Alla vigilia di una nuova ennesima fiction su Enzo Ferrari, Vi raccontiamo una delle storie meno conosciute del Cavallino Rampante: quella delle “Ferrarine” tentate tra il 1959 ed il 1964. Un progetto dietro al quale si celano non solo una vicenda straordinaria ed umana del Drake, ma anche un momento rivoluzionario nella storia di Maranello oltre ad una piccola “Spy Story”.
Ferrari Dino e le altre piccole – Questa storia è perfetta per il Natale, perché parte da un appuntamento leggendario che avveniva proprio nella sua prossimità.
La Conferenza Stampa di fine anno di Enzo Ferrari era diventata nel tempo una sorta di “David Letterman Show” del motore, l’ultimo evento “clou” – attesissimo da Tv e Stampa di settore – perchè i giornalisti invitati erano sicuri di tre cose: di assistere allo Show di due ore dove il “Grande Vecchio” prendeva verbalmente a sberle i giornalisti nemici, di ritirare il celebre cesto natalizio con zampone e lambrusco, ma soprattutto di scoprire in diretta uno Scoop clamoroso che mai era mancato finora in quell’appuntamento. La notizia bomba che rotocalchi e Riviste avrebbero ridondato non a caso in un periodo povero di notizie motoristiche.
La Conferenza Stampa del 19 Dicembre 1959 fu straordinaria prima ancora di iniziare: sarebbe stata l’ultima per la Ferrari “Ditta Individuale di Enzo“, che da Maggio 1960 sarebbe diventata la Sefac – Ferrari Società per Azioni. Erano passati 20 anni nel frattempo da quando – sempre sotto Natale – Enzo, Alberto Ascari ed il Conte Machiavelli intorno al tavolo di un ristorante milanese progettarono la loro prima uscita alla Mille Miglia con la “Auto Avio”, tra brindisi, ravioli in brodo e cappone con la tradizionale mostarda.
Quella Conferenza chiudeva infine un decennio di vittorie straordinarie per Maranello: due “Carrera panamericana”, tre Le Mans, quattro Mondiali F1, ed otto Mille Miglia con un solo “flop” ad Indianapolis nel 1952: meglio di Mercedes e Porsche, Ferrari vinceva su tutto a mani basse e soleva dire “chi vince la Domenica ha tanta pubblicità”.
Difficile ritrovare nella storia della Rossa un altro decennio così vincente: solo che a furia di vittorie il Cavallino Rampante era sull’orlo di una crisi industriale, le competizioni generavano spese faraoniche al punto che, per rilevare la Squadra Corse di F1 dalla Lancia ormai fallita, Ferrari “dovette accettare” nel 1956 persino un finanziamento dalla Fiat di ben 50 milioni di Lire dell’epoca all’anno per cinque anni: lui che al massimo aveva chiesto al fidato Banco di San Geminiano e San Prospero di Modena solo i capitali per iniziare la sua impresa.
Quel “piccolo Mondo” trascurato da Enzo
Quel “giocattolo prezioso” ideato da Enzo Ferrari non era più sostenibile insomma, e per finanziare le “Rosse” da Pista occorreva aumentare la produzione stradale, fatta però solo di super Gran Turismo e per di più farcite – come segno distintivo – di tutte le innovazioni tecniche delle Gare, e per questo infatti i numeri di vendita erano annualmente molto bassi: insomma un cane che si mordeva la coda.
