Addio Democrazia dell’Auto: è la fine del Mass Market?

L’Auto non è mai stata democratica. Ha sempre preteso energia e impegno, da parte dei suoi potenziali Clienti, per essere raggiunta. E non è solo un fatto di costi (anche se una “Fiat 600” costava ieri quel che oggi varrebbero 14.000,00 Euro mentre la “Panda 45” del 1980 invece si “limitava” a 12.500,00) che oggi appaiono tornati a livelli mai visti primi in relazione al potere di acquisto

Bisogna contare che il sacrificio degli automobilistifino ad inizio anni ’90 era diversificato: il “Pronto in consegna” era un miraggio, visti i tempi di attesa che dai quattro mesi di media degli anni Cinquanta (per le utilitarie “Mass Market”) si era gradatamente abbassato a qualche settimana dopo 30 anni; bisogna mettere poi che la diffusione di Distributori benzina/Diesel/Gas, di Officine, di Gommisti, di Ricambisti è diventata sufficiente da una quarantina di anni, e non prima, quando per fare un pieno o riparare l’auto si dovevano fare chilometri.

Bisogna mettere anche il fatto che fino ad almeno 30 anni fa guasti e inconvenienti casuali erano la norma, contro le aspettative di qualità totale dei tempi moderni. 

E via così per ricordare come il rapporto tra Auto ed Automobilista sia stato sofferto sulla base di almeno quattro “filoni” storici: quello economico alle origini, quello tecnico in corso d’opera, quello “fiscale” ad un certo punto del percorso (Dazi, Tasse, Iva pesante, accise, Tasse di proprietà e Assicurazione, etc.); per poi “perfezionarsi” nella battaglia “normativa” degli ultimi 30 anni tra ZTL, leggi anti emissione, vincoli e blocchi alla circolazione ed obsolescenza del Parco Auto usato.

Mercato Usato e Finanziamenti a pioggia: così cresce l’Auto in Occidente

Una prima forma di “democrazia” deriva dalla crescita del Parco auto usato: una risorsa di ripiego per tanti che non avevano facoltà o modo di comprare un modello nuovo. 

Il secondo passo per una “democratizzazione” della vendita dell’auto sembrò essere invece l’esplosione finanziaria. Comprare a rate, meglio ancora se con il “chiudere un occhio” del finanziatore rispetto a situazioni creditizie non proprio ottimali, era diventata una risorsa in più per poter realizzare undesiderio.

Mondo Auto: Cinque Vasi chiusi, tre appena comunicanti

Gli allucinati Manager Automotive – figli probabilmente del nuovo corso MBA di Cambridge, Berkeley e Bocconi – che prendono ruolo da metà anni Ottanta non si avvedono forse del fatto che il mondo dell’Auto fino ad allora era percorso da quattro criteri basilari:

Il mercato auto era suddiviso in 5 Vasi chiusi (Europa, USA, Giappone, Asia, Blocco Socialista ed Est europeo) dei quali i primi tre appena appena comunicanti seppur nel contesto di vincoli doganali e del protezionismo diffuso;

L’unico “dissesto” di settore che aveva fatto scuola in Europa ed USA era avvenuto nel mondo delle moto dove l’avvento delle giapponesi aveva fatto chiudere praticamente una quindicina di Marchi storici, motivo per il quale il “blocco” verso le quattro ruote del Sol Levante aveva sollevato la protesta diplomatica contro l’accordo BL-Honda del 1979;

L’Usato e l’Aftermarket erano saldamente in mano, fino a fine anni Ottanta, ai Costruttori OEM che gestivano l’intero ciclo di vita del loro prodotto, fino alla esplosione del mondo “I.A.M.” che vedremo tra poco;

Ogni Costruttore “curava” il suo status di prevalenza nel proprio mercato interno; a livello europeo tuttavia era difficile trovare Marchi o Gruppi, fino a metà anni Ottanta, in grado di raggiungere il 10% del mercato Continentale; ed a maggior ragione – a confronto con i colossi USA e giapponesi – era ancora più raro che un Marchio o Gruppo superasse a livello mondiale il 5-6% di quota mercato.

Beh, siamo arrivati ad inizio anni ’90 che a rinforzare la “democratizzazione” del mondo Auto contribuì anche la tanto odiata (o decantata) globalizzazione: abolizione e riduzione delle barriere doganali e nuovi accordi commerciali internazionali furono accolti con il favore collettivo, perché da un lato aumentavano la concorrenza in campo e dall’altro lato si sperava avrebbero portato ad una riduzione di costi di Import/export.

