Stellantis Tavares e la sindrome mediatica dell’estate

Carlos Tavares, nel suo animo, è rimasto un ragazzo; ed è per questo che gli sono davvero affezionato: nonostante la postura glaciale, la risata devoluta con il contagocce e la serietà delle tematiche che affronta, il Manager plenipotenziario della “strana Galassia” Stellantis in fondo ama il gioco e la leggerezza.

Deve essere proprio così: e dopo i suoi trascorsi in Renault e PSA dove ha mostrato ben poco l’animo ludico che mi pare di aver intravisto negli ultimi mesi, evidentemente l’aria tricolore nella fusione di PSA con FCA e l’influenza contagiosa dell’indole giocherellona di casa nostra ha generato un cambio di approccio. E chissè che qualche Manager italiano un poco avanti con l’età non gli abbia spiegato un gioco tipicamente italiano in voga fino a qualche decina di anni fa, prima che i bambini diventassero gobbi e tristi davanti allo schermo di uno Smartphone.

Ve lo ricordate, popolo di mezza età, che un tempo giocavamo tutti ad “Un, Due, Tre, Stella!!!”? In quel frangente, lo speaker chiudeva gli occhi, recitava il Jingle e – una volta riaperti gli occhi -verificava chi dei suoi concorrenti si fosse mosso o spostato dalla sua posizione di partenza. Un piccolo gioco a sorpresa, insomma, dall’esito incerto fino alla fine.

Deve essere da questi racconti che il CEO del Gruppo “forseitaloamericano – forsefrancese” ha tratto ispirazione per determinare la politica comunicativa di Stellantis più recente. 

Perché da diversi mesi, se ci si sintonizza sulle notizie relative alla nuova galassia automobilistica, se ne possono leggere magari di tono rassicurante, proattivo, carico di prospettive. Ma voltando pagina e attendendo solo pochi giorni od ore, diventa praticamente inesorabile – riaprendo i riflettori sul Gruppo automobilistico – leggere all’opposto una notizia od una presa di posizione che immancabilmente smentisce o stride con il tono ed il messaggio della precedente. 

Davvero viene da chiedersi: ma lo faranno mica apposta ?Sarà un modo per garantire ad un protagonista recente del mondo Automotive una visibilità costante? Del resto, se il vecchio “Drake” era solito ripetere “Chi vince la Domenica ha sempre molta pubblicità gratuita sui giornali”, forse il nostro buon CEO Carlos può aver derivato il pensiero che “chi ne spara una nuova al giorno, in Italia ha le prime pagine garantite”.

Al punto che un vecchio smaliziato come il sottoscritto si è spinto a pensare, rimandando in tal senso un pensiero di sincera ammirazione verso Stellantis, che il Gruppo abbia voluto approfittare del relativo silenzio mediatico del comparto Automotive durante il periodo estivo per catalizzare l’attenzione globale dell’Opinione Pubblica colta in pieno riposo.

Sociologi ed antropologi sono già in piena attività per circoscrivere e definire questa nuova dimensione sociale che è letteralmente esplosa in tutto il mondo a partire dalla scorsa Primavera e che sta letteralmente bersagliando il Gruppo italo….Ehm, no; oland…Franc….insomma, il “Gruppo” : è la “STELLANTITE” !!!!!

La “Stellantite”: la nuova sindrome mediatica ostile a Carlos Tavares?

Trattasi – come spiegheranno le riviste di psicologia ed antropologia tra diversi anni, di una sindrome sociopatica che consiste nella irrefrenabile ed ingiustificata tendenza di Media ed Istituzioni a criticare e cercare di affossare le attività di un Gruppo di ampio respiro e dalle ottime prospettive in Europa e negli USA. A tal punto ottime da aver scatenato gelosie, perfidie e persino insinuazioni gravi all’indirizzo del Management.

