Se questa storia fosse nata in Germania o Francia, o negli Stati Uniti, oggi avrebbe avuto decine di prime pagine: ogni storia di settore per il mondo auto, da quelle parti, diventa obbligatoriamente leggenda anche se si trattasse di un nuovo modo per svitare un bullone.
Ce ne siamo accorti troppo tardi noi in Italia: quando negli Statessi svolgeva la breve e sfortunata vita di Preston Tucker, diventato improvvisamente una leggenda universale per effetto di un film neppure troppo esaltante, da noi in Italia si consumavano almeno quattro storie di imprese Auto (Cisitalia, CESSNA, BBC, Isotta Fraschini Monterosa) a confronto delle quali la vicenda di Tuckerfaceva la figura della favoletta buona per bambini.
In Italia di storie avventurose e simboliche ne trovi ad ogni angolo di strada. Ne siamo talmente abituati che per noi non fanno più scalpore le celebrazioni che ci indicano anche quante volte un evento che coinvolge un Brand italiano od originariamente italiano sia un evento quasi unico o comunque eccezionale.
Volete un esempio? Contate con le dita di una mano quanti Gruppi Automotive internazionali nel mondo hanno nel loro conglomerato uno o più Marchi di moto, motocicli, o veicoli catalogabili nella tipologia. Risposta esatta, vero: occorrono almeno le dita di due mani tra Gruppi occidentali, cinesi, asiatici, giapponesi e indiani.
Ripetiamo l’esperimento: quanti Gruppi espressamente occidentali sono oggi in grado di rappresentare lo stesso target detto sopra? Ed infine, quanti Marchi propriamente detti sono in grado in Occidente (Europa, Stati Uniti, Oceania) di elencare sotto lo stesso tetto la produzione di auto e moto?
A questo punto rimarrebbero in elenco – secondo molti di Voi – solo la BMW e in secondo ordine (non per rango ma per gamma di prodotto) la Piaggio che ha ancora a fianco della serie Piaggio anche i motocicli a tre ruote, la serie dei quadricicli ma anche i Light Commercial Vehcles della serie “Portier”, e considerato che da almeno quaranta anni la produzione britannica delle auto Triumph si è bruscamente interrotta e che il Marchio è rinato nella produzione motociclistica.
Eppure, per chi ha buona memoria, esiste un Occidente ed Europa un solo altro Brand che tra le pieghe delle sue tradizioni può rientrare in un esclusivo terzetto, ed il bello è che le sue radici sono assolutamente italiane e milanesi.
S.W.M. : la passione che parte da una Officina di Vimercate, mezzo secolo fa
Si chiama Speedy Working Motors, ed è stato creato alla fine del 1971 da Giuseppe Sironi ed Antonio Vergani a Palazzolo Milanese.
Se tutto questo ancora non Vi solleva particolari scintille nella memoria, allora non rimane che scandire il suo acronimo: S.W.M. Che, per i ricercatori di chicche folkloristiche, equivale alla sintesi di “Sironi, Vergani, Vimercate, Milano” – “S.V.V. M” – perché l’idea di due amici appassionati di competizioni in fuoristrada si ritrovarono a costruire il loro sogno nell’officina di Vimercate di uno dei due: un sogno con una primizia, il forcellone posteriore a sezione quadra che fino ad allora nell’Offroad non si era visto molto.
Nel Luglio 1971 nasce questo nuovo Marchio, dunque, con un veloce percorso di avvicinamento alle competizioni europee di Regolarità (all’epoca così si chiamava l’Enduro). Ed allora tutto torna alla mente: la forza poco addomesticabile delle sue moto da Off Road, l’eleganza rocciosa del suo stile, la serie di modelli a ruote artigliate che si sono distinte in campo nazionale ed internazionale fino a far diventare SWM un nome di riferimento nel panorama motociclistico, con modelli che spiccavano per innovazione, prestazioni e qualità; S.W.M. si ritaglia subito il suo spazio commerciale come Factory artigiana che sulla base di monocilindrici Sachs o Rotax produce modelli che competono spalla a spalla da subito contro KTM, Bultaco, Gilera, Puch, ed i marchi tedeschi nell’Enduro.
