Caso Jaguar: glamour, astuzia e nonviolenza gandiana come antidoto alla crisi UE?

“Jaguar non ha alcun desiderio di essere amata da tutti”, così avrebbe detto poche settimane fa Gerry McGovern, direttore creativo di Jaguar Land Rover, scoprendo invece che il Marchio è a tal punto nel cuore di tutti da aver meritato le prime pagine dei giornali, i Forum sui Social e sul Web da diverso tempo: anzi, a dirla tutta il tema “destino di Jaguar” è diventato il principale argomento di dibattito per tutto il mondo auto al punto che sembra iniziata una guerra “al ribasso” nella ricerca da parte di diversi Costruttori di operazioni – simpatia complanari se non addirittura strappalacrime. 

A fare da battistrada c’è la ex “Prussia”: da KTM (Austria) ai bollettini di crisi che arrivano dalla Germania sembra che paventare il fallimento sia diventato lo sport nazionale in Centro Europa. 

Per non essere da meno la parte “francofona” di Stellantis e la Renault hanno da tempo lanciato strali contro le strategie anti emissione della UE che potrebbero portare alla irrogazione di multe e sanzione per superamento dei limiti anti-emissione di CO2. 

E l’Italia in questo riveste un anomalo ruolo di comprimaria proprio per il cono d’ombra che la dimensione PSA in Stellantisgenera sulla produzione dello Stivale.

Peraltro in altre parti del mondo non si sta molto meglio: Nissan ha dichiarato di poter gestire, allo stato corrente, una gestione industriale di circa 12 mesi prima di rischiare a livello finanziario. E così via.

Curioso, in tutto questo, il caso della Gran Bretagna e della sua industria: protagonista e forse anche vittima della Brexit che ha complicato lo scenario della presenza nipponica nell’Isola, l’Union Jack ha un rapporto complicato con l’Automotive; Bentley, Rolls Royce e Mini di proprietà tedesca, Jaguar e Land Rover di proprietà indiana (Tata Motor), Aston Martin un poco più articolata.

Insomma, il prestigio tipicamente British si è “contaminato” nel tempo e certo lo stato di crisi nel mercato tedesco non rasserena; ma questo è davvero un altro argomento. Torniamo a Jaguar: un Marchio che ha vissuto davvero una storia leggendaria ed insieme travagliata.

Gli anniversari “tondi” di Jaguar nel 2024

Pensate che in questo 2024 in cui Jaguar ha annunciato lo stop temporaneo lungo il prossimo anno della produzione del “nuovo” (ovviamente parliamo dei mezzi destinati alla immatricolazione, ad esclusione della produzione di componenti e supporti per l’aftersales ed il Service Management) comunicando così un provvedimento che ha sollevato davvero il clamore mediatico mondiale, il Marchio anglo-indiano ha davvero diversi anniversari “tondi” da celebrare: di certo il più clamoroso e spettacolare è la vittoria – quaranta anni fa, nel 1984 – del Campionato Europeo Turismo da parte della iconica XJS-C 12 cilindri del Team TWR di Tom Walkinshaw. 

Un grido d’orgoglio dell’industria pienamente inglese dell’epoca che soprattutto riscattava la Jaguar dal periodo meno brillante degli anni Settanta quando per le diverse crisi socioeconomiche e per la gestione pubblica del Marchio la situazione industriale del nuovo soggetto privato (per l’uscita dal Gruppo British Leylandguidato ancora da Michael Edwardes) fu ad inizio anni Ottanta molto critica.

Ma le sorti di Jaguar iniziano da diversi decenni prima, e certo sarebbe lungo e articolato un calendario di fasi storiche, tanta è la strada percorsa dalla creatura di Sir Lyons.

Di sicuro quello che resterà silenzioso, per gran parte della sua struttura, il prossimo anno sarà l’Impianto storico di Coventry, punto nevralgico e iconico della Jaguar.

La sinergia con Chery in Cina: c’è vita oltre Coventry?