C’è magari un tale fine plausibile dietro tutto questo? Perché esaurita la metafora del gioco, ed in assenza di una segreta strategia comunicativa, la cascata di notizie in contrasto continuo tra di loro può derivare esclusivamente da uno dei due fattori possibili in gioco: o l’approccio non neutrale e pregiudizialmente ostile dell’Opinione pubblica; o più semplicemente l’ipotesi che Stellantis sia preda di crisi di identità ricorrenti.

Qualche esempio?

Ricordate la polemica di Tavares verso il Governo italiano con la velata diffida ad aprire le porte a Costruttori cinesi nel nostro Paese? E’ bastato un battito di ali di farfalla perché fosse proprio Stellantis, attraverso l’accordo con Leapmotor, a portare i cinesi in Italia.

Ricordate le polemiche tra Stellantis e Governo sugli ecoincentivi? Bene, una volta ricostruito un profilo di temporanea pacificazione, proprio mentre il Gruppo conferma lo spostamento fuori dell’Italia di diverse linee di prodotto, il Governo preannuncia l’erogazione degli ecoincentivi 2025 sulla base della tracciatura “Km Zero”: ovvero, il riconoscimento dei contributi alle produzioni automobilistiche nelle quali almeno il 40% delle lavorazioni avvenga dentro il territorio italiano.

E le tante rassicurazioni sull’impegno del Gruppo nella produzione e nel patrimonio industriale nazionale? Se qualcuno di Voi riesce ad allineare questo alla continua e capillare dismissione e chiusura di Stabilimenti, Magazzini, Centri logistici di proprietà FCA (tra cui lo Stabilimento Maserati di Grugliasco, ma anche il complesso Mopar di Rivalta, e così via) io ne sarei lieto. In pieno contrasto con le rassicurazioni (quasi di prammatica) che la Leadership di Stellantis periodicamente diffonde sulla piena disponibilità a ritenere l’Italia uno snodo fondamentale per le strategie del Gruppo, ci si trova periodicamente a fare i conti con qualche nuovo ridimensionamento, con previsioni in negativo, e con cessioni e nuove destinazioni per impianti, siti e Stabilimenti di FCA sul suolo italiano; ma in verità le modifiche critiche toccano anche la situazione degli Stabilimenti di area Chrysler negli USA ed in Nord America. Sfugge a molti il ricordo che sin da fine 2021 la nuova fusione Stellantis aveva di fatto alienato il servizio di BackOffice e Postvendita FCA basato su Call Center e che all’epoca era a Vimodrone dopo essere stato spostato da Arese. Ed anche parte della proprietà immobiliare FCA di Cassino (il “Building 15”) è stata posta in vendita.

Insomma, sembra proprio che a fronte di una situazione complessivamente positiva per la “parte PSA” dentro Stellantis, la “quota FCA” della fusione sia sempre dentro un frullatore. Ed oggettivamente la cosa non può non allarmare Opinionisti, Amministratori e Cittadini del Belpaese; in gioco c’è un assetto politico e gestionale nel quale dentro Stellantisè confluito anche un piccolo ma fondamentale pacchetto di partecipazione del Governo francese relativamente a PSA, elemento che rende quasi “sacro”, inviolabile e inalienabile ogni pezzetto PSA in Francia ed altrove. E già all’epoca di quella che continuo a chiamare “la strana accoppiata” FCA/PSA in parecchi sollevarono perplessità sui possibili effetti di questa alleanza.