Il primo effetto fu sicuramente raggiunto, visto che dalla apertura ad Est e verso Oriente il mondo Auto “occidentale” importava un numero di Marchi poco noti in grado di rimpiazzare il pur piccolo esercito di Costruttori storici che mano a mano scomparivano: la concorrenza ovviamente non portò un inesorabile calo dei prezzi, ma più che altro un aumento della qualità generica ed un “arricchimento” di accessori….

Cina è vicina, Est Europa anche: il pericolo diventa il “Low Cost”

Ecco, qui cominciava ad arrivare il primo segnale di allarme: la concorrenza proveniva da zone del mondo dove produrre costava meno, ed il “vizietto” di portare da quelle parti la produzione di auto e componenti l’avevamo inaugurata proprio noi occidentali chiudendo Stabilimenti per portarli in Est Europa ed in Oriente; ma non per alimentare quei mercati, come accadde con l’invasione del Sud America decenni prima, ma per costruire a meno le auto che “qui” avremmo comprato con tassi di inoccupazione e di desertificazione industriale sempre in aumento…Curioso anche che la delocalizzazione produttiva di accessori e componentistica cominciasse a diventare in Europa una concorrenza nella concorrenza, visto che l’Aftermarket indipendente cominciava a diventare maggioritario rispetto a quello Casamadre.

Questo non vene visto come un problema immediato: lo diventerà piu’ avanti; per ora, e siamo alla fine degli anni Novanta, il mondo Auto vedevalo sviluppo di ben sette fenomeni commerciali in parallelo: 

– La riduzione dei processi di svalutazione competitiva a favore dell’Export;

– L’estensione di Gamma e di Listini verso il basso e verso l’alto;

– Il consolidamento di Gruppi Asiatici (Corea) e giapponesi nel mercato globale;

– Un inasprimento delle diverse costruzioni normative continentali in chiave anti-concorrenza (norme di sicurezza, antiemissione, etc…)

– Un progressivo affaccio sui mercato Retail di dimensioni nazionali e continentali precedentemente escluse dal mondo globale (Asia e Est Europa) che cominciano a generare nuova domanda;

– La diffusione in aree emergenti di Know How e di Industria Auto e Aftermarket in grado di generare concorrenza indiretta;

-L’espansione di Gruppi e Network multinazionali che inglobano ex marchi indipendenti, con l’espansione al loro interno delle Divisioni finanziarie.

La risposta unitaria, di fronte ad un mercato finanziario in cerca di espansione e di nuovi sistemi monetari molto propensi a generare liquidità, sembra dunque essere universale: il credito.

Da “Elycopter Money” a “Credit Storm” in meno di quindici anni

Con il Credito si può aumentare la massa critica di potenziali acquirenti, finanziando il nuovo e l’usato recente: in questo modo sempre più persone si rivolgono ai Dealer e non al mercato privato;

Con il credito si può “mascherare” un apparente calo del prezzo di vendita “spalmando” il minor margine del “ferro” sulle rate; 

Con il credito si può fidelizzare il Cliente sia nell’Aftermarket (rate inclusive del Service) sia nel Remarketing (ciclo di sostituzione programmata).

Il primo problema del Credito “a pioggia” a partire dagli anni Novanta, tuttavia, è stato progressivamente quello del ricorso alla liquidità presso i mercati finanziari, ottenuto più massicciamente attraverso gli “ABS” (Asset BackedSecurities) che le Captive Bank delle Case Costruttrici confezionavano per offrirlo al mercato obbligazionario.

Di fatto, gli ABS sono remunerati dai rimborsi delle Rate pagate dai debitori alle stesse Captive, che generano i flussi di cassa con cui vengono pagati periodicamente gli obbligazionisti. Il fatto è che con la liquidità ottenuta dal mercato, le stesse Captive non hanno fatto altro che alimentare nuovo credito, a sua volta finanziato da nuove obbligazioni, che venivano garantite fondamentalmente dal nuovo debito che veniva a crearsi…….In parole povere, per ogni dollaro di valore di un bene venduto, cominciava a generarsi un volume di liquidità impegnata pari almeno al doppio, e tutta catalogabile come debito.

Tutto bene quando gli impegni sono rispettati. Ma cosa accade quando il sistema ha degli inceppi?

