La componentistica in fuga dalla UE sbarca nell’Africa della Blockchain?

Abbiamo analizzato in due post precedenti la di dinamica molto probabile di ricostruzione in Africa di una dimensione Automotive che in Europa sta completamente dissolvendosi per capire tutto questo bastano alcuni dati a confronto: 

Entro il 2035 l’Africa disporrà di almeno 500 milioni di abitanti in piena forza lavoro, mentre l’Europa invecchia sempre di più; 

Entro la stessa data la “Deadline” di Bruxelles che vuole mettere al bando i motori endotermici “Euro VII” troverà in risposta una piattaforma africana di libero scambio tra i 55 Stati africani (l’AfCFTA) in grado di stimolare scambi e compravendite tra oltre mezzo miliardo di Consumatori attivi (cittadini lavoratori o titolari diretti di redditi), in un territorio elettivo per l’importazione da tempo delle auto usate provenienti dalla UE

certo rimangono ancora alcuni punti oscuri di un territorio non ancora completamente traducibile: le aree di maggiore industrializzazione sono attualmente gli Stati Africani dove tra riforme e c.d “buongoverno” la situazione socio/economica e politica si è normalizzata, ma al di fuori degli Stati più industrializzati – Sudafrica, Marocco, Algeria, Egitto e Kenya – il resto del Continente africano mostra delle debolezze poco rassicuranti, ed in parallelo una situazione economica e produttiva ancora da terzo mondo; dal lato infrastrutturale e sanitario le recenti azioni della Cina, della Organizzazione sanitaria internazionale Post Covid hanno costruito una piattaforma logistica e medica certo migliore rispetto ad inizio 2000; rimane il problema climatologico, con eventi naturali spesso incontrollabili in diverse zone del continente; ma di questi problemi comincia a soffrire anche la nostra tranquilla e temperata area mediterranea.

In questi termini, quelle che possono ancora sembrare nostre congetture trovano conferma nella evoluzione normativa “triangolare” tra UE, Africa e Costruttori, a riprova che qualcosa in Africa si muove verso una nuova dimensione industriale post-europea…..Se tornate ai Post precedenti potete capire come l’Africa abbia già definito una sua posizione elettiva nei confronti dell’Usato di importazione europea, con una specifica incentivazione all’acquisto dei modelli più ecologici, forte del problema che oltre il 70% delle auto usate importate in Africa ha oltre dieci anni con implicazioni dal lato dell’inquinamento urbano e del consumo. 

La Commissione europea per suo conto ha dichiarato l’impegno ad una tracciatura “green” del parco usato in partenza dai porti europei verso l’Africa, ma parallelamente ha in maniera implicita compreso in questo la grande serie di autoimmatricolazioni che tuttora nelle statistiche europee compongono almeno un quinto del totale del venduto annuale dell’Unione. A partire da questo, la nostra “esplorazione” ha trovato curiosamente e totalmente complanari – nelle strategie di sviluppo ed insediamento studiate per l’Africa – due Nazioni da tempo in rapporti economici ed industriali tra loro: Cina e Germania. Entrambe tra loro e ciascuna nei confronti dell’Africa hanno strutturato campagne, obbiettivi e programmi di intervento in grado di promuovere una interazione favorevole senza generare concorrenza. Non ci aspettavamo tuttavia, navigando in Rete alla ricerca di fonti ed informazioni attendibili, che da almeno dieci anni vi fosse una sorta di “roadmap” che lentamente e progressivamente ha visto nell’Unione Europea solo la Germania eccellere e superlavorareper finalizzare un ruolo di partner europeo privilegiato nel continente africano, in forme che appaiono persino superare lo storico e consolidato rapporto tra Maghreb o Centro Africa e Francia

Insomma, chiamare tutto questo semplice complottismo non sarebbe serio: ma l’attenzione sul tema è esploso nel momento in cui la Germania si sta rappresentando al mondo come quel treno che dopo la corsa prepotente che l’ha lanciata nella Top Class dei Paesi leader, sembrerebbe oggi aver sfondato i tralicci del binario ideale dirigendosi verso la scarpata. Tutto molto strano, se pensiamo che fuori dalla UE e dai suoi stessi confini la Germania al contrario è motore assoluto di sviluppo. Cosa che si scontra con i disordini, i licenziamenti, le crisi, i tagli e le chiusure che i Brand tedeschi prefigurano a casa loro e nella Unione. 