Anche perché, e forse qualcuno gioca a dimenticarlo, siamo tutti generazionalmente reduci da una emorragia industriale troppo recente e troppo drammatica: dai quasi due milioni di auto che l’Italia produceva a fine anni ’80 siamo passati un attimo prima del Crack Lehman Brothers (2007) ad un milione e quattrocentomila pezzi; la crisi finanziaria americana soffiò come un uragano spazzando via quasi un milione di pezzi, e il 2011 si chiuse a mezzo milione di auto prodotte. Ma da allora ad oggi l’oscillazione è tra circa settecentomila unità all’anno quando va molto bene, ed all’opposto non più di 450.000 quando – troppo spesso – le cose non girano come dovrebbero. A fare le spese di tutto questo fino a ieri erano le fabbriche di produzione diretta; il “Warning” dovrebbe oggi risuonare molto più pesantemente visto che falciata via l’industria automobilistica “del prodotto finito” ora la crisi si sta mangiando il mondo dell’Aftermarket e della componentistica. E di questa erosione Stellantis è fortemente parte in causa. 

Motivo per cui è ragionevole che il Governo abbia cominciato ad intensificare gli ammonimenti.

Tanto è vero che è proprio di queste ultime ore un avvertimento al gruppo di Imprese che include proprio anche Stellantis sul progetto di fattibilità della Gigafactory a Termoli: un eventuale abbandono del progetto porterebbe il Governo a bloccare i fondi provenienti dal programma NextGenEu; e si parla di 350 milioni di Euro di PNRR, cioè soldi di Bruxelles, che non ammette né ripensamenti né variazioni sul tema. Accidenti, quanto è perniciosa la “Stellantite”!!!

Anche perché il progetto di Termoli da parte ACC rimane al momento l’unica possibilità per l’Italia di avere una GigaFactory dopo che le ipotesi Italvolt e Silk-Faw ed altre sono ormai sfumate.

In verità il punto interrogativo sulla realizzazione della GigaFactory (dentro la Joint Venture ACC – Automotive Cells Company – avviata tra Stellantis, Mercedes Benz e TotalEnergies) viene proprio dalla parte “francese” della JV alla luce dei trends in calo su domanda e vendita di auto BEV in Europa; insomma, il fronte del pessimismo sulla GigaFactory a Termoli deriverebbe proprio da quella Stellantis che tuttavia – alla faccia della coerenza – ha deciso un investimento notevole per produrre dapprima la Jeep Wagoneer S (ma più avanti molti altri modelli) in nuovi insediamenti in Messico; e che – sempre alla faccia della coerenza – annuncia l’insorabile futuro Full Electric per la Maserati (togliendo dalla produzione ad esempio un’icònacome il famoso V8 endotermico)   nel mentre tuttavia continua a lanciare articolate critiche alla Commissione Europea per questa frenesia verso la transizione ecologica ed il destino obbligato per gli automobilisti europei sulle auto elettriche.

Salvo poi, in preda ad una temporanea schizofrenia gestionale, il CEO portoghese (di fatto primo stratega e responsabile dei risultati commerciali dei Marchi del suo Gruppo) valutando il flop di vendite di Alfa Romeo, Maserati stessa e Lancia (flop del quale lui stesso, ed il Management tutto francese dei suddetti tre Brand, e’ parte in causa) si è spinto ad ipotizzare non solo la cessione ma persino la possibile chiusura di Marchi storici patrimonio, è bene ricordarlo, della stessa storia del nostro Paese. 
Salvo ancora – di nuovo – smentire sé stesso dopo essersi dato pienamente ragione, quando Don Carlos ha con la più grande serenità del mondo ha dichiarato: “Cedere Maserati? Noi? Chiuderla? Mai!!!”

Una effervescenza e creatività comunicativa tale non poteva non essere virale: ed infatti, da qualche mese, il pur stagionato sottoscritto che scrive le proprie opinioni si pregia di aver letto ed ascoltato negli ultimi tre mesi una quantità di boutade che neppure nell’ultimo quarto di secolo mi era capitato di collezionare. 

Non bastavano le tarantelle mediatiche e propagandistiche dei diversi Stakeholder del settore Automotive sul futuro elettrico (BEV? Si, no, forse, aspettiamo un attimo, compro una vocale….); ma persino il Governo, per spirito di cortesia, ha voluto avviare un contraltare dialettico con Stellantissuperando a volte la stessa capacità di surrealismo del CEO portoghese.