Nel 1979 – quarantacinque anni fa – il marchio raggiunge uno dei suoi più grandi traguardi, vincendo il titolo di “Moto dell’Anno”. Ma è nel 1981 che SWM scrive la pagina più brillante della sua storia, conquistando il Campionato del Mondo di Motocross, un successo che consacra l’azienda come la prima moto italiana a trionfare in questa competizione prestigiosa.
Un percorso che unisce la capacità di un gruppo di coraggiosi imprenditori ed artigiani che mettono insieme competenze antiche e voglia di interpretare al meglio presente e futuro: nel suo aggiornamento costante con l’innovazione di mercato, tecnologia e componentistica SWM non salta neppure un solo passaggio obbligato: leghe leggere, elettronica, monoammortizzatore, e tutto quello che appare di anno in anno sulla concorrenza diretta arriva anche – a prezzo di sacrifici più importanti – sui modelli milanesi che rimangono appunto là in cima insieme ai Marchi più rinomati e celebrati dalla Stampa e dai Media.
Tutto questo fa i conti con la selettività del mercato e della produzione di serie su grandi numeri. Da inizio anni Ottanta il mercato cambia per SWM come per tanti altri piccoli costruttori artigianali: i Marchi industriali si sono specializzati e riescono a ricavare piccole serie speciali dai modelli di diffusione anche popolare, e hanno budget in grado di reggere il peso.
Chi tra i piccoli non riesce a tirare avanti come prima mantiene tre possibili ipotesi di evoluzione: o entrare in un Gruppo più organizzato, o cambiare offerta di Gamma e dunque rinunciare alla specializzazione sportiva, o per i casi più coraggiosi come SWM non resta che chiudere; cosa che avviene esattamente 40 anni fa, nel 1984.
Il rilancio; SWM torna protagonista, ma stavolta globale
Ma il sogno rimane nel limbo per 30 anni: poi, nel 2014, arriva la rinascita: il Marchio viene acquisito e rilanciato a partire dalla Gamma motociclistica; la base di partenza è di ottima qualità, derivando dalle piattaforme Husqvarna. Ma le moto vengono rapidamente affiancate dalla Gamma automobilistica, e dal 2016 SWM (che nel frattempo apre anche una struttura di Engineeringin Italia proprio nelle aree ex Husqvarna) diventa appunto il terzo ed ultimo Marchio in Europa a commercializzare sia moto che Auto. E già questo è un traguardo non indifferente, ai tempi nostri: anche perché SWM non si fa desiderare nella evoluzione tecnologica di settore, ed ecco perché già nel 2017 arriva “EROE” la prima Concept SUV 100% elettrica. Sempre nel 2017 arriva “X3” – Segmento compact – mentre nel 2018 arriva “G01”, Ammiraglia SUV 5 posti, e così via.
SWM 2025: una Gamma adatta a tutti, anche GPL
Due anni fa l’accordo con “FUDI Power” per sviluppare nuove tecnologie energetiche, e un SUV medio a sette posti, il “DAHU”.
E arriviamo dunque ai giorni nostri: nel 2025 SWM presenta una Gamma completa dentro il Gruppo Shineray, colosso industriale cinese attivo in diversi settori, tra cui SUV, MPV, minibus, mini-camion e veicoli elettrici.
Fondata nel 1997, Shineray Group è un’impresa che opera nel settore della produzione, dei servizi finanziari e dei viaggi intelligenti. Dopo anni di crescita, Shineray Group ha formato una piattaforma di sviluppo industriale-finanziario integrata che comprende automobili, motocicli di alta gamma, macchine agricole, mobilità intelligente e leasing finanziario.
I prodotti sono SUV in grado di rispondere alle esigenze del mercato più esigente: motorizzazione 1500 cc. Euro 6e
G01 133 cv cinque posti
G01F 139 cv automatico di serie
G03F, 110 cv sette posti solo manuale
G05, 139 cv automatico optional
Garanzia 5 anni o 100.000 km.
Disponibile anche l’alimentazione a GPL