Tutte le domande sull’Auto europea che non avreste mai pensato di fare

Quali sono le domande più scomode e insidiose che e si possono ad oggi porre sulle auto europee? In questo articolo proviamo a dare una risposta nel dettaglio. 

1) La UE ci difende con i Dazi dalle BEV cinesi, o finora le ha rese più pericolose?

La questione Superdazi sulle BEV cinesi, ed in generale la fragilità dimensionale dei Marchi europei rispetto al rischio invasione da Asia, Cina e India ha distratto l’Opinione pubblica da un quesito: cosa ha reso improvvisamente pericolose ed importanti allo stesso tempo le BEV cinesi? Semplicemente la sensazione nel consumatore europeo non vi sia alternativa possibile alla mobilità elettrica visto il bombardamento suicida della UE sul motore endotermico (vero fiore all’occhiello della presenza europea nel mondo) e l’assenza di una piattaforma europea dell’elettrico capace di essere davvero competitiva e concorrenziale con i paradisi asiatici e indiani della filosofia BEV. Dunque finchè, per idiozia od interessi tutti da chiarire nella loro legittimità, la politica europea non porterà di nuovo il motore endotermico al rango di interlocutore alternativo all’elettrico puro con l’Ibridazione in serie e con le alimentazioni alternative, le BEV cinesi saranno l’unica soluzione percorribile per il consumatore europeo.

2) I Dazi sono una garanzia per le regole di concorrenza, ed un vantaggio per i consumatori?

No, sono una iniziativa debole di una politica debole. Un mio vecchio zio era solito dire che le poltrone si occupano con la testa e non con i glutei, e questo slogan andrebbe recapitato a Bruxelles. I Dazi ripeteranno in peggio quel che è capitato mezzo secolo fa nella guerra commerciale eurogiapponese sulle moto: il Giappone aggirò i dazi impiantando Stabilimenti in Italia, Grecia, Inghilterra ed altri Paesi aderenti alla CEE, ed in 15 anni dominarono la ridicola concorrenza europea che non veniva in nessun modo assistita dall’Europa al contrario di quel che faceva il Governo di Tokyo. La stessa cosa accadrà con le BEV cinesi: i Costruttori si insedieranno in Europa con linee di produzione prese tal quali dalla Cina, operando tuttavia un markup di prezzo legato ai maggiori costi industriali rispetto alla mera importazione senza Dazi. La cosa si estendera’ ai rapporti di costruzione su licenza od alle JV tipo LeapMotor/Stellantis creando in pochi anni un microcosmo di modelli pseudo cinesi che saranno semplicemente più cari essendo prodotte nominalmente in Europa. E dunque per tutelare una concorrenza inesistente la Commissione farà semplicemente pagare le BEV cinesi più di quanto sarebbe accaduto in un regime privo di sanzioni.

3) Si rischia un cartello tra Brand Automotive sui prezzi di base delle “BEV”?

Certamente, e non è solo e non è più semplicemente un rischio: forse questo cartello, culturalmente e ideologicamente esiste già ancora prima che siano lanciati sul mercato nuovi modelli BEV “Entry Level”: è un “filone” alimentato dalle tante e troppe dichiarazioni preventive di tutti i Costruttori all’unisono (nonostante la apparente concorrenzialità) che abbattono il miraggio di auto Low Cost elettriche molto inferiori ai ventimila Euro; è un fenomeno legato alla nuova segmentazione del mercato BEV che sotto determinate soglie e modelli propone direttamente soluzioni di Renting e Sharing invece che un prezzo di Listino, oppure offre direttamente le Km Zero piuttosto che il nuovo.

L’ipotesi che si abbiano modelli concorrenti tra loro con soglie di accesso quasi fotocopia è un rischio però per il consumatore destinato a pagare importi elevati per l’assenza di soluzioni alternative. Questo a meno che la Commissione ed il Parlamento non procedano ad una revisione drastica dell’eutanasia decretata per i motori endotermici.

4) Le BEV cinesi soggette a Dazi per contributi illegittimi in Europa saranno ecoincentivabili?

E’ l’ulteriore assurdità della strategia demenziale della Commissione in tema di Dazi ed agevolazioni: Quelli che il Governo cinese dispensa direttamente ai Costruttori locali sono sostegni pubblici “a monte” della catena produttiva. Ma esiste una ragionevolezza giuridica per negare che gli ecoincentivi dispensati dai Governi nazionali dentro la UE possano essere ritenuti sostegni pubblici “a valle” del workflow di vendita? Seppur tematici e motivati, sono contributi che abbattono artificialmente il prezzo di acquisto, non di listino, dell’auto incentivata. 

5) La Cina ha un reale interesse ad invadere l’Europa con le sue auto?