Ricordiamo la famosa “guerra di origine” sul nome dell’Alfa Romeo “Junior/Milano”, la raschiatura degli intarsi tricolore dalle portiere delle povere “Topolino”, ed il più recente botta e risposta Tavares / Urso sulla situazione proprietaria e sul relativo futuro di Autobianchi ed Innocenti: il Governo brevetta a suo favore  i due Marchi; Stellantis smentisce ogni volontà di privarsene, ma nel frattempo continua a condannare questi due nomi storici ad un continuato letargo, senza contare lo stato di abbandono nel quale versano ormai i resti immobiliari delle due Industrie a Desio e Lambrate. 

 

La “grana Americana”, il tiro a segno su Tavares

 

Di pochissimi giorni fa, persino nel pieno del Ferragosto europeo, è scoppiata in casa Stellantis una nuova bufera mediatica proveniente grandemente dagli USA e in parte minore dalla Francia. Insomma, sta scoppiando una pandemia di “Stellantite”?

 

Il Sindacato delle maestranze impegnate nel mondo auto statunitense, il famoso UAW per bocca del suo Leader, ha preso di mira direttamente Tavares: a fronte di cali nelle vendite, dei profitti e delle previsioni, i compensi dei Manager sono squilibrati rispetto ai salari erogati agli operai ed agli impiegati. 

Secondo il sindacato  Stellantis non avrebbe rispettato alcuni passaggi chiave degli accordi intrapresi in USA e privilegiando obbiettivi e strategie fuori target ha creato un danno a Clienti, Dealer e lavoratori in fabbrica. E questo nonostante il mercato negli USA non sia andato poi così male. 

 

 

Ma questa tegola è ancora poca cosa in confronto alla minaccia di una vera e propria Class Action che sempre dagli USA  fa la sua comparsa sui media: un gruppo di azionisti americani il 15 Agosto ha depositato al Tribunale Federale di Manhattan una denuncia in base alla quale gli attori lamentano che Stellantis “avrebbe gonfiato il prezzo delle sue azioni per gran parte del 2024, effettuando valutazioni estremamente positive su inventari, potere di determinazione dei prezzi, nuovi prodotti e margine operativo”. Ovviamente in una replica pubblica a mezzo Stampa il Gruppo ha dichiarato le proprie obiezioni e ragioni in opposizione e smentito tutte le presunte accuse. Fatto sta che dopo la semestrale del 25 Luglio azioni e rendimenti sono crollati. 

 

Intendiamoci, negli USA dove ancora fa scalpore ricordare il risarcimento monstre delle Multinazionali del Tabacco verso i malati di tumore al polmone, o dove Consumatori e risparmiatori godono davvero dell’assetto normativo e di controllo superiore a qualunque altra parte del mondo, non è insolito leggere di Class Action o chiamate in causa giudiziaria di Supermanager o di grandi Gruppi anche Automotive. Ma il fatto che ad essere coinvolta sia l’unione che annovera la “nostra” vecchia FCA ci impensierisce non poco, qualora Stellantis perdesse in giudizio contro la rappresentanza degli azionisti USA che l’ha citata. 

 

Anche  perché le cose in  America non vanno davvero per il meglio: ancora ferma la fabbrica in Illinois che il neo Governo Biden aveva  finanziato,   pronto un piano di tagli al personale per la fine di alcune linee di prodotto, i trend commerciali di Stellantis sono decisamente sottotono benchèuno dei moventi pesanti per la scelta di PSA di convolare a nozze con FCA fosse proprio lo sbocco sul mercato americano. A dire il vero se Tavares non è al momento sipaticissimo ad alcuni ambienti americani, va aggiunto che il “nostro” CEO ha trovato anche il modo di essere “schiaffeggiato” sotto la Torre Eiffel, ed è davvero una cosa rara nei rapporti sindacali e pubblici in Francia quando si toccano “beni” percepiti come un patrimonio nazionale, e di certo PSA è vista in Francia come tale. 