Ci è sembrato persino facile ed ovvio immaginare che le nuove linee di prodotto cinese costruite quasi su licenza (vedi Leapmotorcon Stellantis, dove quel “quasi” è mascherato dalla compartecipazione reciproca dei due Costruttori nel proprio assetto azionario) ed insediate in Europa solo per fornire il denominatore strategico atto a ridurre il livello di emissioni “sanzionabili” dalla Unione all’interno di una Gamma di produzione dei diversi Brand. Ovviamente nessuno sarà così folle da credere che modelli originariamente venduti in Cina a poche migliaia di Euro equivalenti possano trovare mercato in Europa per valori vicini alla doppia decina di migliaia. 

Ma poiché siamo da parecchio tempo la sola piattaforma che spiega come il Listino del Nuovo sia oggi buonissimo per incartarci le uova e basta, l’immaginazione neppure troppo fervida fa capire come il monte di autoimmatricolazioni BEV del prossimo anno potrebbero facilmente prendere la via dell’Africa come Usati di eccellenza; ed in fondo data la crisi commerciale in corso in Europa, dove il mercato 2025 proietta valori inferiori ad un 2024 in lieve ripresa rispetto allo scorso anno (chiuso con meno di 13 milioni di pezzi venduti). 

Detto in soldoni, ai Costruttori europei basterà impacchettare il prossimo anno meno di un milione di BEV “under License” verso l’Africa per rispettare soglie UE e margini di ricavo. Bene, chiaro, direte Voi. Che però essendo gente esigente pretendete da Autoprove non il compitito svolto dal grigio Capo Redattore di altre testate chino sui Comunicati Stampa da ritagliare. 

Molti di Voi leggendo si domanderanno se tutto questo polverone in corso valga i pochi milioni di auto usate da trasferire in Africa

Ovviamente no, in gioco ci sono almeno tre questioni più pesanti da conseguire in quel Continente: si chiamano Suppy Chain, Industria della Componentistica lontana dalle esercitazioni cavillose di Mario Monti ed infine Blckchain legata alle transazioni in Cryptovalute. Speriamo di poter spiegare, nei nostri limiti, tutto quanto senza annoiarVi. 

Partiamo da un punto comprensibile a tutti: Supply Chain e mondo della Componentistica. Il titolo ideale? Eccolo: 

Componentistica e Supply Chain in fuga da Europa e Cina. 

Fu davvero opera mirabile battezzare la c.d. “Direttiva Monti” per difendere il diritto degli Indipendenti dal monopolio di Costruttori un attimo dopo aver favorito l’emigrazione di massa dei componentisti europei nelle aree a minor costo industriale poste tutte al di fuori dei confini comunitari. In pratica dal plausibile monopolio dei costruttori siamo passati al Far West del Low CostAftermarket indipendente, nel quale ancora oggi il Consumatore generico fatica a capire la differenza tra servizio Ufficiale, autorizzato od indipendente; e dove la scala commerciale fatta da componenti Originali, Primo Equipaggiamento, Analoghe, Corrispondenti, etc….esprime una litania ancora ignota.

Al contrario l’associazione dei Produttori Auto africani AAAM e il Network Afreximbank hanno molto chiaramente espresso un protocollo di intesa per promuovere l’emergere di catene del valore regionali con un focus sulla produzione a valore aggiunto creata attraverso partnership tra produttori di apparecchiature originali (OEM) globali, fornitori e partner locali. Le due organizzazioni hanno in programma di intraprendere studi completi per mappare le potenziali catene del valore regionali dell’automotive nel continente in cluster economici regionali, al fine di consentire la produzione di componenti automobilistici per la fornitura ai Costruttori locali.

Per supportare l’emergere dell’industria automobilistica africana, collaboreranno per fornire finanziamenti agli attori del settore lungo l’intera filiera automobilistica. 

I potenziali interventi includono linee di credito, finanziamenti diretti, finanziamenti di progetto, finanziamenti della supplychain, garanzie e finanziamenti azionari, tra gli altri. L’attenzione all’automotive è guidata dal riconoscimento da parte della Banca della sua capacità di promuovere catene del valore regionali e posti di lavoro di alta qualità. 

La Banca organizzerà anche un focus automobilistico come parte della Fiera commerciale intra-africana, che offrirà una piattaforma ai produttori di auto, agli assemblatori, ai produttori di apparecchiature originali (OEM) e ai fornitori di componenti per esporre i loro prodotti e interagire con potenziali acquirenti e fornitori.