Invece all’orizzonte si affacciavano i nuovi nemici del Cavallino Rampante, quei “garagisti” inglesi, francesi e tedeschi con le loro piccole sportive agili ed economiche da 700 fino a 1.600 cc: Austin, MGA,Triumph, persino la prima Lotus stradale , la “Type 14 Elite”; poi le francesi Gordini, Alpine, DB, ed in Germania le BMW “700 Coupè”, le Volkswagen “Karmann Ghia”, le “NSU” Sport, e la Porsche. E persino intorno a casa sua il Drake aveva dovuto prendere atto che tra Abarth, Ermini, Nardi, Moretti, Vignale, Stanguellini, Osca, Bandini, Alfa Romeo Giulietta Sprint veloce, Siata, Giannini, Fiat 1100 Coupè c’era ormai un esercito di piccoli missili italiani: in tutto un mercato che proiettava almeno 20.000/25.000 pezzi all’anno in tutta Europa e negli Usa, numeri troppo interessanti perché Maranello potesse ancora continuare ad ignorarli.
Quel 19 Dicembre 1959 dunque il Drake lanciò il guanto di sfida: per la prima volta nella sua esistenza il Cavallino Rampante sarebbe entrato nel mercato delle piccole sportive, in pieno Boom e destinato soprattutto ad un pubblico giovane; e sempre per la prima volta, inoltre, la Ferrari avrebbe aperto la porta ad ogni eventuale partnership con qualunque Costruttore interessato: anche questo uno Scoop, visto che Maranello puntava ad un obbiettivo potenziale di 3.500/5.000 pezzi (di una piccola GT stradale e per le Gare Sport prototipi), un obbiettivo storico impossibile da raggiungere senza una Catena di montaggio fornita da altri, per una Factory che finora aveva sfornato si e no 1700 Gran Turismo.
Ecco dunque che in quella grande sala del Modena Hotel, sede della Conferenza, il Drake svelò l’arma segreta con cui raggiungere il suo obbiettivo: era forse un prototipo di “berlinetta”? Era un piccolo sei, otto cilindri? Siete fuori strada: lo scoop indossava invece il monoblocco del piu’ strano motore possibile mai visto dentro Maranello, un piccolo 4 cilindri, siglato “854” sulla testata, di soli 849 cc.
Enzo Ferrari: artista operaio
L’annuncio sembrò a tutti una follia, per il Boss di Maranello amante della “bella meccanica” che per lui era rappresentata solo dal 12 cilindri: ma la sfida di estendere il sogno di una “rossa” anche al pubblico più giovane e meno facoltoso gratificava il suo amore per le sfide ed anche la sua natura “popolare” ed operaia: sono diventati famosi i gusti moderati e frugali di Enzo, mai un viaggio od una vacanza, Agosto a Maranello con pochi meccanici e tecnici, caffellatte e fetta di ciambellone della sua governante Rina, pranzo dal lato opposto dello Stabilimento (alle ore 12,30 in punto) nella mensa del “Cavallino” di Via Abetone Inferiore con riso al parmigiano e mezza brocca di minerale; ed un solo “colpo di testa” al suo 90° compleanno quando la linea di produzione degli otto cilindri fu fermata per una intera giornata per trasformare gli spazi in un enorme catering per i 1700 invitati della Ferrari del presente e del passato.
Insomma quel piccolo “854” in fondo rispecchiava l’amore per la sfida e per la natura essenziale ostentata dal Drake persino nella scelta delle sue auto personali: la sua collezione di Ferrari era sconosciuta a tutti, a differenza di altri Boss come quel Dawid Brown di Newport Pagnell che si concedeva solo le Aston Martin più lussuose e personalizzate; o di Walter Owen Bentley che ostentava le sue lussuose creature in ogni occasione di Jet set; oppure di Gianni Agnelli che all’epoca, pur onorando gli appuntamenti ufficiali sulla seriosa Fiat 125 blu, aveva già un patrimonio di opere uniche a 4 ruote invidiato da tutti.
Persino Gianni Brera scrisse che Enzo Ferrari non guidava le sue vetture “perché tenere un’auto da 6 milioni era un lusso indecoroso”, mentre ad una domanda spiritosa di un giornalista che gli chiese se la sua auto personale fosse una Rossa, lo stesso Enzo rispose – in perfetta eco – che non se la poteva permettere. In pubblico il Drake è stato sempre visto solo con auto “operaie”: Fiat “Ritmo” e 128 (tanto che l’unica sua volta da testimonial di auto fu per Fiat proprio con la 128), piuttosto che “Thema Ferrari, Fiat “130 Coupè” e “132” donate dal Lingotto.
