Rottamazioni e finanziamenti: il Virus dell’auto europea

La “bolla” dei mutui Subprime USA come monito per l’iperindebitamento del
mondo Auto? Certo una politica di “credito facile” in Cina avrebbe avuto effetti
catastrofici. Le ragioni di una “messa in sicurezza” di trends insostenibili può
spiegare la politica auto di questi ultimi anni?
A quanto pare, lo abbiamo capito nella prima parte, nessun’area del Mondo vuole
fare da “pattumiera” per il mercato occidentale, benchè il continente africano riceva
ogni anno diversi lotti di potenziali rottamazioni dal mondo “ricco”.
La chimera di poter esportare il nostro Usato (“nostro” inteso come Europa) verso le
aree in via di sviluppo si è scontrata con la evidenza di un maggior interesse delle
medesime aree e dei Costruttori a sviluppare al contrario politiche ed insediamenti in
grado di favorire la costruzione “on site” di linee automobilistiche.
Teoricamente la questione sembrerebbe del tutto aleatoria. Si acquista un nuovo, si
cede un usato e si completa la gran parte della “filiera di sostituzione” più ovvia e
collaudata che si conosca.
Il problema è che l’esplosione del mercato di massa e della domanda stava già, a fine
anni Sessanta, rivalutando il settore Usato oltre quasi il mercato del nuovo poco
prima della crisi energetica che rese la gran parte dei motori a benzina in circolazione
proibitivi spostando il favore verso il Gasolio e creando la prima vera catena di
“Default” patrimoniale di decine di Marchi prestigiosi la cui produzione era diventata
di colpo invendibile.
Cosa c’entra l’Usato in questa storia? L’Usato, come la dimensione del Service
Management e del postvendita, è uno degli anelli della catena di valore del mondo
Auto.

L’Usato: da esigenza, a peccato mortale, a centro di valore

Poiché detta catena non può essere articolata secondo i dettami vuoti ed inconsistenti
del “libero mercato” (nonostante slogan e modi di dire), dovremmo riconoscere che
nelle diverse aree del mondo dove si può parlare di mercato auto di massa questo è
stato sempre condizionato da andamenti guidati politicamente, con esiti e risultati che
possiamo mettere in fila nel corso dei decenni e che ci spingono a fare determinate
proiezioni e conclusioni.
Quale è stato il “gioco di equilibrismo” adottato per l’Usato?
L’Usato è stato, in Occidente e soprattutto in Europa, uno strumento positivo per la
capacità di generare valore aggiunto e remunerazione con l’Autoriparazione ed il Post
vendita; il suo ciclo di vita, tuttavia, andava “circoscritto” nella ricerca di una quadra
tra valore di servizi Postvendita, esigenza di sostituzione con un “nuovo” e
potenzialità legate al ricircolo delle materie prime.

Dunque, in parole povere, il ciclo di vita dell’Usato non è mai stato “libero” da
strategie politiche o normative così come il nuovo. Questo è normale, così come è
normale un ciclo di vita ed aggiornamento dei modelli di auto vecchie propedeutico
al lancio delle nuove. Quel che non è stato normale riguarda la forzatura di quel ciclo
di sostituzione sovraeccitato artificialmente con i limiti antiemissione UE e con la
sovraesposizione creditizia.
Ritengo, dopo ormai 10 anni dalla fine decretata di questa “droga finanziaria” che il
Management dei Gruppi più esposti non abbia ragionevolmente tenuto conto del fatto
che con la leva finanziaria così abusata la programmazione di BEP e di ROI finiva
per essere soggetta ad una variabile del tutto estranea alla fase decisionale interna: il
mercato speculativo e dei Derivati.
Se credete che non esistessero “Junk Bonds” nel mercato Auto e che non stava per
scoppiare un “Caso Lehman” anche nelle Captive bancarie Auto, siete poco
informati.

Un “Crack Lehman” nel mondo Auto? Una catastrofe

Ma fosse scoppiato per la insolvibilità di crediti in UE ed USA, forse avrebbe avuto
comunque una soluzione. Ma cosa poteva accadere se la foga del “credito facile”
fosse esplosa nel voler alimentare artificialmente le vendite di un mercato come
quella Cina dello “Shadow Banking”? Quale sarebbe stata l’entità del “buco”?
“Per fortuna” il Crack Lehman fermò il mercato e la leva creditizia a pioggia.
Rimanevano o si presentavano alla soglia alcuni problemi, tuttavia, che battezzavano
una nuova fase di consapevolezza del mercato auto:
-Tesla aveva aperto un filone non solo tecnico ma “culturale” facendo
diventare “Trendy” un mercato che già esisteva, ma mai approdato nel settore del
lusso o delle supersportive. In questo modo la stessa appartenenza a questo comparto
doveva essere soggetto da parte dei Marchi “aspiranti” ad una cospicua presenza in
Gamma di modelli elettrificati ed Hybrid.
A proposito…Quelli più attenti e meno allocchi di Voi si sono accorti che
neppure con la migliore buona volontà, tra il 2012 ed il 2018, si sarebbe potuta
soddisfare una domanda di “BEV/HEV” cospicua, mancando la produzione, se non
attingendo dalla importazione asiatica?
Quanto sarebbe stata geniale questa eventualità, per la bilancia commerciale europea?
La soluzione è stata purtroppo, nostro malgrado, economica: nei sei anni (tra il 2010
ed il 2016) nei quali l’Europa era letteralmente al palo di vendite, i Costruttori
strutturavano in Cina ed India le partnership necessarie per produrre in sinergia con i
Marchi locali le nuove auto, in maggioranza però destinate al mercato interno.
Quello strano interesse dei Brand per l’Aftermarket

