Era il 1994: una Fiat “Uno” si vendeva per circa 12 milioni di Lire, contanti; accessoriata – pensate – persino con tutte le lamiere verniciate! Per il resto…..l’optional più diffuso era la fantasia.
La Garanzia? Storica dicitura: “Tre anni O centomila chilometri”. Già, ma chi ci arrivava a fare più di 33.333 chilometri all’anno per tre anni così da “plafonare” ottimamente entrambi i limiti e sperare così in qualche ripristino a spese della Casa?
“Quello che non c’è non si rompe”, diceva Boss Henry Ford. Ed infatti la Garanzia stessa era talmente concetto marginale, per il consumatore del tempo, che già dopo il primo anno il Tuo meccanico sotto casa ti invitava per il caffè al Bar e ne usciva con le chiavi dell’auto per tutti gli interventi futuri.
E non era solo un panorama nazionale: il grosso dell’Europa che contava – cioè quella occidentale – aveva dinamiche simili, esclusa la patria della finanza anglosassone…..
All’epoca Mario Monti era ancora un assistente universitario e di lotta agli accordi verticali “Costruttore – Rete ufficiale” da parte dell’Europa non si parlava, dunque il contatto tra Cliente e Concessionaria ricominciava solitamente dopo sette/dieci anni dall’acquisto per il cambio auto.
In mezzo, un triangolo delle Bermude in cui cadeva ogni segnale di vita dell’Automobilista, che per il Dealer diventava un ricordo.
Beh, si: la parola “GARANTITA” tornava di attenzione per il Cliente nel processo di permuta: erano ancora gli anni in cui andare da un privato con la banconota da Centomila Lire per “fermare” un’auto usata cercata su Porta Portese era roba da ultima spiaggia, con tutta la parentela pronta a sconsigliarti dall’incontro con “chissà chi e come ha tenuto quell’auto”. La scelta più razionale era cedere l’auto vecchia al Concessionario in cambio della nuova.
Il “Concessionario” punto di arrivo e di partenza. In mezzo, il vuoto
Scelta più razionale per il Cliente del nuovo, che usava la permuta come anticipo; scelta più razionale per il Cliente Usato che radiografava le auto disponibili sul Piazzale con appunto i fatidici baldacchini siglati “SEMINUOVO” o “GARANTITA” oppure “OCCASIONE”. Poche regole, pochissimi vincoli, molta supercazzola, e fare i Dealer era il lavoro più bello del mondo, ancora.
Poi dagli USA arrivò l’idea di Eustace Wolfington, che diventò l’idea di Ford: o meglio, IdeaFord.
Cambiò in poco tempo una dimensione, quella della vendita; e con sé portò anche un cambio nella dimensione dell’Assistenza. oltre metà auto in vendita veniva finanziata.
In pochi anni fu un fiorire di sistemi di acquisto in grado di trasformare l’auto in un bene di ritorno in Concessionaria, certo; ma con alcuni “gravami”: il rischio connesso al credito su un ammontare finanziario che tra rate, maxirata e servizi inclusi nella dilazione superava di gran lunga il valore commerciale dell’auto; l’allungamento dei requisiti di Garanzia e gli obblighi connessi ai servizi inclusi nelle Rate e a carico di Dealer e Costruttore; ed infine l’obbligo generato da un valore minimo riconosciuto all’auto all’atto dell’eventuale permuta. In parallelo a tutto questo, dunque, cresce l’esigenza di costruire una Rete territoriale di Service degna di questo nome.
Il tempo passa, e la concorrenza si fa più difficile: e allora tanti saluti Henry Ford, l’auto si vende con un elenco infinito di accessori e innovazione meccanica, così si vende meglio.
Si, ma si ripara peggio: le questioni e le diatribe in termini di Garanzia e di corretta pratica di vendita si moltiplicano, mentre nel frattempo sulla Rete del Service ufficiale cala la mannaia “BER”. Basta “muri” al mondo indipendente, i cui fatturati esplodono a danno dei margini del mondo “OEM/OES”.
Qualcuno se ne accorge: dopo il “Crack Lehman” il Lockdown finanziario mette a rischio un mare di credito sospeso ma, soprattutto, rende quell’architettura di meccanica e accessoristica “classica” troppo più costosa in termini di produzione e gestione rispetto al valore cui si è ridotta; arriva il nuovo Eldorado dell’elettrico e, con esso, nasce un nuovo format di organizzazione Industriale Automotive: il “Mobility Provider”.
I Costruttori diventano “Mobility Providers”, i Concessionari?
Cioè quel soggetto che nella costruzione di auto ha non più un fine ma un mezzo: quello di fornire al Cliente finale un insieme di servizi e “plus” correlati all’uso dell’auto. La Connettività, la mobilità intermodale, il perseguimento dei diversi livelli ADAS fino alla Guida Autonoma. In tutto questo il Concessionario perde definitivamente il suo ruolo centrale, superato dalla vendita sul Web, dai Centri di Autonoleggio, dai Responsabili acquisti delle Flotte e persino da idee alternative come i Supermercati.
E siamo allo “ieri” più prossimo al giorno d’oggi. Il Lockdown legato alla pandemia ed il terremoto legato al blocco della Supply Chain sembrano assestare un colpo proibito al concetto del “Mobility Providing”. Del quale non si parla quasi più, dopo una cadenza scandita quasi regolare e persistente, dal 2015 fino al 2019, di annunci ed indiscrezioni sui progressi delle Case e delle Joint Venture in tema di Guida Autonoma ed Auto connessa. E poi, con i miliardi di “IoT” in circolazione, un Downgrading non guasta affatto…………..