Persino l’ultima auto personale, una “164 Twin Spark 2.0” fu scelta in luogo della più opulenta “V6” che Alfa gli offrì, troppo snob e sprecona per i suoi gusti. Sconosciuta ai più inoltre la Renault “R5 Turbo” che comprò nel 1982, forse sarcasticamente solo per “mobbizzare” gli avversari diretti nella stagione orribile di Formula Uno, quando l’ultimo vecchio motore Cosworth buggerò sia lui che le monoposto francesi.
Ma l’ultimo Scoop di quella Confererenza – forse il più clamoroso – fu del Drake uomo e “papà”, quando un cronista gli chiese se il piccolo motore avrebbe avuto la sigla “Ferrari”: la risposta dopo un attimo di silenzio e trasporto fu che avrebbe potuto avere persino un nome davvero molto caro ed importante. Silenzio e stupore in sala, e tutti capirono.
Il motore di Dino, il cuore di Enzo
La malattia di Alfredo “Dino”Ferrari, che si manifestò fin dai suoi primi anni di vita, all’epoca era praticamente sconosciuta ai canoni medici e terapeutici: Enzo Ferrari scrisse nei suoi libri che fu spinto a lanciare sé stesso ed il piccolo accanto a lui a schiantarsi contro gli alberi della Via Emilia, ma fu poi vinto dalla ragione;scrisse anche che nella disperazione si era illuso che Dino fosse “riparabile”come i suoi motori, ed ogni giorno controllava valori medici, cercava terapie, partecipava lui stesso per impedire che suo figlio si spegnesse: alla fine,come in un registro di test e collaudi, quel 30 Giugno 1956 scrisse sulla sua Agenda che quella gara era perduta.
Dino morì a 24 anni: durante la vita minata dal male e dai dolori quel ragazzone di quasi un metro e novanta sempre sorridente nonostante tutto (come lo ricordarono i suoi compagni dell’ITIS Fermo Corni di Modena dove Alfredo si diplomò Perito meccanico nel 1953), dopo un inizio di Università a Bologna ad Economia fu iscritto dal papà all’Università di Friburgo in Ingegneria. Poco prima di aggravarsi e finire all’ospedale di Milano discusse per intere giornate il suo ultimo sogno con il mago Vittorio Jano, appena arrivato dalla Lancia : un piccolo motore “V6” da circa 1,5 lt per le future Formula Due di Maranello. Alfredo non vide mai il compimento del suo sogno perché il primo prototipo di motore “Dino Ferrari” è del 1957 proprio di Vittorio Jano (un V6 da 60° da 2.0 cc. E 200 Cv) montato sulla prima Ferrari a ruote coperte dedicata a Dino, la “196S” del 1958, ed una evoluzione da 2,5 lt. Fu anche montata sulla “246S”.
Tuttavia papà Enzo aveva chiari i desideri e l’idea tecnica del figlio, ed il vero motore “Dino”doveva nascere da 1,5 lt., con un angolo a “V” di 65° e per la Formula Due del 1957: e fu così con il V6 unico al mondo (per quell’angolo della “V” dei cilindri) che fu installato sulla “Dino 156 F2” per debuttare al Gran Premio di Napoli del 1957: finì terza dietro le due Lancia Ferrari di F1 ben più potenti.
Il mistero “854”: il piccolo rosso diventato un “Giallo”
Quel piccolo 4 cilindri 850 cc svelato al mondo nel Dicembre 1959 nascondeva una sua straordinarietà, se addirittura era destinato ad indossato il marchio “Dino Ferrari”.
