Storie di Auto e beneficenza: Ford e Ospedale Bambino Gesù

Oggi la parola “Dealer” sembra non essere neppure più contemplata dal lessico di
settore, e sembra aver perso la centralità del ruolo commerciale che in ambito
Automotive ha mantenuto fino a pochi anni fa.
Io ho avuto una esperienza abbastanza importante dentro un Dealer per diversi anni,
appena prima che il tracollo del mercato decretasse una sorta di crisi nel sistema
tradizionale di distribuzione commerciale auto.
Questo per anticipare tuttavia che per un certo periodo sono stato onorato di aver
collaborato con un Dealer al tempo in cui era attiva una iniziativa benefica a favore di
un Ospedale che ai romani sta particolarmente a cuore:
il “Bambin Gesù” con le sue sei Sedi tra le quali il Gianicolo e la sede distaccata di
Palidoro, oltre al Centro a San Paolo.
Questa struttura si occupa di cercare soluzioni e di restituire speranza e sorriso a tanti
bambini che la vita ha colto per affrontare prove così crudeli e così più grandi di loro.
Costringendoci, forzandoci a pensare che il modo ideale per affrontare questi aspetti
così misteriosi ed insieme tristi della vita umana non può essere solo voltarsi
dall’altra parte, o tentare di ignorare questa dimensione del dolore fintanto che, o fin
quando, qualche tragedia non ci porta dentro un vortice o una tempesta.
Vi confesso che diverse volte ho varcato la soglia del Bambino Gesù. Come visitatore,
come donatore. Come uomo che, soprattutto, si è vergognato di pensare, un attimo
prima di varcare la soglia, di avere dolori o problemi di chissà quale entità o diritto di
precedenza.
Nulla appare più come prima quando ci si accosta al dolore di un bambino. Dicono
che a guardare con animo attento e sincero i suoi occhi ci si sente sempre colpevoli di
qualcosa. Anche semplicemente di non sapere come essere di aiuto.
Ecco, è esattamente quel che sento io dopo anni di distanza dall’aver percorso quei
corridoi: nulla trova spiegazione nel male di un bambino, nulla che non vorresti
strappare da loro per farne un tuo vestito, un modo per spostare per sempre da quelle
creature un male che non meritano e che sa di ingiustizia insanabile e di domande
perennemente senza risposta.

Sono i piccoli gesti che portano a grandi risultati

Neppure nelle iniziative benefiche si trova subito una risposta, per quelle piccole
anime; ma si può generare un aiuto per alimentare la speranza, si può ridurre la
distanza tra il silenzio colpevole e la superficialità del non voler conoscere per non
soffrire.

Mi ricordo di Gunnar Nilsson: era un ottimo pilota svedese di Formula Uno, rampollo
di una ricca famiglia di imprenditori.
Siamo nel 1976, a Gunnar non mancano certo le possibilità ed il supporto familiare
per far fronte ai problemi della vita, anche se la stessa famiglia gli ha negato ogni
favore economico legato al sostegno dei costi della sua passione sportiva: in parole
povere la “dinastia” è contraria a che Gunnar rischi la vita per correre e lo costringe
ad un inizio di veri sacrifici per avere ogni anno un volante, fino al suo arrivo in
Formula Uno con la Lotus.
Appunto nel 1976 dopo tribolazioni e mille difficoltà economiche Gunnar si batte
gomito a gomito con Lauda, Regazzoni, Hunt. E’ un ottimo pilota, capace di spunti e
di guizzi vincenti; ma c’è un “ma”.
Forse per l’abitudine alle difficoltà ed alle sofferenze legate alla sua passione, che lo
portano a trascurare alcuni segnali del suo corpo; forse per la condizione massacrante
delle monoposto di Formula Uno dalle quali più di un pilota scendeva a fine Gara con
dolori, lividi, echimosi, strappi e contusioni per la violenza e la durezza cavernicola
di quelle macchine da guerra….
Fatto sta che man mano che i mesi passano Gunnar sente sempre più distinto ed
incisivo un dolore localizzato come una lama conficcata sotto il suo ombelico.
Forse quel dolore, nascendo, era stato confuso con l’effetto delle cinture di sicurezza
inguinali che impediscono al pilota di scivolare in avanti nelle frenate violente, ma
dall’estate del 1977 comincia un dolore sordo, che blocca il respiro e stinge i fianchi
del nostro ragazzo come una tenaglia. Gunnar è ancora un ragazzo, non ha compiuto
nemmeno trenta anni.