All’opposto del Titolo europeo anni ’80 si piazza un accordo di produzione che parte con un protocollo di intesa nel 2011 ma che si avvia concretamente alla fine del 2014: una collaborazione tra Jaguar e Chery, il Gruppo cinese tra i più forti e dimensionati nel continente asiatico; un accordo, curiosamente, perfettamente operativo anche in data posteriore all’annuncio-Shock del costruttore inglese che anzi a fine Aprile ha confermato che le prossime auto elettriche condivideranno piattaforme tecnologiche di Chery, o meglio del suo Brand di lusso Exeed che con Huaweima sviluppato un protocollo adatto sia alle BEV che alle c.d. “EREV” ad autonomia estesa. In questa ottica è stato strutturato un Impianto a Changshu (Cina) dove le “Chery JLR” vengono tuttora prodotte in un numero di circa 200.000 unità all’anno. Non ci si abitua facilmente a pensare ad una Jaguar così lontana dalla sede storica di Coventry e dai distretti degli ebanisti e della pelle Connolly, ma dopo il clamore della decisione presa improvvisamente sul prossimo 2025, un po’ tutto il mondo ha dovuto scartare quella pellicola di “consuetudine” per prendere atto definitivamente che un conto è il concetto “classico” di Jaguar ed un conto è la sua immagine stereotipata e secolare, E di questo, finalmente, anche gli indiani di Tata si sono resi conto cercando di dare una svolta alla percezione che il mondo ha con il Giaguaro.

…E la Joint Venture con BMW per l’EDU?

A ricordare bene, la Jaguar ha dato vita ad un numero di sinergie e collaborazioni davvero imponente: ricordiamo che – salvo prova del contrario – dovrebbe essere ancora operativa una sinergia tra il Marchio inglese e la BMW finalizzata allo sviluppo di nuove generazioni di “EDU” – Electric Drive Unit – finalizzate all’accesso globale verso una mobilità connessa, autonoma, elettrica e condivisa.

Tutto questo, Vi chiederete, cosa c’entra con la “Type 00” Miami Pink che sta campeggiando negli spot insieme alla cosidetta“Generazione Woke”?

Apparentemente nulla, ma la genialità è nei particolari, in tutta questa storia: la disarticolazione dell’immagine di Jaguar, la fusion che si ritiene possa derivare da un messaggio dirompente e catalizzatore, dove – crediamo – l’effetto shock delle immagini degli spot e della stessa Type 00 vuole soprattutto generare una “sublimazione” del ricordo e del concetto classico di Jaguar per come si è finora appalesato nell’immaginario collettivo.

La “190”, “Look at Opel Now”, il fenomeno Tesla, la new entry “DS”, il mercato “fluido”

Era l’inizio degli anni Ottanta: Bruno Sacco confermava la sua leadership di genialità e pragmatismo dentro Mercedes e presentava, non senza un certo sgomento da parte dei più conservatori, la “Baby Benz” Mercedes 190. Oggi tutti noi conosciamo il Marchio della Stella proprio a partire da quella piccola rivoluzione coraggiosa; ed era la fine del decennio Ottanta quando Opel era ancora l’avamposto di General Motors in Europa, ma soprattutto per il gemellaggio con la gamma americana e per la derivazione fortemente “populista” del Marchio si era consolidata una immagine fortemente orientata all’utilitarismo pratico, e l’immagine “glamour” era stata superata dalla esperienza massiccia sulle motorizzazioni Diesel con le quali purtuttavia la Casa tedesca aveva decisamente ampliato il suo target di mercato.

Il problema? Quello che all’atto di un decennio 1980 molto più incentrato su modelli “trendy”, sportivi ed aggressivi, la concorrenza aveva recuperato parecchio terreno. 

I segmenti più effervescenti erano chiaramente quelli delle cittadine (Segmento B), delle “Medie da famiglia” (Segmento C) e delle Ammiraglie (Segmento D), e per ogni segmento diversi Costruttori avevano in casa almeno una versione sportiva o di alte prestazioni. Opel al contrario si basava su motorizzazioni “flemmatiche” da grande stradista e con vocazione lavorativa, ma proprio per questo un mercato molto più edonista aveva cominciato a privilegiare modelli decisamente più blasonati, emotivi, passionali; fu per questo che il management del marchio della saetta affrontò in meno di quattro anni un rinnovamento di Gamma che sfociò nelle leggendarie Kadett “GSi”, Omega “Lotus”, per completare con la Calibra, coupè di totale rottura con il passato e con la tradizione Opel.

Rinascere da sé stessa: Jaguar, la crisalide più volte farfalla e la nonna “Sovereign”

A memoria nostra non si registrarono nel periodo 1990/2007 altri casi di vera e propria rivoluzione innovativa di un Marchio – se non si vuole annoverare il caso della Chevrolet come re-brandingdella Daewoo – fino al momento in cui Tesla non inaugurò il nuovo segmento delle “full electric Premium” in una architettura tecnica che prima di allora era concepibile al massimo per esigenze lavorative.