Non è proprio più il caso di parlare di sovrastrutture elettroniche, telematiche, in qualche caso persino cibernetiche, di fronte alla crisi dei semiconduttori, alla scarsità delle terre rare, all’aumento dei costi di materia prima. Almeno per ora. Anche se un tema centrale sull’auto in movimento è diventato il Data Sharing e l’E-Payment.
Eppure, anche se non più sottoposte ad upgrade massicci, le auto odierne “sembrano” costare di più: “sembrano”, perché per un terzo sono ormai prive del soprabito finanziario rateale che scaricava sugli interessi il “finto” crollo dei Listini; per un terzo il loro prezzo reale è mascherato dalle condizioni commerciali dei Noleggi; ed infine per il terzo residuo che rimane o poco più si tratta di auto convenzionali con in più qualcosa che ancora dobbiamo imparare ad apprezzare e valutare: il sistema Ibrido.
Di queste nuove auto in commercio il mondo dei Costruttori detiene ormai una quota di “proprietà” parziale e – a ben vedere – costantemente in calo.
L’auto? Una responsabilità condivisa
La parte elettrico-Ibrida è in condivisione con produttori e fornitori di settore e/o con Utilities; la parte di funzionalità multimediale e connessa è condivisa con i Provider di servizi dedicati; ed idem per le componenti e dispositivi ADAS e/o di Guida Autonoma e di controllo da remoto.
Ma non è solo una questione tecnologica o di forza organizzativa: è l’effetto della moltiplicazione di fattispecie giuridiche di responsabilità e di impatto che queste nuove frontiere comportano in aggiunta al canonico rapporto contrattuale tra Costruttore ed Automobilista.
Lo abbiamo anticipato in premessa di questo pezzo: trenta anni fa il perimetro di doveri ed obblighi del Costruttore verso il Cliente era limitato al ferro che perimetrava l’automobile. Oggi il confine dell’utilizzo e delle responsabilità di un’auto sono nell’etere e nella multifunzionalità, con tutto il carico di responsabilità connesse di cui ovviamente nessun Costruttore intende farsi carico direttamente ed in esclusiva. L’auto globale, sempre connessa, multifunzionale e multimediale diventa luogo di incontro tra Costruttori, fornitori di servizi ed Internet Providers. Bene, tra questi chi è o sarà il “capobranco”?
Il futuro? Il Costruttore venderà ai “Service Providers”.
Che noleggeranno ai Clienti.
Sergio Marchionne era solito dire che nel prossimo futuro nel mondo avrebbero trovato posto non più di cinque o sei Gruppi Automobilistici. In fondo ha sbagliato solo nella desinenza finale. Più che di Gruppi Auto dovremmo parlare di “Mobility Trust”, nel senso che dicevamo sopra. E probabilmente con una connotazione che tornerà ad essere territoriale-nazionale: perché no, un raggruppamento o “trust” Europeo, due cinesi, uno statunitense, uno indiano ed uno asiatico tra Giappone, Corea ed aree limitrofe?
Un nuovo modello organizzativo che prende le sue mosse dal nuovo “ordine mondiale”: filiera a chilometro zero, nuova delimitazione dei mercati internazionali e delle aree di scambio, e soprattutto nuovi modelli di offerta commerciale.
La “DE-VENDITA” felice. Vendere meno, a caro prezzo. E vendere di tutto
Chi e cosa comprerà auto, nel futuro? I modelli di acquisto e di gestione collettiva saranno alla base del nuovo rapporto commerciale, in cui i singoli automobilisti diventeranno semplici Utilizzatori di beni il cui costo e valore in termini di accessori e supporti diventerà esorbitante.
I numeri quantitativi di vendita saranno progressivamente in riduzione su base annua, a prescindere dal fatto che Cina, India, Africa, Asia, Medio Oriente e Sudamerica possono ancora avere spazi per nuovi Clienti nell’ordine di almeno mezzo miliardo di nuovi automobilisti nei prossimi venti anni. Ma il flusso annuo di “pezzi” diventerà una questione arcaica. A dominare sarà il margine per pezzo, il valore aggiunto dei servizi inclusi nei mezzi di mobilità.
Chiamateli Gruppi di Acquisto, chiamateli “Service Providers”: i quali a loro volta dialogheranno con i Trust di Costruttori da un lato e con le piazze commerciali all’opposto per intercettare i potenziali Clienti. A presiedere su tutto la logica del servizio differito nel tempo piuttosto che il rinnovamento periodico delle auto, ed il numero di servizi inclusi anziche’ il numero di pezzi annui.
Con Clienti che, indifferentemente, finiranno per utilizzare…..cosa? Non più l’auto ma “Mobility Pack” modulari e ricchi a seconda del livello rateale che i Clienti saranno in grado di spendere. Puoi sopportare una rata costante “X”? Allora per te modelli Premium, connettività eccellente, servizi Top.
Puoi spendere “Basic”?? Beh, allora regolati di conseguenza…
Come dite? Vi ricorda il mondo dei Telefoni? Ed oggi cosa è diventata, l’auto di massa? Un telefono a quattro ruote. Ma non dite che non l’abbiamo voluto noi…