La storia di Gunnar Nilsson, il suo lascito per i bambini malati

A Novembre Gunnar decide di svolgere analisi e biopsie, e scopre la più vigliacca
delle verità: apprende di avere un tumore ma di non avere grandi speranze, perché
alla sua ancora giovane età le metastasi si sono diffuse ormai in modo irreversibile
per la farmacologia e le terapie del tempo.
Da allora fino alla fine di Ottobre del 1978, un anno dopo, Gunnar Nilsson conoscerà
l’aspetto tragico del suo decorso di malattia; ma toccherà per la prima volta con
mano la dimensione della sofferenza che a lui fa più male, quella dei bambini.
‘’La mia malattia è molto brutta, ma vedere questi bambini che, come me, devono
fare la radioterapia e devono sostenere queste cure molto forti, mi provoca
angoscia…’’
Con queste parole il pilota, nei suoi ultimi giorni di vita, decide di avviare una
raccolta di fondi per promuovere sia la ricerca contro il cancro, sia l’apertura di un
centro per lo studio ed il trattamento del male del secolo.

Pur arrivato a pesare meno di 40 Kg, e sempre più preda dei dolori, il ragazzo si offre
al martirio peggiore pur di rispondere con amore e passione al suo impegno: nelle
ultime settimane prima di morire Gunnar rinuncia alla terapia del dolore che gli
provoca uno stato di sonnolenza ed apatia talmente pesante da renderlo intorpidito e
narcolettico per giorni.
Ma Gunnar non vuole evitare il dolore fisico, ma l’angoscia di non poter rendere
concreto il “suo” regalo a tutti i bambini del mondo: regalare loro un segno di
speranza con quello che diventerà la “Gunnar Nilsson Cancer Foundation”.
Poco prima di spirare all’ospedale di Charing Cross a Londra, Gunnar riepiloga con
una lettera rivolta ad amici, celebrità, Istituzioni, il suo desiderio affinche’ la battaglia
che lui ha perso non sia una condanna per le generazioni future.
E quel suo dolore sempre più infernale, non più lenìto dalla morfina, è un movente
ancora più forte per non gettare la spugna: il cancro può portare via lui, ma non
impedirà al suo sogno di avere un futuro.

Dice un piccolo proverbio che il dovere di ognuno di noi è quello di lasciare il mondo
che percorriamo migliore di come lo abbiamo trovato: credo che questo titolo di
merito non può essere negato a Gunnar Nilsson.
Nel corso dei decenni diversi altri esponenti del mondo dei motori (e dello Sport)
hanno dato vita ad iniziative benefiche, ed ecco da cosa nasce il mio ricordo
orgoglioso di aver dato l’umile contributo di ex venditore ad una iniziativa concertata
all’epoca tra Ford Italia e l’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, il più grande
Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa, anche perché collegato ai
maggiori centri internazionali di settore.
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: ogni giorno con e per i bambini
Sei Poli di ricovero e cura (Gianicolo, San Paolo fuori le Mura, Viale Baldelli nella
cinta urbana capitolina più le Sedi di Palidoro, Santa Marinella e Passoscuro.
Elencare Sedi e posti letto del Bambin Gesù fa balenare subito alla mente quei
bambini che saremmo tutti più contenti di pensare in un ambiente di giochi, intenti a
far muovere ed accompagnare con il caratteristico sonoro “Bruuuuummmm” le
automobiline, o altri giocattoli.
Invece in sorte toccano a loro i laboratori di ricerca dell’Ospedale per le più moderne
indagini genetiche e cellulari; oppure una Officina farmaceutiva rivolta allo studio e
perfezionamento di terapie avanzate.