E quali sono gli inceppi? Beh, certamente il primo è una esplosione di sofferenze, che si legano spesso a fasi depressive dell’economia, a crisi valutarie ed a svalutazioni repentine, a cali dell’occupazione, etc. 

Questa serie di cause è tuttavia motivo spesso di interventi governativi ed istituzionali anche transnazionali per risolvere una congiuntura globale: con questa ottica dunque è ragionevole pensare ad iniziative globali che in parte risollevino anche il comparto Automotive. 

E’ il caso del Crack Lehman del 2008 quando la crisi dei crediti subprime portò, nel suo effetto devastante sui flussi finanziari e sulle quotazioni delle Case automobilistiche, a veri e propri “aiuti di Stato”.

Tuttavia non sono solo congiunture globali o effetti generali a deprimere la qualità del Credito generando gradualmente da un lato quelli che sono “Non Performing Loans” (cioè Crediti non gestibili) e dall’altro a rendere “spazzatura” obbligazioni e titoli di cui è titolare un Gruppo Auto e che maturano anche da sofferenze fuori misura. 

Il problema tutto interno al mondo dell’Auto è quando le crisi sono circoscritte solo a questo. E’ il caso di tre trend negativi che seppur circoscritti al mercato delle quattro ruote può rischiare davvero di far saltare il “banco”. E che diverse volte in corso di trenta anni si sono verificate e spesso assommate.

Tutte le “crisi” partono dall’Usato: possibile?

Insomma, il problema non è solo nel volume di credito concesso che “galleggia” sopra il mercato auto, anche se si tratta sempre di soldi che nominalmente il Costruttore ha “anticipato” ai Clienti e che deve essere restituito sulla base di una promessa contrattuale: chiaro che sui crediti concessi sussistono coperture dal rischio default, compresi nei tassi finanziari applicati, e che anche per questo un finanziamento Auto appare caro per la somma dei costi finanziari che include.

Però ci sono condizioni “intramercato” che possono demotivare il Cliente a rispettare le condizioni rateali cui è obbligato.

Una di queste è sintomaticamente il crollo progressivo del valore dell’auto Usata sia in proporzione al listino di una nuova, sia in rapporto al debito finanziario acceso sulla stessa auto Usata. 

Al di là delle conseguenze legate alla morosità, se però il valore dell’auto acquistata finisce per essere sproporzionatamente inferiore all’ammontare del debito finanziario in piedi, il debitore può attivare modalità “negative” che vanno dalla estinzione del credito con successiva uscita dal corpo dei potenziali Clienti, fino alla interruzione dei pagamenti per la ricerca di soluzioni stragiudiziali (saldo stralcio, rinegoziazione, etc.). 

Ma una seconda conseguenza del crollo del valore dell’Usato è il distacco del Cliente dalla Rete Aftermarket “OES” per cercare tariffe e condizioni più convenienti nel mondo degli “I.A.M.” in termini di Service e di Ricambi. 

Questo oltre a distrarre dai Costruttori una fetta importante di liquidità generata dall’Aftermarketallontana i Clienti dall’obbiettivo di fidelizzazione che il sistema finanziario Retail avrebbe invece dovuto stimolare. 

Il calo costante, progressivo ed inarrestabile del valore medio dell’Usato circolante è stato causato largamente da quattro fattori in Europa (dove i problemi del settore Automotive sono proporzionalmente più perniciosi rispetto agli altri Continenti:

– L’aumento delle quote di nuove immatricolazioni finanziate spostava i margini dal prodotto ai ricavi del pacchetto finanziario, e questo spingeva all’escamotage del “Dumping” sui prezzi di Listino che venivano artificiosamente ridotti per accattivarsi fette crescenti di nuovi Clienti;

– La calendarizzazione di steps antiemissioneprogressivi che ad ogni “scatto” aumentavano l’obsolescenza dell’auto in aggiunta ai parametri di condizioni, chilometri ed età;

– La competizione tutta interna all’Europa in poco più di vent’anni – da inizio anni ’90 al 2015 – sul motore Diesel che ha portato quest’ultimo a dotarsi delle evoluzioni e delle migliorie che il motore a benzina aveva corrispondentemente conquistato in oltre mezzo secolo;

-Ed infine, proprio quel DieselGate che se negli USA coinvolgeva un mercato da 11% di parco circolante Car/LCV, il Europa toccava ancora il 58% di immatricolato annuo ed il 48% di Parco circolante nel 2015.

