Rottamazioni ed iperfinanziamento: il Virus dell’auto in Europa

Quando è che l’Auto è entrata in crisi? O meglio, qual è il primo segnale, come si è manifestato e quando si è manifestato? Una controanalisi per spiegare come mai c’era bisogno dell’elettrico, e come mai non avremo mai un mondo “in elettrico”.

Quando è che l’Auto è entrata in crisi?

Sicuramente Voi risponderete che è stato nel 2008, quando con la crisi dei Mutui Subprime si è appalesata persino l’ipotesi di una bancarotta di almeno due delle “Big Three” di Detroit.

Decisamente si, sembrerebbe quello il momento in cui la parola “default” non toccò solo il settore immobiliare ma rischiò di includere nella “bolla” anche la ormai evidente sproporzione tra valore simbolico e “nominale” dei Marchi Auto rispetto al loro reale valore patrimoniale e di Know How. A conferma di questo bastò la rapida ascesa di un piccolo Costruttore, la “Tesla”, che con pochi pezzi di produzione annua iniziale ma con Know How e “Branding” mirato alla innovazione e tecnologia.

Eppure la vera crisi del mercato auto europeo dovete cercarla “nel fasciatoio” della neonata Unione Europea di Maastricht dal 1992, quando con decisioni discutibili:

  • La caduta del protezionismo esteso nel Vecchio Continente ha aperto solchi pericolosi, di fronte alla fine dei blocchi prima di tutto verso i giganti Giapponesi;
  • La esigenza di dover fronteggiare la frenata interna con un aumento delle esportazioni finì per pesare in termini di costi ed immagine all’estero di diversi Marchi;
  • La normalizzazione e la unificazione a tappe forzate di diverse culture industriali nazionali ha finito per imporre un modello dominante (quello tedesco) a discapito della preziosa “biodiversità” tecnologica esistente in Europa fino a fine ’80;
  • La mancanza di sistemi di armonizzazione e parificazione fiscale, contributiva e remunerativa ha desertificato industrialmente una fetta del Vecchio Continente a vantaggio di altre specifiche aree Comunitarie, mentre al contrario quasi nulla si è visto in termini di attrazione imprenditoriale da fuori dei confini della UE (a livello Auto);

Primo peccato originale: Ex U.R.S.S., da potenziale pattumiera ad avversaria

Sembrava tutto predefinito in quel fine 1989: ogni mattone caduto giù dal Muro tintinnava, per molti Dealer e Costruttori, come il suono di mazzi di chiavi consegnati a felici, ignari ed ipnotizzati compratori dell’Ex Europa dell’Est che pensavamo non vedessero l’ora di sedere su uno dei milioni di vecchie auto destinate ad essere smaltite dall’Occidente. Sembra una diceria od una barzelletta, ma chi ha l’età per ricordare i “Piani di distribuzione” commerciale nati negli uffici Logistici e di Marketing di diversi Marchi Auto sa di cosa parlo. La densità di usato in Europa sembrava la miglior risposta ad una diffusione di una auto ogni 45 abitanti in media nell’Ex area Socialista.

Peccato solo che questa “vocazione” all’acquisto di rottami non abbia rappresentato se non una forma marginale di acquisto di massa proveniente da quelle aree, mentre al contrario l’attrattiva fiscale e logistica dell’area Est europea verso i Costruttori gettava le basi per una “guerra intestina” tra Paesi Membri sempre più oggetto di migrazione imprenditoriale nella ex oltrecortina, solo parzialmente frenata dalle tensioni nella cosidetta “polveriera balcanica”.

Nel frattempo qui ad Ovest cominciava per l’Auto una serie di “stonature” dagli effetti drammatici.

Rottame per forza”: il triplo danno del Catalizzatore obbligatorio

Che sia stato un beneficio per l’aria che respiriamo, lo assumiamo un po’ come verità incontestabile, un po’ come speranza cui attaccarsi, in Europa, nella ipotesi che Vi sia almeno qualcosa da salvare ed incorniciare in senso positivo nel quadro della politica molto rivedibile della UE sull’auto. Sto parlando del famoso “Catalizzatore e Lambda”.

Negli USA le continue e spesso improvvise modifiche del Congresso alle normative antiemissione avevano spinto negli anni Sessanta Mister Soichiro Honda ad affermare che mentre il suo Marchio investiva i profitti annui in assunzioni di nuovi Ingegneri, General Motors investiva in sempre nuovi Avvocati: ma negli USA non di rado la complessità normativa era usata dai Politici per impantanare l’ingresso di importazioni dall’Estero, nel momento in cui i costi per adeguare di continuo i modelli da vendere oltreatlantico potevano di certo implicare una operazione commerciale senza senso.