Chissà se il nuovo corso di Jaguar non contempli anche queste esperienze del passato, così come potrebbe aver fatto da ipotetico e potenziale riferimento/benchmark la parabola – finora incoraggiante – di “DS” come Premium Brand davvero alternativo capace tuttavia di misurarsi sul terreno del lusso contro i ben più blasonati Marchi tedeschi. Per questo lentamente il nuovo “claim” pubblicitario, gli spot trasgender e multicolore, la famosa “Type00” sono come una secchiata d’acqua gelida buona per risvegliarci da una visione statica e superata di Jaguar. Una secchiata gelida il cui effetto lentamente si consuma lasciando spazio alla riflessione. “Elimina l’ordinario”, “rompi gli schemi”, e soprattutto le lezioni di Comunicazione e nuovo Design di Richard Stevens che ci ha illustrato il nuovo “Device Mark” del logo Jaguar con lo “Strike Trought” che ha fatto gridare allo scandalo molti. Noi osservatori più anziani che ricordiamo bene la genesi delle cinque barrette angolate del logo Fiat sapendo che persino quella generò malcontento, siamo in attesa di sviluppi. Paradossalmente siamo convinti che l’effetto cercato dal management JLR sia quello di proiettare “tre” Jaguar contemporaneamente nel mercato auto del prossimo futuro: una “top Premium Class” fatta di auto esclusive (una sorta di Maybach, per intenderci) in grado di competere nel segmento che vive di luce propria e di ottima salute nei mercati in via di sviluppo (quello di Bentley/RR/Bugatti ed Aston Martin per intenderci) cercando “finalmente” di superare la targettizzazioneche Ford ottenne posizionando Jaguar nella soglia più conveniente del Target Premium dominato da Audi, BMW e Mercedes. Il fatto che però questo target fosse improprio per Jaguar è nelle cifre che la stessa Ford non è riuscita a conseguire cedendo nel 2008 il Giaguaro alla Tata, insieme (ed era una condizione improrogabile) a Land Rover. In parole povere, all’atto del Crack Lehman nessuno davvero aveva interesse ad acquisire la sola Jaguar, e lo stesso Rawdon Glover è stato abbastanza didascalico nel far capire che il rinnovamento di Jaguar parte proprio dal superamento dell’assetto commerciale di Ford ed al rilancio di una “NewCo”.

Con una semplice obiezione, tuttavia: è sconosciuta al Management JLR attuale la storia quasi “sacra” per noi appassionati di Daimler e di Sovereign? 

Senza volerci sostituire a nessuno ci chiediamo come mai prima di compiere questa centrifuga creativa non si sia attinto a storie e Marchi di proprietà che hanno davvero scritto pagine leggendarie nel mondo dell’auto. 

O forse, molto semplicemente, nelle premesse della operazione “restyling” c’è proprio questo: trasferire nuovo valore e sdoganare una unica Jaguar da un Segmento e da un target decisamente sovraffollato in Europa ed Occidente. Se così fosse, finalmente anche Jaguar potrebbe ottenere il trend cui tutti i Marchi aspirano: vendere meno in termini di volume ma con margini e ricarico più alti derivanti da listini “importanti” associati a servizi e formule di fidelizzazione con Clienti facoltosi. 

Per questo sappiamo già che il destino del rinnovamento di Jaguar passa per la vendita di Merchandising e prodotti griffati, di servizi di wellness, persino di nuovi modi di pensare la socializzazione “fisica” (a quando – per intenderci – i “Jaguar Cafè” destinati a far incontrare e socializzare gli appassionati del Marchio avendo intorno servizi di ristorazione e tempo libero e suppellettili in grado di evocare la storia ed il prestigio di Jaguar?)

Il Gruppo TATA sembra ad esempio aver reso Land Rover una vera zecca monetaria, assicurando profitti medi per modello venduto che negli ultimi anni hanno portato il secondo Marchio inglese a risultati finanziari straordinari; sebbene, vox populi, siano anche cresciute le lamentele sulla qualità ed affidabilità di prodotto…

Dunque, sebbene possa essere rischioso per un Marchio auto sospendere la produzione in corso di auto endotermiche (benchè la Gamma Jaguar sia stata decimata lungo gli ultimi due anni e nonostante le Concessionarie USA – pare – abbiano uno Stock giacente così numeroso da poter impegnare almeno un buon terzo del prossimo anno negli ordini prevedibili) tutto questo si rende necessario per capire come rilanciare un marchio che finora sulla ricerca dei volumi ha solo subito perdite finanziarie e che rimane ancora ostaggio della ristrutturazione popolare e mass market di casa Ford. Inutile ribadire che il raggruppamento JLR si è reso provvidenziale per distribuire dentro le perdite di Jaguar il rendimento positivo di Land Rover in Nord America, Cina ed Europa; dopo il Covid tuttavia i rendimenti negativi delle attività commerciali legate a Jaguar si sono unite al crollo verticale delle vendite (da poco prima del Covid allo scorso anno i volumi sono precipitati a meno sessanta per cento, mentre la quota di Jaguar vendute su tutto il complesso di pezzi JLR è arrivato a meno di un sesto. 