 

In parole povere i sindacati francesi si sono più volte dichiarati in forma critica verso gli stipendi “lunari” che il CEO si è garantito, ma questo non è strano: il sindacalismo francese fu feroce nel tempo verso qualunque manifestazione di sperpero anche solo presunto, vedi il celebre caso del rifiuto – 40 anni fa – dell’arrivo del campionissimo Niki Lauda sulla Renault di F.1.

 

Insomma, ci chiediamo, questo discredito mediatico verso Stellantis e il suo CEO è frutto della famigerata “Stellantite” oppure ci sono motivi seri per ritenere fondate almeno in parte tutte queste critiche?

 

Questo “Matrimonio” s’aveva da fare??

 

Alcuni studiosi di settore hanno ripercorso gli ambiti dell’accordo che portò alla nascita del (Gruppo? Polo? JV?) “DaimlerChrysler”; le analisi finali conducevano tutte inesorabilmente ad una unica considerazione: i due universi erano troppo distanti e diversi culturalmente perché una unione potesse funzionare. All’epoca la Stellantite non era, ovviamente, ancora stata scoperta.

 

Rimane esemplare la novella (vera o romanzata, non saprei) secondo il quale una volta nata l’unione, i Manager di Chrysler invitarono quelli di Daimler ad adottare sulla “Classe A” la struttura dei sedili della “300” statunitense. Il lusso e la comodità secondo i manager USA erano superiori ed il costo pari ad un terzo dei corrispondenti tedeschi. Si narra che i tecnici Mercedes – dopo aver preso, vivisezionato, analizzato e testato i sedili della “300” – avessero poi rimandato a Detroit una relazione talmente essenziale da recare solo una indicazione: “Per quello che valgono questi sedili, li state pagando un po’ troppo”……

 

Una novella, una divagazione o l’esempio del vero problema di Stellantis? In sostanza, dentro la fusione franco-italiana, dove si trova l’autorità del partner tricolore? Insomma, chi è l’eventuale ed atteso “contraltare “FCA dentro Stellantis? A mia nozione, non ne conosco né identità, né funzione né generalità.

 

O questo Gruppo è in realtà un regno monocratico monopolizzato da PSA? Dal 2019, data dell’inizio di Stellantis dopo un periodo in cui FCA priva di Marchionne aveva valutato persino un Gruppo con Renault, non ricordo sinceramente un solo momento in cui a dettare l’agenda pubblica non sia stato il CEO Tavares. 

Il problema è, appunto, quel che in più occasioni recita questa Agenda: il quadro delle notizie pessime, delle ipotesi di cessione e delle dismissioni in corso è a dir poco frustrante. Ma soprattutto porta alla lunga a fasi tre domande:

– Che senso avrebbe costituire una Newco, o meglio un nuovo raggruppamento, come Stellantis se la sua attività più gettonata diventasse il liquidare, cedere o persino sopprimere i Marchi originariamente parte del raggruppamento? Detto in sincera semplicità, non serve una Unione per sciogliere. Una Unione serve per ristrutturare e consolidare, altrimenti meglio sarebbe restare soli;

– La seconda domanda è sorella della precedente: tra FCA e PSA unite in Stellantis, a chi vanno gli utili ed il ritorno economico delle cessioni di Asset, al netto del saldo degli indebitamenti? 

– La terza domanda è persino didascalica delle prime due: il 2023 è stato un anno record per la “DS”, con l’Italia (un caso?) secondo mercato globale; addirittura Opel fa segnare nel 2023 il tasso di crescita più elevato dopo venti anni, facendo a sua volta dell’Italia un mercato primario; Citroen e Peugeot a loro volta confermano trends importanti e positivi.

