Questa storia è una di quelle che nascono attorno ad un piccolo particolare, dal quale si estendono a comprendere e rappresentare tutto il corollario di eventi e ipotesi che la sola presenza od assenza di questo particolare può aver generato. E nell’ambito della storia dell’Automobile, particolari di questo tipo così straordinari sono rari, per questo la vicenda che stiamo per raccontarVi acquista maggior valore proprio perché, alla fine, è quasi la vicenda di…un Alieno. Arrivato direttamente da Bresso. Intorno agli anni Sessanta.
Quel perimetro dell’Italia che collega Bresso, Lambrate, Desio ed il Portello di Milano con Torino fu teatro negli anni ’50 di una vera e propria “Guerra Santa“, di cui rimangono pochissime ed isolate tracce soprattutto nei “resti” industriali di Marchi importanti come la Innocenti, l’Autobianchi, e l’area ex Alfa Romeo (un pezzo della quale, ricordo, fu ceduto da Nicola Romeo ad Andrè Citroen nell’area che oggi corrisponde più o meno alla struttura Stellantis di Via Gattamelata).
E non è scontato ricordare che accanto al poco o nulla che resta appunto intorno a Lambrate, a Desio ed al Portello, vi è stata invece e continua ad esserci una energia umana sana e spontanea che ha spinto tanti appassionati del Marchio da “Iso ad Iso Rivolta”(come da titolo del bel libro di Flavio Campetti da cui abbiamo potuto acquisire informazioni introvabili altrove) a difendere e far rinascere il simbolo della Casa del Grifone a Bresso: quella bellissima e particolare struttura di Hangar che “domina” la cittadina dal centro – quasi – del Parco dedicato dal 1969 a Renzo Rivolta.
La genialità della Iso, una “marziana” nel mercato italiano?
Proprio la “Isetta” del 1952 voluta da Renzo, la “Dauphine” dell’ Alfa Romeo (su licenza Renault) ed infine la “Innocenti” (che fu ad un passo dall’avvio di una Gamma basata proprio sulla piccola tedesca “Glas Goggomobil” per poi fare l’accordo con la BMC) avevano “arricchito” il mercato delle “piccole” di quel periodo “contro” la Fiat : non a caso questa decise di appoggiare la proposta di Ferruccio Quintavalle per la creazione a Desio della Autobianchi, quasi un “Firewall” di sicurezza, posto da Corso Marconi sul territorio lombardo, contro le ormai continue incursioni nemiche.
Ed in quella “ideale” suddivisione del mercato auto nazionale da “triumvirato” (Gruppo Fiat, Alfa Romeo e Piaggio) all’esterno del quale anche la Innocenti, – come sappiamo, appena all’inizio della sua vicenda automobilistica – rappresentava però di già un ospite scomodo, non è fanatismo ricordare che – probabilmente – la vera spina nel fianco del Lingottoera proprio la “Iso” in quanto Marchio che era capace di proporsi – grazie alla ispirazione tecnica soprattutto di Pierluigi Raggi – con idee innovative ed alternative su aree del mercato nazionale dove la Casa di Bresso riusciva a lanciare per prima un prodotto in assenza di Competitors, di fatto creando un Segmento od un Target commerciale del tutto nuovo. Era accaduto con la famiglia dei motocicli, si era ripetuta con le “Isetta” che sebbene poco diffuse in Patria ebbero maggior fortuna all’estero.
Tutti motivi questi – è lecito pensare – in grado di impensierire un Marchio come Fiat da dove, secondo talune memorie ed “interpretazioni” storiche, nel passato erano già partite azioni di “moral suasion” nei confronti prima di Pietro Beretta affinchè abbandonasse l’accordo per la “BBC1“, e poi verso Pontedera dove i conterranei liguri Enrico Piaggio e Vittorio Valletta avrebbero concordato un opportuno dirottamento in Francia della programmata (e molto accattivante) automobilina Piaggio – ACMA “400” per evitare una spiacevole guerra di mercato con la gamma del Lingotto.