Ma questo si combina con progetti ancora più imponenti che proviamo a focalizzare insieme: abbiamo già detto ad esempio che il settore automobilistico africano convergerà ben presto sulla scala di armonizzazione degli Standard Casemadri per la produzione industriale con priorità a quelli che vengono definiti “Whole Vehicle Standards” che comprendono componenti, accessori e parti di ricambio per veicoli a motore.

Il Segretario generale dell’ARSO (l’istituzione che in Africa ha dato il via al processo di armonizzazione”, ha affermato che questo è uno sforzo collettivo degli Stati membri dell’ARSO, degli attori del settore privato e delle agenzie di regolamentazione. Gli standard armonizzati apriranno la strada all’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie per ampliare i mercati per l’industria automobilistica africana nell’ambito dell’AfCFTAcreando una rete affidabile di componenti automobilistici e rafforzando le prestazioni ambientali attraverso l’armonizzazione degli standard per carburanti, idoneità alla circolazione, trasporto di merci pericolose, veicoli a motore e omologazione. Come detto, una dimensione Automotive tutta da creare, e senza vincoli precostituiti sta prendendo forma in decisa affinità con i paradigmi del mercato auto tedesco e dei suoi protagonisti. Obbiettivo è sviluppare un Pan-African Auto Pact, che concettualizza l’istituzione di un African Automotive Development Plan, costruito attorno ad alcuni hub di assemblaggio nell’Africa centrale, meridionale, orientale, occidentale e settentrionale. Questi hub sono quindi supportati da una serie di attività a valore aggiunto nelle economie vicine. Ciò garantirà che vi sia sviluppo industriale in tutti i paesi partecipanti e che i relativi benefici economici siano distribuiti tra questi paesi. Gli standard automobilistici africani armonizzati saranno essenziali per il successo a lungo termine dell’Auto Pact e su questo gli altri attori istituzionali africani non sono rimasti a guardare; ad esempio la Banca africana per l’esportazione e l’importazione ha annunciato l’intenzione di firmare un memorandum d’intesa con le case automobilistiche tedesche per creare un’industria automobilistica in Africa.

Il Germany-Africa Business Forum (GABF), Africa Oil & Powere l’African Energy Chamber a loro volta completano il panel di attori interessati a disegnare un mercato auto prossimo venturo a forti tinte germaniche in Africa.

La Germania sta a sua volta monitorando il mercato africano non solo con i Player automobilistici, ma con un raggruppamento di Imprese pluri settore al fine di immaginare il  continente come un Cluster nel quale lo sviluppo dell’Industria auto converga con un piano specifico della Logistica e della Supplychain, oltre che del sistema commerciale; ed a questo deve derivare una piattaforma energetica globale costituita da idrogeno, rigenerabili, ed idroelettrico; ma tutto questo nella prospettiva “nativa” di disegnare una dimensione idonea al livello di relazione Blockchain ed all’uso in prospettiva di criptovaluta per le transazioni. 

Ecco perché la Germania sta trainando non solo l’agenda delle relazioni politiche e strategiche per lo sviluppo economico dell’India da quasi dieci anni; ecco perché svolge delegazioni diplomatiche praticamente ogni semestre per visitare e monitorare ogni Stato della futura Unione africana; ma sta trainando anche il “fund raising di riferimento sia da parte europea che di altre Istituzioni (vedi ad esempio il finanziamento da 300 milioni di dollari dalla Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite) nonché la redazione di memorandum e protocolli di intesa tra Imprese tedesche ed Istituzioni africane. 