Qui in Europa, in effetti, il varo di una scala progressiva e cadenzata di Steps cronologici sempre più stringenti – in termini di emissioni – ha avuto una serie aggiuntiva di effetti correlati forse non correttamente previsti:

  • La tentazione di porre surrettiziamente un limite alla importazione, limite tuttavia superato senza problemi sia dai Costruttori giapponesi che dalla filiera asiatica in genere rifornita dalla Supply Chain del Sol Levante;
  • La volontà di “forzare” un ciclo di sostituzione che soprattutto sul territorio euromediterraneo sfiorava quasi il decennio, con un ricambio talmente lento da rendere il Parco circolante di alcuni Paesi il più vecchio in Occidente;
  • La prospettiva così di aumentare “artificialmente” la produzione industriale in vista di una domanda forzatamente aumentata anche e soprattutto dagli effetti repressivi delle norme di circolazione per le auto meno aggiornate.

Risultato? Gli acquisti di auto nuove sono stati anno per anno, fin dai primi periodi del decennio 1990, piuttosto sostenuti: tuttavia hanno generato la prima grande “voragine” svalutativa non solo del Parco Auto circolante più vecchio (improvvisamente relegato alla infungibilità per carenza di requisiti ecologici) ma anche del mondo aftermarket connesso, con i primi cali di fatturato del comparto autoriparazione.

Parola d’Ordine: Fidelizzare, ma da “Wolfington “ a “Wolfsburg”

Chiaro che un ciclo “accelerato” e tutto sommato “imposto” di sostituzione andava in qualche modo supportato finanziariamente.

Le quote di vendita finanziata di auto in Europa ad inizio anni ’90 era pari al 16% di media nei Dodici Stati dell’Unione con una escursione da percentuali massime in Gran Bretagna ed Europa del Nord fino a soglie minime dell’area mediterranea: occorreva un “booster” che guarda caso proveniva direttamente dagli USA, il sistema ideato nel 1968 da Eustace Wolfington ed adottato nel Vecchio Continente dalla Ford.

24/36 mesi, poi saldo/restituisco/cambio: le famose tre opzioni che da “IdeaFord” contagiarono tutte le architetture di finanziamento auto in Europa aggiunte ovviamente ai sistemi Leasing e Noleggio; un universo di offerte e soprattutto di crediti basati su un unico paradigma del “Valore Futuro Garantito”.

Quanto tutto questo credito fosse garantito da un effettivo “sottostante” costituito da un valore reale del Parco Usato circolante ce ne siamo resi conto quasi da subito: l’effetto “dumping” generato dalle campagne istituzionali di “rottamazione” attivate in diversi Paesi europei con contributi ed incentivi pubblici avrebbe meritato l’autoapertura – da parte UE contro sé stessa – di un procedimento di infrazione legato agli effetti distorsivi che queste campagne hanno creato sul valore dell’Usato circolante ma anche sul valore successivo di rivendita delle stesse auto acquistate con contributi rottamazione.

Risultato, nel giro di pochi anni tra 1990 e 2000 lo squilibrio tra valore reale del Parco Auto circolante e volume del debito finanziario per acquistarlo era già diventato considerevole. Occorreva solo uno scossone finanziario su tassi e cambi per renderlo pericoloso.

Gli effetti li abbiamo subiti gradualmente, insieme ad un fenomeno a sua volta forse non previsto e poco gestibile: il Benchmark tedesco su Qualità, Branding e Mercato dell’Usato. Una selezione della specie “innaturale” in suolo europeo resa più feroce dalla disparità eccezionale della forza valutaria tra Germania ed altri Paesi produttori UE : in pochi anni i tedeschi hanno acquisito quasi tutto il comparto auto inglese “residuo” ed hanno iniziato un confronto a distanza con i soli giapponesi spazzando via dal settore del lusso Italia e Francia, mentre nei target “popolari” i Marchi generalisti europei (rimasti solo in questi due ultimi Paesi) dovevano subire l’attacco coreano ed esteuropeo. E siamo a questo punto della storia ad inizio anni 2000: il mercato auto europeo è dominato dai tedeschi e Volkswagen diventa un vero e proprio colosso mondiale in termini di volumi produttivi e di posizionamento su Toyota.