Così come a supporto dei bambini interviene il network Database Orphanet, dedicato
allo studio ed alla raccolta di esperienze sulle malattie rare attraverso la
partecipazione di ben 40 Stati.
Tutto questo ed altro costituisce oggi la protezione e l’attenzione verso il disagio e la
malattia dei bambini in Italia, Europa e nel Mondo poiché l’organizzazione del
Bambino Gesù è impegnata in programmi sanitari con undici Paesi: Giordania,
Cambogia, Giappone, Kenya, Tanzania, Costa d’Avorio, Etiopia, Perù, Panama,
Ecuador e Colombia.
Inoltre, ci sono accordi firmati con altri 4 Paesi: Egitto, Bolivia, Albania e
Kazakistan.
La Fondazione Bambino Gesù Onlus è a sua volta attiva nella copertura di assistenza
a decine di bambini pazienti umanitari provenienti dall’estero e privi di sostegno da
parte del SSN.
Come ricordavo, il mondo Automotive ha mostrato spesso un lato di sensibilità e di
solidarietà, che in parte compensa una lunga serie di pregiudizi, diffidenze e leggende
metropolitane sui vizi e lati oscuri dell’Auto, messa decisamente alle strette nella sua
dimensione “convenzionale” dal mondo della elettromobilità; in questo aspetto così
pregiudizievole dell’immagine auto, restano scampoli di storia in cui il mondo dei
motori si è reso protagonista, in Italia ed a livello internarzionale, di alcune iniziative
importanti per fare del bene.
Io sono stato uno dei “manovali” (da Funzionario vendite) appunto della Campagna
nata in sinergia tra Ospedale Bambino Gesù e Ford Italia: la compagnia
automobilistica ha finanziato con oltre 2.250 milioni di euro il nuovo padiglione di
neuroscienze infantili. Un milione e mezzo raccolto fra clienti, dipendenti e
concessionari e soprattutto clienti. La filiale italiana della casa di Detroit ha fatto da
perno istituzionale e commerciale nel nostro Paese per una iniziativa impegnata nella
sponsorizzazione di un intervento importante nel famoso pediatrico romano: dare vita
ad un nuovo Padiglione di neuroscienza infantile.

L’iniziativa Ford e Bambino Gesù per un nuovo Padiglione

Il progetto partì nel suo protocollo di accordo (all’epoca Presidente Ford Italia era
Andrea Formica) nel Settembre del 1999, grazie alla sensibilità della filiale italiana,
all’impegno sul campo dei Dealer e grazie anche alla presenza di un grande ed
illuminato Professor Adriano Bompiani.
Nel 2001 la tappa fondamentale: l’inaugurazione della struttura, avvenuta prima di
Natale (19 dicembre), alla presenza dei vertici della Ford mondiale era presente il
direttore di Ford Motor Company; Edsel B. Ford II, con il presidente di Ford Italia
Andrea Formica, del sindaco di Roma, Walter Veltroni e del segretario di Stato
Vaticano, Angelo Sodano. Va ricordato quanto fu impegnativa la costruzione di quel Padiglione Ford: sorto nell’ultimo lembo di terra disponibile a ridosso delle mura vaticane, per essere edificato richiese prima della costruzione un lavoro certosino di rafforzamento e adeguamento delle pareti limitrofe.

Come dimenticare poi il grande supporto mediatico e strategico della importante Agenzia di Pubblicità Young&Rubicam, oltre alla solidarietà ed al supporto di nomi illustri della Società dell’epoca: dalla Duchessa Salviati che ospitò la serata di gala dove intervenne anche Susanna Agnelli, e l’impegno speso da Chicco Testa, allora Presidente dell’ENEL, che facilitò il contatto con la Roma Volley.

A corollario di pregio sportivo della iniziativa solidale, vi fu la sponsorizzazione della
squadra romana di Volley denominata appunto “Ford per il Bambino Gesù Roma
Volley

Particolarità: come prima pietra del Padiglione Ford fu utilizzata una pietra
della Porta Santa, aperta in occasione del Grande Giubileo del 2000.
Con l’apertura del Padiglione si realizzò un passo importante, e fu per molti un
momento di orgoglio e commozione. Sentivamo di aver fatto qualcosa per i nostri
angeli, sentivamo di aver in qualche modo fatto onore ad alcune responsabilità che i
grandi hanno verso i più piccoli e i più deboli.
Successivamente, ma solo per la cronaca, anche ALD Automotive (Società di
Noleggio in un certo senso legata al Gruppo Ford) ha partecipato con la Fondazione
Ronald McDonald ad una iniziativa verso il Bambino Gesù. E certo è una ennesima
di tante azioni solidali. In questo l’Ospedale e la Fondazione continuano a
sensibilizzare tutti noi a fare qualcosa: contributi, donazioni, Shop solidale, lasciti e
testamenti, destinazione del 5×1000; una serie di possibili azioni che ciascuno di noi
può fare per testimoniare il proprio affetto e senso di protezione verso i bambini.
Chissà, che anche questo nostro piccolo Post faccia il suo limitato dovere, e Vi
ricordi che è importante accorgersi di chi sta male, soprattutto se ha gli occhi di un
bimbo; e che ognuno di noi ha il dovere di fare il possibile per non spegnere la
speranza.
Riccardo Bellumori

Redazione
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