmente tra la fine degli anni Sessanta e metà anni Settanta è Deus ex Machina del destino vero e proprio di tanti Marchi Auto di prestigio alle prese con il fantasma della crisi energetica e delle prime avvisaglie della contestazione sociale, degli scioperi, delle lotte sindacali ed operaie : crea per Lamborghini non a caso delle Gran Turismo che sanno descrivere una morigeratezza ed una essenzialità che raccontano rispetto e razionalità contro l’opulenza e gli eccessi di ancora tanta della produzione inglese ed americana; per Maserati finita dentro Citroen addirittura si inventa la “Quattroporte II” più essenziale e discreta che chiedeva PSA divenuta proprietaria del Marchio; e per Maranello è il papà della celebre serie “GT4”, mentre per BMW finisce per segnare la rotta con il prototipo “Garmish”.
In questo è evidente che la confluenza di tanti significanti determinanti per la linea della nuova Iso porta Gandini a concepire un corpo vettura non a tre volumi (classico fin troppo per il periodo) ma a due volumi: spazio in ogni angolazione per quattro persone – o meglio 2+2 molto comodo – dentro all’abitacolo lussuoso, superficie vetrata davvero superiore per una GT dell’epoca, ampio portabagagli e linee tese e seppur angolate ma con una estrema gentilezza e razionalità delle superfici. Non è minimalista, è essenzialità personalizzata e resa regale. 125 con motore Chevy, circa 180 con il Cleveland, Iso Lele è prodotta mediamente in sessanta pezzi all’anno per un listino di circa 6,5 milioni di Lire. Quanto fa? Oggi, su base Istat fanno 75.000 Euro, ma vale quello che vale un tale parametro. Perché in gioco nel 1969 c’era l’inizio della crisi petrolifera, il confronto con Ferrari e la concorrenza blasonata. Per cui la forza di Gandini è stata quella di rendere la “Lele” una “G.T.E” cioè Gran Turismo Executive: Lusso e concretezza, pubblico giovane e manageriale oppure classico e compassato: Lele era per tutti coloro che oltre al conto in banca avevano credenziali di cultura e anticonformismo, e davvero colpisce oggi quella linea essenziale e maestosa che l’ha resa un caso unico nel mercato dell’epoca. Molti che si divertono a cercare un “caso” nella vicinanza stilistica tra Lele e la Lamborghini “Jarama”, posto che la seconda lo è anche nella vita, essendo nata un anno dopo la Iso. Che parte, come narrano le voci rappresentative della storia ufficiale Iso, dalla richiesta entusiastica di un Cliente spagnolo che chiedendo una personalizzazione per la sua IR GT, si trova nello Stand Iso al Salone di New York ad imbattersi nel figurino in scala tridimensionale di Gandini ancora in fase di studio della concept.
Alla data di quel Salone l’idea di partire subito con la produzione non è ancora arrivata ma non tarderà a diventare una linea di gamma del tutto innovativa capace però di influenzare il resto della produzione Iso, basti pensare ai fanali a scomparsa parziale di una speciale Serie della Grifo.
Nel frattempo è proprio la Lele che “traghetta” su decisione di Piero la struttura Iso da Bresso – dove i capannoni vengono ceduti alla Olivetti – a uno Stabilimento molto più economico a Varedo.
Da questo nasce la “Varedo” concept del 1972 di Ercole Spada, pensata per un motore posteriore centrale e strutturata sul telaio in tubi che Giotto aveva pensato per la “AMX” del 1970. Tornando alla “Lele” il suo nome nasce in onore alla moglie di Piero, Rachele “Lele” Rivolta, dopo che il prototipo era stato mostrato senza nome al Salone di New York 1969.
Come detto, arriva la crisi irreversibile di Iso Motor Company di Ivo Pera, e a Dicembre 1974 la Iso chiude anche i capannoni di Varedo. Si chiude la storia che lascia a noi solo una scelta: decidere se il mezzo secolo parte da quella chiusura del 1974, o se il 2025 segna il mezzo secolo dalla prima volta in cui dopo 35 anni la “Iso” non c’è più.
Riccardo Bellumori.