Ed è ancora oggi un giallo degno di letteratura, forse perché il “baby Ferrari” fu anche al centro di un piccolo intreccio di politica, stratagemmi, accordi forse sottobanco e speranze, il tutto legato dalla esigenza reale di Enzo Ferrari di dare un destino alla sua impresa davvero in enorme difficoltà.
Una cosa è certa: “854” è legato a doppio filo con l’epopea delle cosidette “Ferrarine” – dalla “VolkFerrari Mitraglietta” all'”A.S.A. 100 GT” fino alla “Innocenti 186 GT“- che furono tentate dal 1959 fino al 1964 e che furono il preludio alla “Fiat Dino” realizzata a Torino.
Qui, dunque, Vi spieghiamo in rapida rassegna tutta questa vicenda.
Come nasce, intanto, l’854? Secondo Piero Ferrari, figlio del Boss, deriva dal taglio di un terzo del 12 cilindri Colombo della “212”; e poiché la Ferrari, dopo aver fruito della storica Fonderia “Calzoni/Parenti” di Via Emilia Ponente a Bologna, si era persino dotata di una propria fonderia per parti meccaniche, ci aspetteremmo una creazione del tutto casalinga.
Invece ecco la prima sorpresa: da Maranello sarebbe uscita un’altra versione dei fatti, quel motore nasce da un basamento Fiat 1100 su cui avrebbero abbassato la cilindrata ad 849 cc per ridurre il peso. Possibile? Strano, visto che fino a quel momento il “1100” Fiat era stato la base di una infinità di realizzazioni di motori sportivi di piccoli artigiani (Stanguellini, Nardi, Bandini, Siata, Ermini) che arrivarono a spremere fino a 95 Cv senza usare le componenti sofisticate di cui disponevano a Maranello, dove dunque avrebbero potuto fascilmente toccare fino a 100 Cv in una cilindrata perfetta e diffusissima per una piccola sportiva.
Tuttavia se anche fosse stato necessario ridurre la cilindrata per contenere il peso, perché non lavorare direttamente – come tutti gli altri piccoli artigiani Nardi, Giannini, Abarth – sul più leggero e moderno blocco motore “600/750” Fiat che dimostrava di già, ben elaborato, delle prestazioni vicine a quelle dell’ 854?
Inoltre con un motore di proprietà Fiat, seppur elaborato, come avrebbe potuto la Ferrari cedere a terzi licenze e diritti oggettivamente a rischio di ritorsioni legali? Davvero un mistero…
Dell’854 non è ufficiale neppure il papà: il nume tutelare a Maranello dei “quattro cilindri”, Aurelio Lampredi se ne andò nel 1955; Franco Rocchi invece viene collegato dalla Stampa nel 1958 insieme ad Angelo Bellei, (papà della BB) ed Angiolino Marchetti. Oppure fu Luigi Bazzi, storico Ingegnere di Ferrari in Alfa Romeo? Oppure furono allora Carlo Chiti e Giotto Bizzarrini? Strana anche questa nebbia sulla paternità; tra l’altro in nessun elenco presente in Rete, dai più generici a quello Ufficiale del Sito aziendale, sono riuscito a trovare indicato questo motore: quasi a voler tentare di cancellarne il ricordo…
Ed il “giallo” si completa con una semplice domanda: a chi era destinato davvero il piccolo “854”?
Come detto, Ferrari nella sua conferenza stampa del 1959 lasciò aperte le porte ad ogni ipotesi, il Cavallino avrebbe solo ceduto brevetti e licenze.
Il Cavallino Rampante dunque si sarebbe affacciato nel mondo delle “Griffe” sportive, che in quel periodo era in piena esplosione (Gordini, Cooper, Abarth, Vignale, tanto per iniziare l’elenco) come Partner preparatore di un Marchio Industriale? Davvero roba da cambiare la storia del mercato Auto in modo epocale!