Ma tutto questo, Vi chiederete, cosa c’entra con la storia che stiamo raccontando? Ora lo comprenderete: capita che intorno alla metà degli anni ’50, la nuova condizione e sensazione di benessere socioeconomico con l’aumento delle attività logistiche su ruota, la trasformazione urbanistica ed agricola del Belpaese della mobilità in aree rurali, o verso quello che si poteva cominciare a chiamare “tempo libero” od escursionismo montano, tutto questo insomma era molto spesso intercettabile ed interpretabile in Italia più dai Marchi di “nicchia” che non dai Mass Market Operators (come Fiat od Alfa Romeo, appunto).
E così, mentre in Francia, Gran Bretagna e Germania la pluralità di Gamma si orientava molto sui Target utilitaristici, in Italia si esercitava maggiormente sulle realizzazioni industriali ed artigianali sportive o di lusso.
Per intendersi, mancavano da noi realizzazioni omologhe alle Citroen 2Cv ed alla successiva Renault 4, ovvero quel “segmento di mezzo” che, nel frattempo, stava nascendo in un fenomeno strettamente nordeuropeo: quello dove – da metà anni ’50, appunto – avevano preso forma almeno cinque “M.P.V.” entry level di un certo interesse: in rigoroso ordine cronologico apparvero prima il Porsche “597” del 1953, poi il Goliath “Typ 31 – 34” tra il 1954 ed il 1957; subito dopo il DKW “F91 Munga” del 1956 ed infine lo Steyr Puch “AP 700 Haflinger” del 1959.
Due a motore anteriore (DKW e Goliath) e due con motore posteriore a sbalzo (Porsche e Steyr Puch). Questi in elenco erano praticamente tutti eredi diretti della storicaKubelwagen ed erano nati in primo luogo per essere compresi nell’autoparco militare leggero di Germania ed Austria: si differenziava un poco da questo blocco la “FahrMobil” (poi Colormobil, poi di nuovo Farm-Mobil) concepita dalla Fahr A.G. e poi sviluppata in tandem con la BMW.
La differenza con l’elenco di sopra era nel fatto che il progetto Fahrmobil nasceva per un impiego originario presso il pubblico privato e non militare.
La nuova mobilità “extraurbana” e la visione europea di Bresso
Doveva essere proprio, dunque, la “eretica” Iso a gettare di nuovo il sasso nello stagno?
Pare proprio di si, come era avvenuto per quei mezzi sopra descritti, appartenenti ad una più estesa famiglia di mezzi di appoggio “leggero” al settore militare (semplici e polivalenti destinati a sosituire leJeep Willys) che quando erano pervenuti anche in qualche caso sul mercato privato avevano a loro volta coperto una lacuna, inaugurando un particolare concetto di uso alternativo e lavorativo dell’auto che nei successivi anni Sessanta avrebbe avuto una espansione commerciale di tutto rispetto in tanta parte d’Europa.
A Bresso era arrivato un “sentore” di questo nuovo filone “nordico” di metà anni ’50?
Quel che è sicuro è che dalla fine dello stesso decennio Pierluigi Raggi lavorò, con il benestare del Commendator Rivolta, ad un progetto decisamente innovativo, per il mercato italiano dell’epoca; e con un mezzo, unico nel suo genere in Italia, che condivideva una certa affinità con gli MPV appena elencati.
Al Mauto una “ISOrpresa”: quel misterioso veicolo Multi Purpose…
E dunque proprio al Mauto, dove è in corso “l’Iso-Avventura” (una delle più interessanti mostre del recente periodo sulle creature di Bresso) abbiamo potuto conoscere (accanto alla Gamma dei Motocicli, alla stupenda Isetta ed alle Supercar) anche un modello / prototipo di cui non avevamo mai avuto notizia prima d’ora; ma che nella sua unicità e specificità racconta molto della cultura e della visione avanzata e forse persino predittiva del Commendator Rivolta e del suo Staff: proviamo a descrivere questo inedito “MPV – Multi Purpose Vehicle” a vocazione fuoristradista, l’ “Iso Centomila” (dal nome del Codice Progetto interno) che Vi presentiamo qui su Autoprove grazie al lavoro prezioso di organizzazione anche di Luca Baraggia, Manuel Bordini e Federico Signorelli.