Ci pensate? Un mercato potenziale di oltre mezzo miliardo di nuovi automobilisti entro 10/15 anni, roba da far impallidire le prospettive occidentali le cui previsioni di richiesta arrivano – se va bene – alla metà di quello che un’Africa rimessa in sesto può spendere. E poi, volete mettere? A fronte di un cliente occidentale che pretende qualità, servizio, tutela, garanzie e diritti, come si fa a non prediligere una utenza potenziale molto meno problematica e capricciosa? Ma quanto vale, in soldoni, l’industria auto in Africa? Nel 2021 valeva 31 miliardi di USD e la previsione di crescita è di 48 mld di USD entro il 2030, data dopo la quale è ipotizzabile un vero e propri rally legato alla prossima area di libero scambio ed all’arrivo dei Costruttori esteri in Africa. Dal 2035 l’area di libero scambio (AfCFTA) partirà con un  PILaggregato pari al 20% di quello che registra oggi la UE a 27. La Banca Mondiale prevede che sull’area di libero scambio africana pioverà una grandinata di investimenti europei e a seguire quelli asiatici e nordamericani, ed il settore automobilistico promette di guidare il trend di sviluppo industriale e commerciale. Solo Toyota, per intenderci, ha dichiarato l’obbiettivo di generare il 30% del suo fatturato annuo globale in Africa entro il 2040. Ma nel frattempo quanto “spende” l’Unione in Africa? Da parte degli Stati, poco prima e poco dopo il Covid si è assistito ad un trend rialzista: Francia che investe fino allo 0,55% del PIL in Africa comincia ad essere “affiancata” dal cugino tedesco. Ma la sorpresa è scoprire – come spiegato bene in cifre in questa serie di articoli – la lunga serie di “Link” che nel continente esprimono bene l’accoglienza ed in taluni casi il favore che il popolo e diverse istituzioni africane testimoniano verso la Germania ed il suo mondo produttivo. Al punto che il Continente calendarizza una importante serie di eventi e di happening tematici. Come ad esempio l’evento “Made In Germany – Africa” dove le aziende che presentano soluzioni per infrastrutture, istruzione, industria manifatturiera, città pulite, finanza, agricoltura e altro incontrano le loro controparti africane per discutere di modalità di collaborazione. Gli acquirenti commerciali africani, i partner delle aziende tedesche, i governi e le autorità si sono registrati per visitare la conferenza di alto livello e per discutere di potenziali rappresentazioni, commercio e investimenti. Co-organizzata da Trade and Fairs Consulting GmbH e dall’Ambasciata tedesca ad Addis Abeba, la fiera funge dunque da piattaforma per presentare aziende e prodotti tedeschi, facilitando i collegamenti con partner e consumatori africani.

Il ruolo delle istituzioni tedesche nella promozione è riconosciuto nello sviluppo del settore privato, nella formazione professionale con in primo piano l’emancipazione femminile, ma soprattutto l’attenzione ecologica.

Insomma la Germania sviluppa autonomamente percorsi di avvicinamento e fidelizzazione con il continente africano in modo decisamente più energico rispetto addirittura ai partner europei ed alla stessa UE: e da dopo il Covid la Germania sta facendo passida gigante nella presenza in Africa: 600 Imprese tedesche sonoinsediate profondamente sul territorio ed hanno creato 100.000 nuovi posti di lavoro sino ad oggi: l’AAAM prevede hub di produzione automobilistica tedesca in ognuno dei quattro angoli dell’Africa: non solo a nord e a sud (vale a dire Marocco e Sudafrica), ma anche a est e a ovest (forse incentrati rispettivamente su Kenya e Nigeria; con componenti forniti da hub di produzione nei paesi vicini). Questa visione si sposa bene con l’area di libero scambio africana recentemente lanciata ma anche con altri programmi: LEDNA ad esempio è un’iniziativa panafricana per la promozione dello sviluppo economico locale (LED). È stato istituito su richiesta dei sindaci africani alle UnitedCities and Local Governments of Africa (UCLG Africa) durante l’Africities 4 Summit a Nairobi nel 2006. Le Imprese “LED” – Imprese ratificate come Business Partner in Africa – che hanno marchio tedesco sono davvero tante. Lo sviluppo economico locale (LED) è un approccio partecipativo incentrato sulla promozione di una crescita economica sostenibile e sul miglioramento della qualità della vita all’interno delle comunità locali. Implica la collaborazione tra vari stakeholder, tra cui governo, aziende e membri della comunità, per sfruttare le risorse locali e affrontare efficacemente le sfide economiche. Lo scopo dello LED è creare opportunità di lavoro, migliorare le infrastrutture e supportare le piccole e medie imprese (PMI), consentendo così alle economie locali di prosperare in un contesto globalizzato.

Ma quello che davvero sorprende, dentro una Germania che presenta all’Europa un conto da pre-default nazionale (scioperi, chiusura di stabilimenti, licenziamenti, etc..) è il Supply Chain Due Diligence Act  (SCDDA) adottato il 21 giugno 2021 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 2023. 

Una legge tedesca recentemente introdotta obbliga le aziende tedesche a rivedere le loro catene di fornitura, sia a livello nazionale che all’estero, per la conformità con i diritti umani e gli standard ambientali. Cosa ha significato per l’Africa?