Se oggi il concetto di “Preparatore” o Griffe sportiva sembra una cosa normale, non era mai una cosa ovvia nè banale se associata alla Ferrari: persino quando fu varato il progetto “Thema 8.32 ” nel 1986 l’eco di quella novità durò per anni. Pensate dunque all’epoca che clamore avrebbe sortito una attività di “tuning” a Maranello!
Ferrari “Tuning”ecco la vera bomba (a Torino)!
Quale Costruttore non avrebbe voluto Ferrari come Partner, per il clamore che avrebbe dato vedere sul cofano quella griffe accanto al suo Marchio?
Ma Ferrari non si muoveva mai a caso, si diceva aperto a tutto ma era anche un abile sceneggiatore, ed a qualcuno in particolare probabilmente stava lanciando curiosi “messaggi in codice”.
Badate bene, il tutto senza dimenticare quale reazione avrebbe potuto avere dentro la Fiat l’ingresso della “Rossa” nel mercato delle piccole cilindrate, feudo di Torino.
Il Drake non poteva ignorare questo aspetto tanto che forse, per non “impermalosire” Corso Marconi, il “muletto” scelto da Enzo Ferrari per provare l’854 su strada fu proprio una Fiat “1100 Coupè Pininfarina” acquistata nel 1959 presso la storica Concessionaria Fiat “Maresca & Fiorentino Spa” di Bologna e della quale l’unica parte che Maranello lasciò originale fu solo la fattura di acquisto: modifiche a telaio ed asse posteriore, nuovi lamierati necessari data la riduzione di passo di 13 cm. rispetto all’originale Fiat, dischi posteriori in luogo dei tamburi, motore “854” dotato di cambio con Overdrive di produzione Sumbeam; insomma tutto di quella Fiat fu stravolto rendendola più una “maschera” che non una realizzazione del Lingotto.
Ma quel simpatico “Frankenstein” targato “MO 65667” guidato dallo stesso Capo di Maranello per un anno intero era soprattutto un annuncio pubblicitario ambulante a costo zero per ricerca Soci in affari, visto che ogni sua uscita intorno a Modena portava un corredo di foto-spia, articoli, indiscrezioni, interesse e curiosità.
E magari il Drake cercava piano piano di configurare quel muletto ad immagine e somiglianza di qualche Costruttore che – guardando le foto e leggendo le recensioni – avrebbe potuto magari dire: “Uhmmm…Si! Mi piace!…Mi assomiglia!!”
Primo fra tutti forse proprio la Fiat, che poco più tardi inizierà il rapporto storico con Corso Marche (neonata sede torinese di Abarth), ma c’è chi come il sottoscritto pensa legittimamente che tutta l’operazione “Baby Ferrari” dovesse mandare quei “messaggi in codice” proprio al Lingotto.
Perché, a ricostruire la vicenda anche con le ipotesi dell’epoca, nessuno ha mai capito a chi mirasse Enzo Ferrari.
Quella Fiat Coupè Pinifarina vandalizzata a Maranello sfoggiava una tinta “bleu de France” metallizzata, con una Factory che ammetteva rigorosamente solo il rosso, il nero ed il giallo? Tutti a pensare alla Francia (come francese fu il primo Amministratore di SEFAC Ferrari nel 1960, Michel Paul Cavallier), e se la linea del muletto Fiat, il rapporto appena acceso tra Pininfarina e Peugeot, e la suggestione facevano ipotizzare un “tweet” verso il Leone di Poissy (mentre persino l’iniziale stemma a mitraglietta associato a Pietro Beretta ci ricorda che guarda caso la Peugeot apprezzata da Enzo era famosa anche per le armi, e per una famosa VLV”Mitraillette” nella Seconda Guerra mondiale), il secondo stemma su quel muletto (dopo la mitraglietta fu cambiato con una stella bianca), il motore 850 e l’amicizia storica di Amedeo Gordini con il Drake fecero balenare l’ipotesi Chrysler, che nel 1958 acquisì la francese Simca, avversaria di Peugeot ed ormai orfana di Amedeo Gordini, che si accordò con Abarth dal 1962.