Il Diesel: il gagliardetto “UE” che l’Europa non ha saputo difendere

Quest’ultimo “tsunami” isolato ha ovviamente chiuso il cerchio su un modello di sviluppo commerciale basato in tutta Europa da un solo metodo di vendita, dove la svalutazione del prodotto usato era visto con favore dai Dealer perché riduceva l’esborso in controvalore per la permuta ed avrebbe favorito i margini del Remarketing. Ovviamente tutto questo era solo una chimera.

Siamo tuttavia arrivati al 2015, e nel frattempo segnali preoccupanti sul peggioramento del ciclo di credito e sulla crescita di sofferenze e NPL replicano gli allarmi che le Società di Rating lanciavano già tra il 2005 ed il 2009: i Costruttori tentano di costruire, ciascuno per il profilo con cui è conosciuto, una nuova immagine Green e Smart preannunciando progressi nella ecomobilità e nel nuovo fronte del “Mobility Providing”. 

Nascono nuove sinergie e persino Network e raggruppamenti basati su Energy Storage, Zero Emission, Guida Autonoma e Smart Mobility. 

Tutto questo riporta ossigeno ai Rating, alle quotazioni ed ai profili finanziari di diversi Costruttori, ma non risolve i problemi discriminanti.

C’è ancora una mole di auto invendute in giacenza, la svalutazione del Parco Auto usato continua, e rimane un volume di crediti erogati notevole, mentre la disponibilità degli investitori a riversare denaro nel comparto Auto si riduce.

“Mobility Provider”, “Smart” ed “Eco” mobilità: e poi, il Lockdown

Siamo anche negli anni in cui da Oriente si riversa in Europa una mole di componentistica, semilavorati ed attrezzature elevatissima: si accende il faro sulla falsificazione e sui circuiti commerciali illegali, senza che tuttavia la fuga del Cliente dall’Aftermarket “OES” possa interrompersi.

Ed arriva il “Lockdown”: blocco della Supply Chain da Oriente, disciplina delle attività di Officine e Dealer in tutta Europa e nel Mondo, ed ovviamente una serie di moratorie su crediti e pagamenti che interessa tutti i settori, incluse la Auto: ritorna in auge la “Clausola di forza maggiore”.

Uno degli effetti globali generato dal Lockdown è stato un parziale riassorbimento della massa monetaria buttata sui mercati da Governatori e Banche Centrali folli. 

La seconda conseguenza del Lockdown sul mercato Auto è stata la interruzione del circolo vizioso della concorrenza ad oltranza, ed ogni Gruppo Auto a quel punto doveva “puntellarsi” attraverso una serie di “dispositivi” attuati in corso d’opera: sviluppo di sinergie con il mondo del Renting e dello Sharing; riconversione delle linee produttive all’Ibridazione in parallelo; nuovi piani di insediamento e riposizionamento industriale di siti ed Impianti.

Posto che in Cina, il Lockdow, ha dato vita alla più grande rivoluzione del mercato dalla fine del “muro” socialista: dal 2022 non sarebbe più stato necessario attivare sinergie e Joint Ventures penalizzanti per i Costruttori esteri interessati ad importare od a costruire nel continente cinese.

Dopo il Lockdown tornano i “Vasi chiusi” ?

Ma soprattutto il Lockdown è servito per “avvicinare” il mondo globale alla ipotesi di non esserlo più: da quel 2020 pare quasi non esservi più un mondo aperto, un accordo WTO, e sembra che quella Cina sia tornata un poco lontana dall’Occidente. A livello Automotive questo ha significato progressivamente, in soli tre anni da allora:

La trasformazione della catena della Supply Chain, con risorse, materie prime e semilavorati sempre meno disponibili in un’era dove l’Austerithy non è per la carenza di materiale ma per la maggiore domanda che proviene da latitudini lontane dall’Europa; 

La riduzione della disponibilità di nuovo non è legata solo all’aumento dei costi energetici ed alla carenza di risorse ma alla esigenza di smaltire Stock di giacenze invendute sul territorio UE ed USA: tanto è vero – se ci fate attenzione – che le cronache elencano la crisi inesorabile delle piattaforme di trading all’ingrosso di Auto Usate, e la rinascita di strutture “Captive” (Renault Renew, per citarne una) dedicare alla intermediazione dell’Usato di qualità;