Last but not Least: il Mauto e la Mostra “l’Iso – Avventura” sono stati anche il palcoscenico della prima “cornice pubblica” della storia di questo particolare mezzo.
Dunque il “Centomila” sarebbe potuto essere un primo esempio italiano di Crossover popolare utilizzabile in campagna ed in agricoltura, ma anche per l’uso leggero nelle comunità montane e per la logistica commerciale urbana (quella che oggi definiamo “Ultimo Miglio”): questa una prima ed importante risposta per chi voglia immaginare che questo veicolo “tuttofare” sia solo uno degli infiniti “studi” unici e marginali proposti lungo il corso del tempo dal mondo dell’Auto (e per tale motivo rimasto allo stadio di Concept).
Lo stesso Pierluigi Raggi (spiega bene il libro di Campetti) ravvisò nella azione governativa di esproprio dei latifondi (e della promozione della piccola imprenditorialità agricola) un motivo fondamentale per un mezzo polivalente in grado di trasportare fino a cinque persone e dal taglio essenziale e semplice. Insomma, il contesto di mercato favorevole c’era, e c’era anche una assenza al momento di concorrenza diretta: per la mobilità in aree rurali ed agricole, o per il cosiddetto “escursionismo” montano leggero, gli automobilisti ed i lavoratori erano costretti ad un vero e proprio salto tra i “3 Ruote” “Ape” Piaggio ed “Ercole” Moto Guzzi e l’offerta automobilistica di base rappresentata dalle sole giardinette Bianchina e Fiat 500 e dalla Multipla 600; oppure, (ma con un salto anche economico non indifferente) dalle molto più esclusive AR “51 Matta”, alla “Campagnola”, ovvero dalla linea di furgonati Alfa o Fiat.
Da questo quadro di partenza dunque prende il via la fase di progetto e di prototipazione del “Centomila” la cui genesi, Vi sembrerà incredibile, costituirà secondo il ricordo di Pierluigi Raggi la pietra miliare nella concezione dei telai monoscocca che equipaggeranno nel breve seguito le leggendarie “Gran Turismo” di Bresso a partire dalla “GT 300”.
Vi avevo accennato di quanto l’isolato ed apparentemente sporadico “Centomila” fosse al contrario un veicolo carico di valori, contenuti ed elementi simbolici?
Bene, rimanete comodi, perché siamo appena all’inizio della storia di questo piccolo” alieno”. Alla sua storia e ad una serie di riflessioni ed ipotesi legate ad una sola ultima domanda:…..e se il “Centomila” fosse davvero stato prodotto???
Uno, nessuno, “Iso Centomila”
Prima di questa domanda, credo che sia il caso di rispondere a quest’altra: Come, quando e perché nasce il progetto “Centomila”?
A Bresso, verso la fine degli anni Cinquanta, gli ottimi risultati di Royalties ed immagine provenienti dall’accordo di licenza con la BMW sulla “Isetta” portarono un vento nuovo di sviluppo tecnico e di obbiettivi commerciali determinante per l’avvio di un passaggio epocale: il superamento della Gamma motociclistica e la strutturazione di un percorso industriale automobilistico su più e diversi livelli, in coincidenza tuttavia con una fase critica che ad inizio anni ’60 investì la Iso (problemi finanziari, ridimensionamento del personale, dipendenza dal solo mercato motociclistico) e che spinse dunque una prospettiva strategica basata concettualmente su tre linee di Gamma commerciale : automobili destinate all’uso di tutti i giorni da parte del ceto medio ed equipaggiate con un moderno ed efficiente motore Boxer due cilindri da 400 cc. (linea auto che tuttavia diede alla luce solo prototipi della poco nota “Iso 400” prima di essere oggetto di rinuncia da parte dell’Azienda); le linea di Granturismo che ha reso poi il Marchio di Bresso iconico in tutto il mondo; ed infine una linea di M.P.V. che avrebbe spaziato probabilmente dal “Centomila” fino ad arrivare ad una famiglia completa e scalare di Van e cassonati leggeri.