Bella domanda: Vi rispondo così; quando nel 2009 in tutta Europa scoppiarono i primi effetti del Crack Lehman e la prima beatificazione delle auto elettriche, la indiana Tata (appena acquistate Jaguar e Land Rover, dunque ben presente in tutte le piazze commerciali d’Occidente) presentò la full electric “Nano”. Misure e allestimento da Citycar quattro posti, omologazione europea ed EuroNcap ottenuta. Prezzo in casa 1.500,00 Euro (!!!! Esatto, mille e 500 euro). Portata in Europa, e venduta a cifre a partire da novemila Euro avrebbe consentito un ricarico ed un margine colossali, restando persino concorrente di piccole BEV come Citroen C-Zero, DR1 e Renault Twizy. E di certo l’ambiente e l’opinione pubblica favorevole all’epoca c’erano tutti. Cosa ha fatto desistere la Tata da una operazione a costo zero e dal rischio minimo? Cosa ha generato una moria di soluzioni “Entry Level” e “Low Cost” (non ultima la Dacia Spring) che hanno rapidamente fatto rotta contraria quando il prezzo di offerta si è pericolosamente portato alle soglie di acquisto di un buon endotermico nuovo? Ve lo dico io: la volontà di non tagliare del tutto via dal mercato l’eventuale opzione “di salvaguardia” proprio per le alternative endotermiche “pure” o Hybrid. Pertanto, la prima risposta è che un sistema produttivo come la Cina vede in primo luogo l’opportunità di soddisfare una domanda interna già pari al volume del venduto annuo in tutta Europa ma in continua crescita. Ed in assenza di domanda forte nel Vecchio Continente è tutto da vedere se i Brand cinesi avranno voglia di investire in massa in stabilimenti produttivi europei. Al massimo potranno avviare rapporti su licenza.

6) La Cina può essere concorrente dei Brand europei sull’Endotermico?

Ma non scherziamo neppure: solo il Giappone, e per determinate soluzioni e architetture tecnologiche, può oggi impensierire la storia e la classe dei Brand europei in tema di motore classico. Nessuno può competere con la progettazione, la metallurgia e la subfornitura dei Distretti europei, e poi anche se la Cina può opporre prezzi di partenza inferiori dovrebbe comunque adeguare la sua produzione allo Step Euro VII e garantire un servizio di Post vendita concorrenziale a quello continentale. Non è mai avvenuto, un motivo ci deve pur essere.

7) Quanto è concreta la diffusione di massa delle auto “BEV” in Europa?

Questo è un falso problema, ma si può e si potrà parlare di un uso diffuso della mobilità Z.E. anche con quote prevedibili di massimo il 10/12% di auto elettriche in Europa: basta proiettare al futuro prossimo la serie di supporti e di azioni possibili con Sharing e Pooling, e con i supporti di mobilità “micro”, “Smart”, “Urban” (Quadricicli, E-scooter, etc…) di cui ci doteremo “on demand” e per utilizzi specifici; dunque sembra difficile che, con l’assenza di una leva del prezzo basso, vi possa essere una invasione di BEV maggioritarie in volumi e unità su un Parco circolante di 160 milioni di pezzi nei confini europei.

8) Noi europei stiamo “finanziando” l’ingresso dei Brand continentali nei mercati emergenti?

Strano mondo, l’Europa, per il mondo Auto: da quando è nata l’Unione – nel 1992 – i confini comunitari sono sempre costantemente cresciuti (siamo passati dai sei Paesi fondatori della prima Unione politica postbellica, ai Dodici firmatari di Maastricht, ed oggi dopo aver raggiunto quota 27 inizia una ipotesi di trattativa con l’Ucraina) ma il volume di auto prodotte negli Stabilimenti interni alla UE è progressivamente calato e in proporzione i numeri medi “procapite” di produzione annuale è oggi letteralmente dimezzata rispetto a 30 anni fa. Di certo i Brand europei dichiarano situazioni di criticità o di quasi defalt solo nel vecchio Contiente, mentre in Cina ed Asia, come nelle aree a basso costo produttivo continuano ad investire. Andate a contabilizzare le spese di un qualunque Gruppo europeo in stabilimenti produttivi in Brasile, Uruguay, Messico, Canada, Marocco, Taiwan, etc. e misurate la situazione di disinvestimento ed esuberi nei siti produttivi della vecchia Europa…….

Contemporaneamente è cresciuto il volume di importazione di auto dai confini extraeuropei, riducendo la simbolica “autosufficienza” che pemetteva alla ex CEE di poter soddisfare con il proprio prodotto interno automobilistico l’85% di domanda.

Tutto questo potrebbe sembrare insensato, se si aggiunge che i Marchi europei “canonici” ed in alcuni casi storici del vecchio Continente hanno aumentato la loro quota produttiva di Gamma sovraimpegnando i propri Stabilimenti in Asia, Turchia, Sudamerica, NordAfrica, ed aree extraeuropee; e che, per corollario, la produzione auto nel mondo lungo quaranta anni è stata in alcune Stagioni praticamente triplicata rispetto ai dati di metà/fine anni Ottanta.

Altra riflessione “curiosa”: alcuni Gruppi Europei lungo i trent’anni di evoluzione comunitaria sono arrivati a volumi annui complessivi straordinari, in alcuni casi avvicinandosi a cifre a quattro zeri, elemento che attesta la loro piena convergenza sul mercato mondiale esteso, al punto da poter ribadire quello che già da qualche tempo si ripete convenzionalmente: la identità o la corrispondenza di un Marchio o di un Gruppo Internazionale con la nazione (storica) di origine ormai lascia il tempo che trova, e forse tra non molti anni cominceremo a ritenere le c.d. “Sedi Legali” delle presenza più giuridico/amministrative che collegamento tra un Marchio e le sue radici: del resto, proprio noi italiani con FCA (Fiat) siamo testimoni di questo, visti i trasferimenti di Sede dell’ormai ex Capogruppo torinese. 

Di fronte a questa “globalizzazione” (in cui se ci fate caso non si sente praticamente più parlare di “Produttori” americani ma di mercato statunitense) il confronto si è radicalizzato tra “Brand Europei” e “Marchi cinesi” con un unico tema in dibattito: la richiesta cadenzata e costante da parte dei “Brand europei” di aiuti all’Unione Europea, chiamata in causa in quanto “casa” degli stessi Marchi.

Ma su questo tema torniamo alla risposta fatta per le prime domande di sopra.

Riccardo Bellumori

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