Si completa un giro di trasformazioni industriali a base di M&A in tutto il mondo: Ford/GM/DaimlerChrysler (durata poco), ma anche appunto VW o Renault/Nissan in Francia creano i propri raggruppamenti ed i castelletti finanziari legati alle rispettive Banche Captive. Nel frattempo si intravede, dietro alle quattro ruote, l’ascesa di altri “Imperi” industriali alle porte: sono l’Asia e l’India con la produzione moto e Scooters.

Guerra del Petrolio, Tassi, Crisi di Borsa, aiuti pubblici: l’Auto inizia a franare in silenzio

“Desert Storm” e la guerra in Medio Oriente con i suoi inevitabili terremoti su Petrolio e materie prime non fa solo diventare l’Hummer un prodotto di culto: genera sussulti anche su Borse e Valute. I Grandi Gruppi diventati ancora più grandi soffrono di esposizioni e fluttuazioni borsistiche degne delle Montagne Russe.

La necessità di aiuti pubblici all’auto si manifesta in quattro forme: con il salvataggio “silenzioso” negli anni ’90 della Volkswagen grazie ai contributi decisi dalla SPD di Schroeder; con i diversi fallimenti e le eutanasie di una buona decina di Marchi europei tra anni ’90 e 2000 ad iniziare dalla Matra in Francia e finendo con MG Rover nel 2005 in Gran Bretagna; con la politica degli “ecoincentivi” che alimenta dal basso un ciclo di sostituzione altrimenti innaturale; ed infine con la sovraesposizione finanziaria per gli acquisti, sostenuta dalla emissione di una cascata di “Derivati”. Sta per arrivare la tempesta finanziaria con la famosa “Bolla” del 2007. Prima ancora, la fragilità del neonato “Euro” si rivela nella esplosione di finanziamenti ed erogazioni facili……..Nel frattempo si moltiplicano le proposte e le ipotesi di nuovi raggruppamenti e organizzazioni industriali tra Marchi: un certo Sergio Marchionne, arrivato in Fiat, prefigura un mondo Auto rappresentato entro pochi anni da solo CINQUE raggruppamenti mondiali in luogo dei dodici presenti a metà anni 2000.

Le onde degli Tsunami (Lehman, Fukushima ed EPA Dieselgate) si infrangono solo a Bruxelles!!!

Quanto valeva un’auto nel 2005? Il mercato vendite europeo raggiunse il picco più alto del decennio, pari al 120% dei volumi annui attuali di vendite in Europa. Ma quanto valeva un’Auto nel 2005? Semplice: valeva il suo montante finanziario erogato per l’acquisto, più il Valore futuro di rivendita stabilito nella Maxirata finale con vincolo della Concessionaria al riacquisto. Per farla breve, se fino al 2005 il 70% del Parco circolante europeo costava “10”, veniva però finanziato per “12”, riacquistato a “7”, benchè valesse forse meno di “5”. Ho cercato di semplificare…..Una marea di metallo dal valore residuo nullo a fronte della montagna di debito che ne aveva definito l’acquisto, ma il valore “Zero” di questo metallo è causato dalle norme europee…

Lo squilibrio sempre più forte tra valori finanziati e valori reali viene aumentato da un gap mai realmente colmato dai Dealer, quello del Service Management. L’Industria dell’Aftermarket fa affari d’oro grazie alla famosa Direttiva Europea Monti sulla liberalizzazione dei servizi postvendita, e proprio le Reti ufficiali e la componentistica originale fanno uno scivolone soppiantati da Indipendenti e da una prima vera bestia nera chiamata “illegalità”. La quota di riparazioni riservate ai Costruttori diventa un tema di emergenza, che dà vita ad una successione e sovrapposizione di aggiornamenti, Upgrade e modifiche strutturali mai viste prima, ma l’unico comparto che rimane fedele alle riparazioni “Ufficiali” rimane quello del Noleggio. La Fidelizzazione di Wolfigton rimane un sogno in Europa, e a farne le spese sono soprattutto i Dealer ufficiali ormai…al verde. La catena della Supply Chain emigra in Cina, Asia, Turchia, dove insomma produrre costa meno, ma si svuotano Stabilimenti e Distretti produttivi in Europa mentre la nuova religione elettrica rende i Marchi di componentistica “classica” le nuove prede dell’acquisto Discount dei nuovi ricchi provenienti dall’Est del Mondo. Ma dall’Est del mondo comincia a provenire anche una nuova criticità, cioè la bolla creditizia in particolare con la crisi dello Shadow Banking esplosa dal 2017 in poi in Cina. (Segue alla seconda Parte)

Riccardo Bellumori

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