Dall’altro versante? Per quanto riguarda la “Ex FCA” bisogna rilevare che Iveco e Ferrari fanno segnare a loro volta un 2023 record…….Si, ma???

Ah, certo: Iveco e Ferrari non sono più o non sono mai stati dentro Stellantis…..E perché non fare tesoro di questa considerazione? 

L’approccio gestionale che PSA riserva ai suoi propri Marchi può essere ottimale, ma parlando di tre Marchi generalisti (Peugeot, Citroen, Opel) e di un Marchio Premium dal volume produttivo entro i diecimila pezzi all’anno. 

Legittimo o no rimarcare, contro la gestione Stellantis, il crollo di Alfa Romeo, Maserati, Lancia contro un 2023 positivo di Fiat? E se il problema di tutto fosse nell’errore di posizionamento e di comuncazione del futuro di questi Brand? Allora, invocare la possibilità di una chiusura corrisponde in fondo ad una ammissione di fallimento gestionale da parte del Gruppo e del suo Leader CEO Carlos Tavares.

Non è facile nemmeno per i più ottimisti tracciare un parallelo tra “questo”Tavares e “quel” Sergio Marchionne; mentre purtroppo tutto questo che sta accadendo ora riporta alla memoria il crepuscolo di Fiat di inizio anni Novanta, avvenuto in buona sostanza per una volontà di ritiro dal comparto Auto dell’allora Gruppo dirigente (Romiti e Cantarella in primis) per privilegiare l’ingresso in altri mercati (Food, ad esempio).

Dietro la chiusura di Autobianchi e Innocenti c’era l’obbiettivo del disarmo dal comparto Auto ieri, così come oggi al sottoscritto appare più che plausibile –  e contestabile – l’ipotesi che il ruolo di Tavares dentro lo strano matrimonio Stellantis sia quello di potenziare una dismissione celere degli interessi degli Elkann nel comparto Automotive, azione che intrapresa direttamente dai medesimi e senza il contesto (politicamente più forte) di un raggruppamento sarebbe stata oggetto di un bombardamento mediatico aumentato dal confronto impossibile ed irriverente tra – appunto – gli eredi dinastici di Gianni Agnelli e il mai sufficientemente rimpianto Sergio Marchionne.

Le “tagliole” industriali in Europa hanno creato solo il deserto

Cosa ancora più scabrosa l’annuncio shock di Tavares seguiva di poche ore, il 26 Luglio scorso, la commemorazione della scomparsa proprio dell’italocanadese, e questo ha generato un complesso di suggestioni e reminiscenze che di certo non hanno migliorato il pregiudizio che in molti mostrano oramai verso questo “strano matrimonio” di tagli e cessioni.

 

Ora, ammesso e non concesso che la mia opinione sia vicina alla realtà, non vi sono elementi di non legittimità a voler eventualmente cedere Alfa Romeo, Lancia o persino Maserati; anzi, le esperienze di Gruppi “virtuosi” come Tata o Volkswagen sono là a dimostrare che vi sono ambiti industriali dove Marchi che si potevano ritenere in stato terminale sono in realtà rinati, questo benchè vi sia come contraltare il ricordo del disastro perpetuo creato da un killer di Marchi come è stato ad esempio il “FU” Gruppo General Motors.

Si, tutto questo premesso Tavares/Stellantis –  insomma tutto il cucuzzaro – sembrerebbe aver dovuto specificare, dopo il preannuncio ferale, che la ipotesi di cessione o di chiusura non riguarderebbe in alcun modo Maserati: il che a conti fatti rappresenta una toppa peggiore del buco, perché ancora Maserati ci richiama alla memoria ancora quell’anno “boom” 20217 (l’ultimo integralmente vissuto da Marchionne prima della scomparsa) che incorniciava il lavoro paziente e certosino iniziato per merito indubbio anche di Luca Cordero di Montezemolo circa quindici anni prima; mentre il crollo di vendite di questo anno da parte del Marchio del Tridente apparentemente sembra voler passare quasi come una malattia autoimmune. 

