In un tempo non troppo lontano Fiat era leader nel settore dell’auto elettrica. La Panda Elettra, prodotta dal 1990 al 1998, aveva due posti a causa dell’introduzione di batterie al piombo al posto dei sedili posteriori, il che ne limitava l’uso pratico. Il progetto è nato per volontà dell’ingegnere Paolo Scolari, dell’area di sviluppo industriale di Fiat Auto alla fine degli anni ’80.
La necessità di spazio per le batterie era così grande che si estendevano anche nel vano motore, dove al posto del tradizionale blocco a combustione interno c’era un motore elettrico di soli 19 CV (14 kW ), che aveva la particolarità di utilizzare la trasmissione di serie.
Una delle conseguenze della sua conversione elettrica è stata l’aumento del peso in circa 450 kg, fino a 1150 kg, con alle sospensioni e all’impianto frenante, che ha dovuto essere rinforzato per far fronte all’aumento di peso. Il processo di ricarica durava otto ore tramite una presa domestica da 16 A, ma l’autonomia era limitata, comprendo soli 100 chilometri ad una velocità di 70 km/h. La sostituzione delle batterie era raccomandata dopo soli 35.000 chilometri.
A due anni dal lancio la Panda Elettra ha ricevuto un leggero aumento di potenza a 23,8 CV (17,7 kW), grazie a un nuovo motore, riducendo il suo peso grazie alle nuove batterie al nichel-cadmio con maggiore autonomia e longevità.
Il prezzo era molto alto 25.600 lire in Italia, cioè il triplo di una Panda 750 Young con le caratteristiche tecniche dell’epoca. La Panda Elettra non era commercialmente rilevante e la produzione fu interrotta nel 1998 con sole poche unità vendute, il che la rende una delle Fiat più rare.
Senza incentivi all’acquisto i veicoli elettrici erano una tecnologia costosa e priva di praticità visti i lunghi tempi di ricarica e la scarsa autonomia.