Nel frattempo in UE ricominciava la “filiera” dell’Aftermarket intesa sia come spese
di riparazione e manutenzione del Parco circolante, e sia come nuova strategia
“insolita” da parte dei Marchi auto di investire nell’Aftermarket.
Notate bene, l’Aftermarket in Europa ha avuto lungo mezzo secolo questi quatto
filoni evolutivi: è stato il mercato degli “originali” monopolisti contro il “tuning”
fatto di componenti speciali e pregiati dall’altro versante, e questo fino a tutti gli anni
Settanta.
Ha visto la prima comparsa di ricambi “analoghi” e “commerciali” solo nella Rete del
Service (e dunque non a disposizione del Cliente finale) negli anni Ottanta;
con la diffusione dell’elettronica ha visto la prima distribuzione “consumer”
alternativa al ricambio originale per poi proseguire con la maggior parte della
componentistica cinematica e di carrozzeria fino ai primi anni del Duemila; per poi
esplodere letteralmente con tutta la filiera legata al Diesel ed al prolungamento della
reperibilità per le auto più vecchie. Il vero “Eldorado” per il settore si è avuto tuttavia
dalla metà degli anni ’90: ristrutturazione della rete di Distribuzione,
meccanizzazione e Software, logistica, ed ovviamente diffusione commerciale sia
B2B che Retail: il mondo dell’Aftermarket è diventato un gigante dalla forza persino
superiore a quella dei Costruttori, rispetto ai quali avevano un vantaggio in più,
quello della delocalizzazione.
Che tuttavia, alla lunga, è stato anche il primo motivo di crisi durato fino a pochi anni
fa: andate a vedere la soglia di investimenti di FCA, PSA, Renault, Ford sulle
strutture e sulle nuove politiche di ingresso nell’Aftermarket tra il 2015 ed il 2019.
Detto così sembra poca cosa: ma tutto il focus spostato sull’Usato, sull’Aftermarket e
sulla componentistica ha per intanto sortito un effetto “anticiclico”: un minimo di
rivalutazione del mercato Usato, una gran parte del quale ovviamente ancora
sottoposto a gravame finanziario.Gli effetti furono evidenti da subito: la domanda
crescente di “KmZero” e di Usato in tutta Europa aveva temporaneamente distratto il
consumatore privato dal nuovo (cominciato a fluire nei parcheggi delle Flotte
Aziendali) rivalutando tuttavia una giacenza di entità colossale. Il termine
“Rottamazione” diventa un termine quasi trash, mentre le piattaforme di offerta
finanziaria sono decisamente univoche: o Noleggio, o Noleggio. Fino ad arrivare ad
oggi, con lo scenario del tutto opposto rispetto all’acquisto di 15 o 10 anni fa: il focus
è sulla manutenzione e gestione dell’auto, il suo acquisto è un fattore secondario.

Rottamazione e finanziamento, guai a nominarli?

Ricordate? I listini delle “nuove” partivano dall’equivalente di sei/sette stipendi; la
finanziabilità era concessa per il 70% delle vendite, con anticipo “zero” e rate da 150
Euro per 36 mesi, termine dopo il quale ci attendeva una bellissima nuova e magari
ancora più conveniente automobile per il “cambio”.
Dieci anni fa, invece, la stretta creditizia si fece sentire ma mai come in quel periodo
si ricordano listini del nuovo così convenienti, al punto che si faticava a distinguere

una c.d. “Low Cost” da una berlina di un Marchio generalista. Fu stranamente il
periodo in cui, con un tasso di vendite annue molto ridotto, gli acquisti si facevano su
“tagli alti” proprio per la irripetibile condizione di vantaggio per la quale – usando
una metafora molto semplicistica ma chiara – una Ammiraglia fullOptional si poteva
trovare al prezzo – quasi – di una Segmento C. Di concerto, per questo, le vendite di
Usato classico tornarono di nuovo fuori del circuito della rivendita professionale,
visto anche il fiume di “autoimmatricolazioni” da smaltire un po’ dappertutto in
Italia.Vedete come, piano piano, ci si trova a ricostruire un percorso di “toppe” messe
davanti al più eclatante e scriteriato “buco” di sistema adottato dall’Europa, cioè il
ciclo programmato di sostituzione?
E’ come aver alimentato a menù americano, di colpo e per cinque volte al giorno, un
cultore della dieta mediterranea. Il risultato è il rigetto….
Oggi le nuove parole sono: Noleggio, Upgranding ed Ibridazione per il nuovo e
“Tuning” per l’Usato. Vediamo perché, spiegando come e svelando qualche
arcano….
(Fine Seconda Puntata)
Riccardo Bellumori

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