E sempre in tema di “stella”, vicino al Portello a Milano c’è una zona famosa denominata “Monte Stella”: il Portello era il sito di produzione dell’Alfa Romeo, la vecchia squadra corse del Drake, che stava per produrre su licenza la Renault “Dauphine”.
Nel frattempo Amedeo Gordini in Francia era diventato, dopo la collaborazione con Simca, il nuovo “Guru” della Renault dal 1956, con le versioni speciali Dauphine, Alpine e Renè Bonnet; e sulla Dauphine la “Regiè” francese autorizzò un numero impressionante di realizzazioni speciali. Amedeo Gordini, amico fraterno di Enzo Ferrari, salì diverse volte su quel muletto: forse con i buoni uffici del tuner francese il Cavallino in difficoltà avrebbe potuto “griffare” una versione sportiva in Italia della utilitaria Renault? Del resto, anche in Gran Bretagna l’odiato nemico John Cooper stava collaudando una “Dauphine” con motore Coventry Climax, prima di gettarsi nel progetto “Mini Cooper”.
Sempre per rimanere in Italia, la neonata “Autobianchi” di Agnelli, Pirelli e Bianchi era diventata una “papabile”, visto che la capostipite Bianchi era stata una delle prime Aziende a creare un “Autoblindo Mitragliatrice” nel 1912, ma questa fu davvero materia per eruditi……..Insomma, tutte congetture e “bisbigli”, fino alla “bomba” di Lambrate del 1962.
Lambrate, Maranello, Birmingham: il Triangolo delle nebbie
La storia travagliata delle “Ferrarine” nasce e muore, tra il 1961 ed il 1964, a Lambrate. Un caso? Non era un mistero per nessuno che la “Innocenti” della Lambretta stesse gettando dal 1955 le basi per una sua produzione automobilistica: si pensò ad una vettura interamente fatta in casa, poi l’idea passò per un contatto con la tedesca “Hans Glas” (piccola curiosità, il “Drake” aveva ripreso dalla Glas coupè la celebre griglia “a pettine” del cambio delle “Rosse”); e dalla fine del ’58 si materializzò l’accordo su licenza con la British Motor Corporation.
E pensando al carattere imperioso ed avventuroso di Enzo Ferrari, quel progetto appena nato (la Innocenti è stata la quarta novità industriale automobilistica italiana del dopoguerra dopo la Cisitalia, appunto la Ferrari, e l’Autobianchi) poteva esercitare sul Drake di Maranello anche un fascino ancora più irresistibile di materia nuova e preziosa da plasmare. A Lambrate avevano un potere economico ed industriale favoloso, ma mancava un “timoniere” in grado di navigare in mezzo ad un mercato molto difficile: infatti la storia ha dimostrato che la impreparazione della Innocenti la condannò fin dall’inizio della operazione “BMC” con clausole di accordo del tutto astruse e favorevoli solo per gli inglesi.
Guarda caso nel 1960 uno dei “Boss” della British Motor Corp., Alec Issigonis, donò personalmente al Drake una “Mini Minor” (850 cc.) !!; sempre casualmente, nello stesso anno in cui Ferrari battezzava il progetto “854” Tom Tjiaarda (a sua volta grande amico di Enzo) disegnava la “Innocenti 950”, e il muletto “Fiat-Ferrarina” richiama in modo impressionante anche le forme della nuova sportiva di Lambrate, e stranamente anche le misure del “Passo”.
Dunque, la “bomba” sarebbe potuta essere un progetto articolato e di lungo corso per “firmare” la ormai prossima linea italiana “Innocenti” della British Motor Corp? Eventuali “rumors” tra Maranello e Lambrate dovevano ovviamente essere tenuti a bada per non urtare la Fiat, che ritenne a tal punto pericolosa la creatura di Lambrate da varare per risposta preventiva il progetto Autobianchi di Ferruccio Quintavalle.