La riduzione della disponibilità di auto nuove è anche la causa della fine del “Pronta consegna” a favore di un “Just in Time” a basso costo, dove l’ordine (raro) di auto nuove da parte dei Privati viene esitato in settimane: come una volta; e dove il grosso degli ordinativi è invece in mano a Noleggiatori e Flotte;

Il blocco della catena di Supply Chain sta pesando soprattutto sull’Aftermarket I.A.M., mentre gli OEM continuano a riorganizzarsi sul territorio anche con Reti di Service e Componentistica riservata al mercato Retail generico;

Sul fronte del “Nuovo” in attesa che si definiscano regole nuove per la “BER” dal 2028 si nota un aumento dei vincoli del mondo I.A.M. sull’Aftermarket di auto nuove, sempre più blindate da Software proprietari e brevetti sulla parte “elettrica” dei loro mezzi;

Derivata inevitabile di tutta questa situazione è la crescita dei prezzi delle auto usate in tutta Europa (mentre in USA cominciano a scendere): da cosa è dovuto, quali paradossi apparentemente genera, e quali conseguenze avrà tutto questo?

I prezzi risalgono ?? Meno male !!!

Fatto “100” il volume di affari annuo che un Costruttore deve ottenere nel mondo, è indifferente che possa conseguirlo con Clienti europei, americani asiatici; che lo raggiunga con nuovo o con usato, o con servizi Aftermarket; e che – persino – questi servizi aftermarket non comprendano Utilities e Mobility providing.

L’importante per il Costruttore è essere “credibile” nella sua offerta e nel segmento in cui opera. 

Guardiamo cosa è accaduto 10 anni fa: completa adesione ai principi dell’elettrico; guardiamo alle cronache odierne: non c’è un Marchio che non mostri interesse e si adoperi in sviluppo e test di alimentazione ad Idrogeno; questa è credibilità, in un contesto in cui le auto “BEV” propriamente dette sono ancora una quota minoritaria e si celebra come un traguardo la diffusione – quasi obbligata – delle Ibride in parallelo? Cosa bolle dunque in pentola per i Costruttori? 

Primo: ridurre la catena del debito e delle esposizioni, perché è finito il tempo del denaro a tasso ridotto, ed in troppi ne hanno approfittato male;

Secondo: riposizionarsi secondo un prossimo nuovo panorama di Gruppi, Alleanze, Gamme di prodotto, Mercati da aggredire;

Terzo: Diversificare, che è tutto il contrario di quello che il pensiero “pseudo-unico” sull’Elettrico sta provando ad instillare; o meglio, costruire identità parallele e complementari – se non addirittura concentriche – in grado di affiancare e supportare il Marchio su mercati e offerte diversificate. 

Mi spiego: posto che la specializzazione monosettoriale di “Tesla” in tema di mobilità elettrica è irreplicabile per quasi tutti gli altri Brand (o generalisti o Premium), è quasi più razionale e plausibile che ogni Costruttore “costruisca” una sottostruttura collegata in grado di poter agire al meglio in ogni mercato.

Certo che trends, dichiarazioni, proiezioni ed opportunità di questo ultimo scorcio di mercato fanno ritenere poco probabile una conversione “monoteista” dei Costruttori verso la tecnologia elettrica: è così probabile che attraverso organizzazioni e “divisioni” diverse ogni Marchio vorrà comunque essere presente contemporaneamente nel mondo del MobilityProviding, dell’elettrico, dell’endotermico a carburante alternativo, dei servizi di Rent e di Sharing; vorrà mantenere il Business dell’Aftermarket, del recupero e del riciclo delle componenti; dunque manterrà interesse commerciale nel promuovere l’Usato con servizi di intermediazione, trasformazione, recupero, etc….E da tutto questo cercherà di fare quel risultato operativo che in tempi generosi gli era possibile con il solo mercato del nuovo.

Aumenteranno i prezzi? Certamente, per la classica “azione/reazione” del livellamento tra “Bottom” e “Top” del mercato: se crescono i valori dell’Usato, se la soglia di “Low Cost” delle elettriche pure già si prevede vicina ai 20.000,00 Euro,se dunque anche le classiche “endotermiche” ausiliate da un ibrido in parallelo dovranno adeguarsi, è naturale che anche i costi dell’Aftermarket cresceranno. Prima che, a quanto sembra, non arriveranno anche E-Fuel e Biocarburanti che si prevedono in commercio su soglie di prezzo dai 3 ai 5/6 Euro al Litro. 

No, decisamente: l’Automotive non sarà più democratico. E neppure globale.

Riccardo Bellumori

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