Non direi: nel crollo di vendite di Maserati si riflette la inettitudine e la fallibilità di strategie di mercato che accademia vuole nascano nelle stesse stanze dalle quali sono partite le cannonate allarmistiche. Andrebbe avviata una inchiesta interna (a Corso Marconi ci sono già passati, basta ricordare quelle avviate da Romiti verso Ghidella…) per capire quanto abbia influito, nel crollo di vendite, l’elenco di preannunci e panoramiche per le quali Maserati dovrebbe abbracciare in toto l’elettropensiero; oppure il maxirichiamodi Levante, oppure il fatto che il motore iconico V8 sia stato tolto dai Listini; insomma, un flop così bruciante sul mercato non può derivare solo dal destino cinico e barbaro. 

Così come andrebbe inquadrato quale sia l’evento scatenante che ha portato Alfa Romeo a registrare in questo 2024 un calo sostanzioso di vendite nonostante l’operazione rilancio di così ampio respiro iniziata con Giulia e poi Stelvio ma che ora sconta – inesorabilmente – una obsolescenza pericolosa nei modelli “core” ed una pericolosa deriva di disaffezione della clientela nel nuovo corso che al momento è sostenuto dalla sola “Tonale”.

Stellantis (quale incubatore elettivo delle strategie dei Marchi che ingloba) che tra l’altro vede al timone di comando una netta maggioranza di manager legati a PSA dovrebbe guarire in fretta da una sorta di sindrome bipolare, per la quale pare considerarsi un giudice terzo nelle valutazioni di insuccessi dei quali, legittimamente, dovrebbe intestarsi onori ovvero oneri. 

Insomma, con un rigurgito di onestà intellettuale, di senso del rispetto per la storia dei Marchi di cui si sta decidendo la sorte e persino di senso della realtà, Tavares starebbe in fondo decretando la sua stessa inadeguatezza a porre in essere soluzioni che sembrano non poter prescindere da alienazioni o (peggio) chiusure: è o non è il CEO del raggruppamento che non riesce a imprimere una svolta positiva ai trends dei Marchi che vi appartengono?

Un uomo solo al comando in Stellantis: ma da che parte sta?

Che poi a decidere potenzialmente del destino dei soli Marchi di “parte italiana” dentro Stellantis sia il CEO in pectore di PSA (fino a pochi anni fa gruppo avversario di FCA) che registra per i suoi Marchi, al contrario, un trend nettamente positivo in contraltare con le performances deprimenti della parte FCA, a mio modesto parere rende tutto molto più allarmante. 

FCA e PSA, facendo tetto comune dentro Stellantis, sostanzialmente mettono in comune più difetti endemici che prospettive potenziali: Maserati ed Abarth a parte, circa 10 dei restanti 12 Brand entrati nel raggruppamento sono storici concorrenti tra loro – due a due – dentro le rispettive aree di mercato; e benchè PSA mostri un pregresso di conti e risultati migliori di FCA all’atto del matrimonio celebrato solo pochi anni fa, certamente la partnership così apparentemente elefantiaca rispetto al mondo Auto globale nasconde criticità ed elementi di rischio pesante, soprattutto legato alla valorizzazione dei Marchi più prestigiosi. Non è infatti un mistero che su quel versante la Francia pare vittima di un anatema, mancando totalmente di Marchi di Supercarad oggi anche e soprattutto per la palese inadeguatezza mostrata su questo aspetto nel recente passato: Matra, Venturi, Gordini (per non parlare del caso più assurdo rappresentato dalla Bugatti rinata a Campogalliano ed oggi animata per mano tedesca……) ed altri Marchi di pregio sono oggi semplici iconografie di un passato scomparso; Alpine è fondamentalmente ancora un fenomeno mediatico più che una realtà industriale, e l’avventura europea di Infiniti dentro l’Alleanza Renault Nissan è finita come ben sappiamo.

