Nei colloqui tra FCA e Renault ha giocato un ruolo chiave il governo giapponese. All’uscita delle prime indiscrezioni su una possibile partnership tra il gruppo italiano e quello francese, il governo del Giappone ha mostrato preoccupazione per un possibile danneggiamento di Nissan.
Il Giappone avrebbe evidenziato i sui dubbi sull’accordo al governo francese. Quest’ultimo, azionista di maggioranza di Renault, ha cercato di mettere in pausa i colloqui con il fine di convincere Nissan sulla bontà dell’operazione. FCA prefigurando un protrarsi nelle tempistiche ha ritirato l’offerta di fusione.
Nel tramonto di questa ipotesi è stato quindi fondamentale il rapporto che intercorre fra Francia e Giappone. Ma gli ultimi tempi non sono stati privi di tensioni fra i due paesi. A novembre c’era stato l’arresto di Carlos Ghosn, l’uomo chiave nella partership fra Renault e Nissan. Questo aveva portato in Giappone a non vedere di buon occhio l’andamento del gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi visto che si è ipotizzato che il manager avesse agevolato la casa francese nella sua posizione di rilievo all’interno della compagine aziendale.
Tensioni che sono continuate a salire a seguito della pressione svolta dal nuovo presidente Renault, Jean-Dominique Senard, affinché Nissan avallasse l’accordo con FCA. Irritazione dovuta alla non volontà del gruppo giapponese di fondersi e dal proseguo del dialogo FCA-Renault senza che venisse comunicato a Nissan.
La casa giapponese non vuole che FCA possa ottenere il controllo del gruppo e appropriarsi di tecnologie chiave, in special modo nel campo della mobilità elettrica. Inoltre si aveva timore che il gruppo italiano avesse potuto sfruttare la presenza di Nissan negli Stati Uniti e in Cina.
Quello che si evince dalle ultime indiscrezioni è un quadro a tinte fosche. Nissan non si è esposta pubblicamente nel negare il proprio assenso all’accordo, ma ha usato degli intermediari governativi giapponesi che hanno dissuaso il governo francese a proseguire nei colloqui con FCA.