La legge tedesca sulla due diligence nella catena di fornitura (abbreviazione tedesca: LkSG) richiede alle aziende tedesche di identificare i rischi e le carenze in materia di diritti umani, lavoro e ambiente lungo le loro catene di fornitura, di adottare misure per prevenire violazioni e di attuare misure correttive appropriate. La legge riguarda in particolare le aziende con più di 3.000 dipendenti. Ma in che modo la legge protegge i lavoratori in Africa? La legge tedesca sulla catena di fornitura obbliga l’azienda a garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori nelle catene di fornitura delle materie prime: dunque, in malizioso contrasto con la letteratura corrente che descrive come disumano il trattamento degli operai locali nelle miniere controllate dai cinesi, il Due Diligence Act mostra i tedeschi come potenziali Partner più sensibili e permissivi.Come viene percepito tutto questo in Africa? Per trovare risposte a queste domande, la Friedrich-Ebert-Stiftung(FES) , una fondazione vicina ai socialdemocratici  del partito SPD, ha commissionato uno studio empirico sul settore automobilistico in Sudafrica, Kenya e Ghana, che — come prevedibile — ha rivelato che la legge è ancora in gran parte sconosciuta ai lavoratori e ai sindacati africani.

“La legge è ancora relativamente nuova; è in vigore solo da sei mesi. Anche in Germania, non è ancora ampiamente conosciuta”, ha affermato Kathrin Meissner, responsabile del Sub-SaharanAfrica Trade Union Competence Center presso la Friedrich-Ebert-Stiftung di Johannesburg, in un’intervista con DW.

Il quadro giuridico è un elemento cruciale per la protezione e il progresso delle condizioni di lavoro in tutto il mondo. Ma come si può raggiungere un’implementazione globale, tenendo conto del drammatico squilibrio di potere tra aziende multinazionali e lavoratori nel Sud del mondo? Il ruolo dei sindacati sarà fondamentale per garantire che le vere esperienze dei lavoratori siano riflesse nei report aziendali e per garantire che le disposizioni di legge, ad esempio meccanismi di reclamo trasparenti e accessibili, siano disponibili a tutti i lavoratori della catena di fornitura. In caso di violazioni, sarà fondamentale per i sindacati nel rispettivo paese, così come in Germania, cooperare per garantire che le violazioni siano risolte dall’azienda o siano portate al necessario processo legale per costringere le aziende a rispettare la legge.

Il Supply Chain Due Diligence Act tedesco (SCDDA) è stato adottato il 21 giugno 2021 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 2023, ed ora impegno delle istituzioni tedesche è divulgarlo a Sindacati e cittadini, perché il perno della legge è che in caso di violazioni, è necessario che i sindacati nei rispettivi paesi, così come in Germania, collaborino efficacemente. I sindacati potrebbero garantire che qualsiasi violazione venga affrontata intraprendendo azioni legali per costringere l’azienda a rispettare i propri obblighi di due diligence.

“Le violazioni possono essere segnalate all’Ufficio federale per gli affari economici e il controllo delle esportazioni (abbreviazione tedesca: BAFA) tramite i sindacati tedeschi. Il BAFA è l’autorità responsabile per l’attuazione del Supply Chain Act.” Non è causale, ovviamente, che la legge tedesca sia molto simile al “Devoir de Vigilance” varato dalla Francia nelle ex colonie nel 2017. 

Francoforte, vetrina mondiale Ricambi in Africa: Automechanika Johannesburg è realtà

Se c’è una cosa che muove il mondo dei Ricambi, della Componentistica e che nel tempo ha anche sviluppato trends e competenze di settore, questa è la rassegna Automechanika. Nata elettivamente a Francoforte, è una Fiera che abbraccia diversi Stati e Continenti, vero. Ma a Johannesburg si tiene ogni anno dal 2009 e questa non è una notizia da poco: la fiera funge da importante hub internazionale, attraendo professionisti del settore automobilistico e delle industrie correlate. Fornisce una piattaforma per lo scambio e la presentazione di prodotti e servizi in settori quali ricambi per autoveicoli, autolavaggi, attrezzature per officine e stazioni di servizio, sicurezza dei veicoli e accessori.

La fiera è diventata una piattaforma essenziale per il trasferimento di conoscenze tecnologiche e commerciali nella regione subsahariana, offrendo un’ampia gamma di prodotti, tecnologie e innovazioni in settori quali pneumatici, prodotti IT, messa a punto, sistemi di assistenza e illuminazione. Sono esposti anche veicoli fuoristrada e rimorchi, nonché servizi di cura e ristrutturazione.

Riccardo Bellumori (Fine Terza parte – Segue)

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