Tutti ottimi motivi per “dare un taglio” approfittando di una previsione di mercato 2025 critico un po’ per tutti.

Ma quello che è stato possibile per Land Rover non può riuscire per Jaguar senza stravolgerne l’immagine paludata. E dunque ben venga la rivoluzione culturale in atto, purchè – se ci consentite – il Management Jaguar non trascuri che a furia di cercare – tutti i Brand – la clientela dei nuovi ricchi sulla vetta dell’Eldorado si rischia di regalare una folla di potenziali clienti alla concorrenza dei  nuovi produttori asiatici ed indiani. Dunque non è del tutto peregrina l’opinione da parte del sottoscritto che Jaguar cerchi, in questa nuova formula di “Look” una vera e propria “tripartizione” che preveda un livello “Sovereign” al Top, una Classe medio alta Jaguar “Classic&Business” dedicata al collezionismo ed alla Clientela di affari nel Segmento più combattuto in mezzo a BMW, Mercedes, Maserati, ed altri concorrenti blasonati, in parte proseguendo un lavoro di “sdoganamento” iniziato dal Gruppo Ford con il “Diesel Shock”: la prima Jaguar di serie con motore a Gasolio lanciata proprio vent’anni fa.

Di sicuro la Jaguar gestita da TATA ha già conseguito un passaggio importante nel comparto “storico” del Marchio: con “Jaguar Land Rover Classic” si è avviato un Business parallelo dove la Casa inglese rivaluta e promuove il valore collezionistico e commerciale del suo proprio Usato, arrivando persino a soluzioni di customizzazione e personalizzazione che hanno previsto lo sviluppo e installazione di un Kit Retrofit elettrico “proprietario” per elettrificare al 100% le auto storiche (celebre la E-Type Cabriolet guidata persino da Re Carlo d’Inghilterra).

 

Se Autoprove.it avrà ragione, tuttavia, insieme al pilastro “Top Class Premium” elettrico “Sovereign” ed alla rimodulazione di una Gamma “Premium” e “Classic” orientata al Cliente Business e Vintage, dovremmo poter vedere alla poltrona opposta di questo nuovo ponte di comando del Giaguaro una nuova organizzazione “open source” dedicata ai servizi di mobilità e connettività avanzati, alla Sharing mobility, al Fleet Management. Non dimentichiamo che dal 2022 è operativa una collaborazione tra NVIDIA e Jaguar per Intelligenza Artificiale, Guida Autonoma e soluzioni di virtualizzazione delle esperienza di guida e testing. Persino, attraverso IOTA, Jaguar e Land Rover sono impegnate in un progetto di tracciatura in modalità Blockchain dei consumi energetici e del Carbon Footprint; come dire che in questo modo Jaguar anticipa di parecchio le nuove e previste regole “BER 2028” ed Euro “VII” che tanto spaventano i Costruttori. 

E, non a caso, le sperimentazioni tra JLR e IOTA Foundation si spingono persino ai sistemi di pagamento sicuro tramite Criptovalute.

Su tutto questo, per quel poco che può valere, la “nuova” Jaguar ha la benedizione di Autoprove che non ha mai dubitato del fatto che quello che per molti era sembrato un grido di allarme da parte del Marchio in previsione di chissà quale cataclisma finanziario ed industriale, in verità altro non è che un arguto e ben congegnato progetto di rinnovamento stigmatizzato all’evento di Miami con Gerry McGovern che avrebbe esclamato: “Siamo lieti di avere la Vostra attenzione”.