Storico comunque il “filo rosso” ed il “mistero” che unisce a Lambrate sia “854” ed il famoso “Muletto” come sopra spiegato, sia le uniche realizzazioni “Ferrari/non Ferrari” della storia del Cavallino al di fuori del Gruppo Fiat: l’A.S.A. “1000 GT” e la “Quasi” Innocenti 186 GT del 1963.
L’erede naturale dell’esperimento “Fiat-Ferrarina 854” fu un prototipo presentato da Ferrari e Bertone al Salone di Torino del 1961, la “Mille”: era un progetto “in vendita” come nei propositi del Drake, e sembrava proprio un complemento ideale nella neonata Gamma Innocenti; ma la “Mille” non trovò nessun potenziale acquirente in breve tempo, e da qui inizia quella sorta di “Triangolo delle nebbie”: la Innocenti attraverso Alessandro Colombo (ex D.T. a Lambrate) negò che la “Mille” le fosse mai stata proposta da Ferrari nel 1961. Ma se osservate bene a confronto la “Mille” e la “186 GT” del 1963, le due auto sembrerebbero l’esercizio di un unico sviluppo scalare di una medesima famiglia. Come a dire: chi ha pensato a tutte e due le “Ferrarine” pensava ad unico Marchio Costruttore. Forse la Innocenti volle evitare una pericolosa concorrenza con la Fiat?
Eppure la “Mille” diventa l’opera prima della famiglia De Nora (da sempre in contatto con la Innocenti) attraverso “ASA, Autocostruzioni Società per Azioni” appena nata a Via San Faustino 65, Milano (casualmente distante 20 metri dagli Uffici della Innocenti al Rubattino) e stabilimenti……..a Lambrate.
De Nora e Innocenti, il curioso “filo rosso” di Lambrate
Forse Enzo Ferrari aveva talmente voglia di monetizzare rapidamente il suo progetto da sottovalutare il rischio di un fallimento nel tentare un salto nel vuoto con una Impresa appena nata: ma certo che tutta l’operazione “ASA 1000 GT” è segnata da gaffe, errori clamorosi e fatti inspiegabili: resta un mistero ad esempio se la famiglia De Nora abbia autonomamente rilevato dalla Ferrari i diritti sulla “Mille” o se al contrario il Business sia nato da un pool vicino al Drake (Baghetti, Bandini, Gerini) che nel 1962 avrebbe convinto i De Nora.
Come è una incongruenza clamorosa che il Drake, pur consapevole che il segreto del successo della “Mille GT” risiedeva nella Griffe Ferrari, abbia negato all’A.S.A. l’uso del riferimento del Cavallino Rampante come Partner tecnico: motivo per cui – visto che la piccola sportiva costava all’epoca quanto due “Giulietta Sprint Veloce” – l’Impresa De Nora chiuse presto i battenti, dopo aver addirittura aperto una Scuderia, la “Elmo d’Argento” per portare le A.S.A. a Le Mans.
Come potè dunque un personaggio “immediato e determinato” (definizione di Alessandro Colombo) come Ferrari lasciarsi coinvolgere in un pastrocchio simile?
Comunque la “Innocenti” che non produsse la “Mille GT” (perfetta come complemento della sua Gamma) fece però il passo più lungo della gamba per un progetto forse molto più grande di lei vista l’immagine popolare del Marchio: la “186 GT” era una media sportivissima con motore del Cavallino, 1800 cc 6 cilindri da 156 Cv e design di Bertone in continuità perfetta con la “Mille GT” dell’A.S.A.; ma forse era troppo “troppa” !!!1
Sappiamo che dietro la “186 GT” invece per la Ferrari si nascose un problema creatogli di sana pianta dalla Federazione Auto di Parigi: dal 1966 tutte le Formula Due, compresa quella desiderata da “Dino”, avrebbero potuto dotarsi solo di motori montati su almeno 500 vetture stradali. Forse il Drake ebbe un bisogno disperato di quei volumi, che per Innocenti erano briciole.