 

Insomma, la matrice pauperistica e operaia del concetto automotive francese, che ha purtuttavia dato vita a ottime berline ed ammiraglie destinate ad una platea popolare, sembra non superare mai l’ostacolo quando l’asticella del prestigio si alza a livelli più consueti per la cultura industriale inglese, tedesca, italiana.

E su questo la crisi recente di Maserati ci riporta alla memoria le disavventure del Marchio del Tridente quando passò sotto il controllo di Citroen a fine anni Sessanta.

Chi come me ha una “certa età” ricorda bene la sindrome francese dentro Maserati da fine anni Sessanta: fu la Citroen ad acquisire il Marchio di Modena reduce da una debacle più finanziaria che commerciale (in parole povere le Maserati erano bellissime e desiderate ma costavano all’Azienda più di quel che rendevano); ma il “pauperismo virtuoso” che imperava all’epoca in Francia e soprattutto nel Marchio del “double Chevron” che nel frattempo era stato parzialmente controllato da Fiat (che aveva comprato le quote azionarie da Michelin) aveva portato un profilo del Tridente del tutto degenerato nelle due operazioni da TSO che i francesi avevano concepito contro persino i consigli e gli allarmi del Management di Modena guidato dal grande Giulio Alfieri: la “SM Maserati Coupè” con un motore sottodimensionato da 2.700 cc e la opaca “Quattroporte II” cancellata prima ancora di entrare in produzione quando De Gaulle – vagamente nazionalista e conservatore – pur di togliere Citroen dal rischio di un controllo totale di Fiat riuscì quasi ad accollare allo Stato francese il passaggio delle quote Fiat di nuovo alla Michelin e poi da questa alla Peugeot. Risultato: l’acquisto di Maserati da parte del Gruppo De Tomaso la salvò per un soffio dalla bancarotta e dalla chiusura; mentre per Citroen l’ingresso in Peugeot ha nel tempo significato la perdita graduale di un senso di specificità e di forte individualità rispetto alla concorrenza.

Ed oggi? Beh, oggi ci piacerebbe che la sacralità con la quale in Francia nessuno mai parlerebbe a cuor leggero di chiusura di Citroen – o di altri Marchi della tradizione storica transalpina – fosse estesa anche a Marchi storicamente italiani che hanno scritto pagine di storia importante; e che solo anche per questo meriterebbero di non essere considerati solo degli “Asset”. 

Rivendico il diritto di pensare che Stellantis finirà per essere ricordata come l’Agenzia di liquidazione degli interessi “ex FCA” in materia Automotive ed esclusivamente perché gli Elkann stanno alla materia motoristica così come il sottoscritto – per le proprie caratteristiche fisiche – starebbe alla Danza Classica di Bolle: cioè non c’entrano nulla neppure a forza.

Sento il diritto di dire che questa ipotesi mi allarma e mi indigna come italiano; e sento corretto dire che se da un lato faccio i complimenti a Tavares per il suo impegno e rigore professionale ad eseguire il mandato di Commissario liquidatore prevenutogli dagli Elkann in quota FCA, dall’altro lato se il suo approccio culturale con il mercato Auto rimane fermo al profilo delle Commodities, senza quella sfumatura di classe in grado di renderlo un nuovo Luca di Montezemolo, mi permetto di dire con rispetto al Dottor Carlos Tavares che il ruolo di disboscatore, in Cina, lo sanno e lo sapranno fare sempre meglio degli europei, per cui è meglio distinguersi…

E che anche presso i suoi datori di lavoro, i “prozii” che a suo tempo fecero parecchi danni tra Maserati, Matra, Panhard, etc….non vengono ricordati certo con grande passione dalla storia.

Meglio conservare, che staccare la spina. Credo sia il pensiero di tanti. Che come me sono portatori sani di questa “Stellantite”.

Riccardo Bellumori

 

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