Tutto molto razionale e sinergico, nello stile, nella qualità e nel pragmatismo dell’Azienda.
Pertanto Pierluigi Raggi e Gino Recalcati (il mitico Capo del Reparto lavorazione e sagomatura lamierati a Bresso) iniziarono verso la fine degli anni ’50 appunto la fase di studio e realizzazione prototipo del futuro “Centomila”.
Un riferimento di Benchmark, certo condiviso tra lo stesso Raggi e Renzo Rivolta, fu proprio l’ Haflinger Steyr Puch del 1959: con questo in effetti il “Centomila” presenta qualche affinità “stilistica” nello scudo frontale, (benchè ovviamente un po’ tutti i veicoli ad ispirazione militare avessero tra loro tratti estetici decisamente in comune) mentre come “quote” tecniche caratteristiche il geniale “Iso” ed il MPV austriaco dichiarano larghezza simile e motore posteriore, (benchè lo Steyr fosse prevista per la trazione integrale mentre la creatura di Bresso era a trazione posteriore seppur studiata ed equipaggiata per un uso intenso in fuoristrada ed in campagna); ovviamente l’Haflinger nasce come prototipo originariamente destinato all’uso militare (come del resto il suo alter-ego a motore anteriore DKW Munga) e dunque avrebbe costituito per il piccolo Iso un riferimento soprattutto sotto l’aspetto della fase di industrializzazione, non tanto un benchmark per il Layout finale di prodotto dato che target di Clienti del piccolo Iso erano soprattutto agricoltori e lavoratori suburbani e non certo soldati od Addetti alla pubblica sicurezza.
Ma a parte dunque la trazione posteriore anziché integrale, e la destinazione più privata che difensiva del “Centomila”, in cosa differisce questo dallo Steyr ? Paradossalmente il MPV di Bresso, sta per incrociare il suo destino direttamente con la “Capogruppo” del Marchio austriaco, cioè la controllante……Fiat, appunto. Ed il risultato finale non è assolutamente di poca rilevanza.
La “propostaccia” di Corso Marconi: e il “Centomila” finisce in soffitta
Il motore del “Centomila” doveva infatti essere (nel quadro del piano di sviluppo prototipale definito dalla Iso che aveva addirittura – tra gli altri – valutato un motore due tempi) il bicilindrico della 500 Giardiniera richiesto in fornitura alla Fiat con l’invio alla Direzione Tecnica del prototipo “Telaio 100.001*”, con il conseguente corredo di sinergia commerciale e di Post vendita con Corso Marconi: e fu questo secondo le fonti di ricostruzione di quel che avvenne, il vero “oggetto del contendere” determinante per la fine anticipata del progetto, poiché la Fiat volle legare la stessa fornitura dei motori alla conquista della quota di maggioranza del Marchio di Bresso.
Peccato solo che il Commendatore Renzo Rivolta non fosse esattamente quel Giuseppe Bianchi che nel 1955 si era precipitato a firmare con Vittorio Valletta e Leopoldo Pirelli il piano di Ferruccio Quintavalle per l’Autobianchi a Desio, e dunque l’accordo per il “Centomila” finì in fumo.
Chiaro che chi conosce molto bene la storia del Commendator Rivolta non si stupisce del suo rifiuto ad una proposta ritenuta indecente, ma la riflessione suggestiva e la prima domanda che resterà irrisolta è: al di la’ del suo comportamento poco etico (con la pretesa del pacchetto di maggioranza e controllo), perché la Fiat avrebbe comunque voluto affiancare la Iso con la produzione del “Centomila” quando attraverso la sua controllata Steyr Puch poteva ottenere facilmente le linee dell’Haflinger e realizzare in casa un prodotto similare?