Tuttavia, dopo aver lavorato due anni con tre disegnatori dedicati, sei mesi di test su strada, due prototipi realizzati, la Innocenti bloccò tutto ad un passo dal traguardo. Il motivo? Non sapeva che la sua stessa Rete di vendita fosse del tutto incapace di vendere “Ferrarine” e poi se ne accorse: in effetti anche i De Nora pensavano la stessa cosa, visto che le “A.S.A. 100 GT” venivano vendute nelle Concessionarie Ferrari. Infatti il motivo addotto fu a tal punto farlocco persino per Lambrate da doverlo modificare con la paura per gli effetti iniziali di una mini recessione tra il 1965 ed il 1968. Peccato, a continuare avremmo potuto dare anche la colpa alle cavallette: la realtà nascosta è evidentemente un’altra. Magari saperla, ma una cosa è certa: da quella Conferenza Stampa del 1959 il Drake aveva provato a chiudere un accordo per la cessione della Ferrari a tanti.
La futura “Dino” e la Fiat, muore la piccola “mitraglietta”
Ormai il conto economico a Maranello si era fatto pesante, la nostra “fantasticata” Griffe” Ferrari non prese mai vita, mentre il mercato delle “piccole” in esplosione rimaneva terra di conquista di altri. Le cronache dell’epoca danno il Drake ormai frenetico ricercatore di acquirenti: dopo General Motors e Ford Enzo Ferrari aveva disperatamente tentato la carta Alfa Romeo con il capo Luraghi, affinchè Arese acquisisse il Cavallino al posto della Fiat che non godeva delle simpatie del Boss. Forse davvero la sua “aura” politica era venuta meno, visto che pare fosse stato totalmente spiazzato dalla esistenza di un “gentlement agreement” tra Torino ed Arese su una acquisizione solo congiunta della Ferrari tra Fiat ed Alfa Romeo. Oppure, al contrario, tutto questo non fu altro che una sorta di “Asta a distanza” durata anni con Corso Marconi? Nessuno seppe mai se il matrimonio con Fiat fosse davvero una iattura per Enzo, o se al contrario lui stesso non abbia ricavato molto di più di quello che Torino voleva offrire: ma con l’accordo che nel 1965 avviò la realizzazione delle prime “Fiat Dino” dedicate all’amato Alfredo si aprì tutta quest’altra storia molto più nota e che magari merita davvero un altro spazio. Una cosa è certa: dopo essere stato folgorato sulla via di Damasco delle mini cilindrate, il Darke entrato in Fiat, pur potendo disporre di decine di piccoli motori, non tenterà mai più di entrare in questo mercato. Anche questo un semplice caso??
Invece il piccolo “854” e la “Ferrarina” avrebbero meritato maggior fortuna, ma rimangono i testimoni di una vicenda e di un periodo straordinari della Maranello “indipendente”.
Quella piccola Coupè Fiat “mitraglietta” blu 850 cc. che incuriosì tutti nel 1959 tra Modena e Maranello, fu per poco tempo anche al centro del mondo.
Credo che da oggi la amerete anche Voi, come evidentemente aveva fatto breccia nel cuore roccioso del Drake, al punto che ci piace fantasticare una ultima volta: gira in Rete una foto davvero umana del Drake, appoggiato pensieroso e melanconico quasi a mirare l’auto sul cui cofano è reclinato.
Quell’auto…è proprio una Fiat “850” Abarth !!
Forse un pensiero di Enzo su come quel suo piccolo e sfortunato “850 cc” avrebbe cambiato il destino di Maranello? Fateci sognare, ci è rimasto solo quello. Buone Feste!
Riccardo Bellumori