Se lo Staff direzionale saprà agire correttamente, Jaguar potrebbe persino avere da subito dei vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza. Vediamo quali:

-Con un effetto tipico delle dinamiche di comunicazione, quello che di improvviso era apparso come un preannuncio di catastrofe (punto di criticità e debolezza) è stato assimilato dal grande pubblico come un provvedimento di rinnovamento verso un mercato elettrico in via di evoluzione (punto di vantaggio e superiorità): Jaguar non è sull’orlo del baratro, a differenza di altri Costruttori che hanno preannunciato chiusure e licenziamenti, ma utilizzerà il 2025 semplicemente per perfezionare la sua nuova filosofia commerciale e industriale verso la convergenza elettrica totale (e, come noi prevediamo, con un percorso che impegnera’“una” delle “tre” nuove Jaguar);

-Con l’enfasi e la sorpresa mediatica che ha suscitato la decisione di Jaguar, il Marchio inglese ha ottenuto praticamente Gratis un numero di prime pagine, di ore di trasmissioni ed approfondimenti ed una attenzione sui Social che, a pagarne il valore pubblicitario, raggiungerebbe valori stratosferici: pensare che il Giaguaro è stato il tema di dibattito più importante delle ultime settimane e tutto questo con una esposizione mediatica del tutto gratuita è davvero un goal di vera classe nei confronti della concorrenza;

-Il mondo Auto si è accorto di aver “bisogno” di Jaguar: in questa sorta di azzeccata “operazione Simpatia” ciascuno di noi si è trovato di fronte alla domanda accademica sulla possibile scomparsa di un Marchio che ha fatto la storia dell’Automotive occidentale e globale, e istintivamente si è risposto con una disponibilità naturale a fare quello che può pur di garantire la sopravvivenza al Marchio inglese. 

Tutto questo, ce ne renderemo conto, avrà un impatto importantissimo sui risvolti commerciali in Occidente e non solo per quanto riguarda – dal 2025 – l’Usato e il settore del Collezionismo, l’accessoristica ed il Merchandising, i servizi di Customer Care e di fidelizzazione. Impensabile che dopo questa rivoluzione mediatica globale la Jaguar non darà vita a comparti commerciali paralleli ed accessori al commercio di auto e componenti. 

-Nulla esclude, peraltro, che nella serie di sinergie e collaborazioni aperte da Jaguar non possa prendere forma anche una divisione Engineering dedicata alla produzione e progettazione “conto terzi” in una formula già sperimentata da Porsche e ultimamente seguita da diversi altri Costruttori e Brand;

-Dopo l’uscita del Teaser “Type 00” l’attesa ed il desiderio legato alla uscita della prossima nuova Jaguar farà di questo evento un fatto virale capace di trasformare una semplice procedura di presentazione in una nuova pietra miliare del mercato auto 2026; e questo di per sé è già una vittoria.

Insomma, ancora pronti a scommettere che dietro il clamore che Jaguar ha cercato nella decisione di sospendere la produzione endotermica per il 2025 vi sia un oggettivo stato di crisi? Io mi espongo a dire di no, anche se non sono obbiettivo visto che Jaguar fa parte di quel puzzle di Marchi gloriosi che sono nel mio cuore da quando è nato. Ricordo a memoria ogni evento di questo Marchio, e mi suggestiona pensare che il 50° anniversario della XJS Coupè 1975 il prossimo anno e il quarantesimo anno dalla vittoria della affascinante XJS-C 12 cilindri nell’Europeo Turismo quest’anno coincide con una situazione davvero fuori dell’ordinario.

Tuttavia chi conosce Jaguar sa che Gaydon e Browns Lane a Coventry non resteranno a luci spente nel 2025: la produzione di componentistica e semilavorati per il parco usato di Jaguar avrà di certo un sussulto positivo, visto che tra l’altro il Service Management e l’Aftersales rappresentano da sempre per Jaguar una voce di Business ancora più importante della stessa vendita del nuovo.

Ma in questa controrivoluzione “Gandiana” che Jaguar sembra aver adottato quasi vivendo una transizione “Karmica” con sé stessa, la Casa inglese sembra soprattutto aver adottato la formula della nonviolenza “arguta” per affrontare in modo appropriato la tanto temuta oppressione delle Multe UE sul possibile sforamento delle emissioni di CO2 in Gamma di prodotto: in realtà, senza produrre nessuna nuova endotermica nel 2025, la prima a non rischiare nulla in tema di multe milionarie sarà proprio la Jaguar.

Niente male, vecchia nuova Signora inglese, che proprio nel 2022 hai compiuto 100 anni e che il prossimo anno festeggi ottanta anni dalla nuova e didascalica ragione sociale che da sempre Ti distingue: se già alla partenza sei stata in grado di segnare goal alla tua concorrenza potenziale, ci auguriamo che il seguito di questa partita sarà altrettanto vincente. E con la geniale fusione tra l’aplomb britannico e la fantasia indiana, crediamo che tutto sarà possibile.

Riccardo Bellumori

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