A cosa era interessata dunque la Fiat, al “Centomila” od a saggiare la disponibilità di Bresso a “cedere”? Una ipotesi puramente speculativa, inoltre : e….se Corso Marconi avesse invece avuto soprattutto la curiosità e l’interesse – anche – di “vedere dal vivo” l’unica dichiarata concorrente “mediterranea” dell’Haflinger?
E se…..il piccolo “alieno” fosse nato davvero ???
Come dice un antico adagio, talvolta l’importanza di qualcosa si avverte con la sua mancanza.
Il “Centomila” dicevamo più sopra, avrebbe svelato nella rievocazione di questo pezzo una serie di contenuti e retroscena importanti. Tuttavia non fu prodotto, ed allora la più sicura e convincente spiegazione – per noi – per descrivere gran parte della sua storia dentro alla Iso rimane quella della “pista aliena”: il piccolo MPV, nato come vero e proprio “marziano” nella realtà del mercato di allora, fu probabilmente oscurato e “travolto” nella sua stessa Bresso dalle strategie industriali del Marchio che – dai primi anni Sessanta – avrebbe concentrato le sue energie nella impegnativa Gamma delle leggendarie Gran Turismo con i V8 statunitensi.
E quel vero marziano che fu Renzo Rivolta nel concepire una realtà industriale di eccellenza nel perimetro già avanzato della Lombardia (coadiuvato fino a quel momento dal geniale Pierluigi Raggi) ritenne così presumibilmente di non dare seguito alla produzione in serie del “Centomila”. Questa secondo me la plausibile interpretazione storica razionale degli eventi: poi, se fu un errore od una scelta opportuna, non avremmo gli strumenti per poterlo determinare. Ma ci fu un primo evidente, effetto, dopo la fine del Progetto “Centomila”: in Italia, dopo di lui persino la Carrozzeria artigianale di riferimento in casa Fiat per le “spiaggine” – cioè la Savio – presentò la “600 Jungla”; arrivarono anche piccoli lotti di Haflinger e Munga DKW per uso privato ovviamente, ma soprattutto arrivarono Citroen Mehari, Renault Rodeo, Mini Moke ed altre piccole “cugine” dal concetto funzionale molto vicino al piccolo MPV di Bresso.
Fermandoci alle realizzazioni arrivate entro gli anni Sessanta, e sommando in approssimazione per difetto i diversi volumi raggiunti dai diversi protagonisti, possiamo dire che il “Centomila” se la sarebbe potuta battere in un mercato complessivo da circa………100.0000 Pezzi in tutta Europa nel corso del decennio ?? Credo di si, numeri alla mano.
Quanti di questi – allora – sarebbero potuti essere appannaggio del piccolo Iso ? Quel che ci suggestiona del “Centomila” è infatti immaginarlo in colorazioni più toniche del verde militare del Prototipo 100001*, con finiture ed accessoristica complete e rifinite ed infine un motore in concetto con lo spirito di crossover del mezzo; e poi immaginare il suo impatto sul mercato all’atto di quella drammatica crisi energetica che aveva colpito l’Europa di fine anni Sessanta……E se ci fosse stato lui, il “Centomila” alieno, in Gamma a Bresso, che storia avremmo potuto dunque raccontare sulla Iso di Bresso ???
Davvero questo piccolo mezzo “alieno” ha dentro di sé più sfumature e significati di quanto la sua misteriosa vita potrebbe far supporre? Forse di lui continueremo a parlare in una prossima occasione. Intanto, qui si chiude la nostra storia sul piccolo “Centomila”, che al Mauto sembrava quasi preso sotto assedio dalla esplosione di potenza e velocità delle sue “cugine: forse anche per questo ci ha ispirato simpatia e vero affetto.
Amore a prima vista, come si dice, e come è stato quello per la bellissima Mostra “l’Iso Avventura” al Mauto che, prorogata fino a fine Settembre 2023, Vi invitiamo a non perdere. Anche se attualmente il nostro amico “alieno” non è più presente in Mostra, ma non perdeteVi comunque il patrimonio di bellezza, tecnologia ed aristocrazia in esposizione.
Sarebbe davvero un peccato.
Riccardo Bellumori